Tassi di mortalità e cambiamento climatico: uno studio dimostra che il freddo uccide molto più del caldo

Nelle 854 aree urbane analizzate in Europa, lo studio ha stimato un eccesso annuo di 203.620 decessi attribuiti al freddo a fronte di appena 20.173 attribuiti al caldo
MeteoWeb

Il caldo e il freddo sono fattori di rischio ambientali per la salute umana. Si prevede che l’onere sanitario associato aumenterà con il cambiamento climatico, specialmente negli scenari più estremi del riscaldamento globale. Tuttavia, mappare l’onere sanitario correlato è un compito difficile a causa della complessità delle associazioni e delle differenze nella vulnerabilità e nelle distribuzioni demografiche”. È la premessa di uno studio pubblicato su “The Lancet”, in cui i ricercatori hanno effettuato una valutazione completa dell’impatto della mortalità dovuta al caldo e al freddo nelle aree urbane europee, considerando le differenze geografiche e i rischi specifici per età.

Nello studio, sono state incluse le aree urbane in tutta Europa tra l’1 gennaio 2000 e il 12 dicembre 2019, utilizzando il set di dati Urban Audit di Eurostat e gli adulti di età pari o superiore a 20 anni che vivono in queste aree. I dati sono stati estratti da Eurostat, dal Multi-country Multi-city Collaborative Research Network, dallo strumento Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer (MODIS) a bordo dei satelliti Terra ed Aqua della NASA e dal programma europeo Copernicus. Gli autori dello studio hanno applicato un metodo in tre fasi per stimare in maniera continuativa i rischi di temperatura attraverso le dimensioni dell’età e dello spazio, identificando i modelli di vulnerabilità sulla base delle caratteristiche specifiche della città e delle strutture demografiche. Questi rischi sono stati utilizzati per derivare le temperature minime di mortalità e i relativi percentili e i tassi di mortalità in eccesso grezzi e standardizzati per il caldo e il freddo aggregati a vari livelli geografici.

I Risultati dello studio scientifico

Nelle 854 aree urbane in Europa, lo studio ha stimato un eccesso annuo di ben 203.620 decessi attribuiti al freddo e appena 20.173 attribuiti al caldo. Questi corrispondevano a tassi standardizzati per età di 129 e 13 decessi per 100.000 anni-persona. I risultati, che confermano come il freddo sia molto più pericoloso del caldo per la salute umana, differivano a livello europeo e tra gruppi di età, con gli effetti più elevati nelle città dell’Europa orientale sia per il freddo che per il caldo.

Le mappe dei rischi di mortalità e dei decessi in eccesso (vedi figura in alto) indicano differenze geografiche, come un gradiente nord-sud e una maggiore vulnerabilità nell’Europa orientale, nonché variazioni locali dovute alle caratteristiche urbane. I risultati hanno indicato, inoltre, una bassa vulnerabilità al freddo per le età più giovani e che la vulnerabilità al caldo aumenta con l’età, sebbene la differenza fosse meno ripida di quanto non fosse per il freddo, suggerendo che l’effetto del caldo colpiva tutte le età in modo più omogeneo. Complessivamente, la popolazione di età superiore a 85 anni ha contribuito per circa il 60% al carico totale di mortalità.

mortalità per età temperatura

Standardizzando per le differenze di età, gli autori dello studio hanno riscontrato sostanziali differenze di vulnerabilità tra le regioni. In particolare, ci sono stati maggiori impatti sia del freddo che del caldo nell’Europa orientale, con Paesi come Croazia, Bulgaria e Romania che hanno mostrato una maggiore vulnerabilità rispetto ai Paesi dell’Europa occidentale. L’eccesso di mortalità era generalmente inferiore nell’Europa occidentale rispetto alle altre regioni, compresa l’Europa settentrionale e meridionale, ad eccezione di alcune città molto grandi come Londra e Parigi. I Paesi settentrionali hanno mostrato i rischi più bassi per il caldo ma anche una vulnerabilità al freddo relativamente bassa data l’esposizione molto più elevata alle basse temperature, suggerendo una capacità di adattamento ai climi freddi rigidi, soprattutto se confrontati con i Paesi della regione orientale.

Tassi di mortalità grezzi annui per il freddo (in blu) e per il caldo (in rosso) a livello nazionale suddivisi per fascia di età

A guardare bene questo grafico, si nota che l’asse x presenta una scala di valori diversi tra freddo e caldo (il freddo da 0 a 150 nello stesso range in cui per il caldo si passa da 0 a 30!). Aggiustando l’asse x in modo che la scala sia la stessa su entrambi i lati, si osserva una differenza ancora maggiore nei tassi di mortalità in eccesso, come si può vedere dal seguente grafico.

Nello studio, sono stati riscontrati anche impatti associati al caldo nelle località mediterranee, sebbene questo impatto fosse inferiore quando si tenevano conto delle differenze di età. Si possono anche notare alcune differenze all’interno dei Paesi legate alle variazioni del clima locale e agli effetti dell’isola di calore urbana.

Lo studio conferma che l’età è un importante fattore di rischio. I risultati mostrano che le differenze nelle strutture della popolazione tra le località alterano notevolmente il quadro della vulnerabilità. Questo risultato è stato dimostrato, ad esempio, dal maggiore impatto relativo del caldo riscontrato nell’Europa orientale una volta che i tassi di eccesso standardizzati sono stati utilizzati come misura del rischio.

Oltre alla quantificazione dei rischi e degli impatti attuali, questo studio fornisce un modello per la proiezione dei futuri impatti sulla salute legati alla temperatura in scenari di cambiamento climatico”, sostengono gli autori. “Poiché si prevede che il cambiamento climatico aumenterà il peso delle giornate calde e aggiungerà eventi di freddo e caldo senza precedenti ad alto rischio di causare morti, questi risultati consentono una rappresentazione accurata dei rischi causati dai cambiamenti di temperatura. Il quadro di modellizzazione e i risultati sono fondamentali per la progettazione di politiche sanitarie e climatiche nazionali e locali e per la proiezione degli effetti del freddo e del caldo nei futuri scenari climatici e socioeconomici”, concludono i ricercatori.

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