Il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva ha fatto da Belem, che nel 2025 sarà sede della Cop30, un accorato appello: “l’Amazzonia non può più aspettare, servono almeno 100 miliardi di dollari” per salvarla: prendersene cura “non è responsabilità solo del Brasile, ma di tutti“. Belem è una città alla foce del Rio delle Amazzoni, ed è ritenuta la porta per l’Amazzonia. Oggi e domani ospita un importante vertice regionale, il primo in 14 anni dell’Organizzazione del trattato di cooperazione amazzonica (Otca), istituita nel 1995 dai Paesi sudamericani che condividono la foresta pluviale: Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Suriname e Venezuela. Lula ha ribadito che il Brasile (dove si trova il 60% dell’Amazzonia) è aperto alla collaborazione delle nazioni più ricche per difendere il polmone del pianeta, ma ha anche affermato anche che occorre un ingente contributo in denaro per contrastare il cambiamento climatico.
Come ha dichiarato con forza Lula, i Paesi sviluppati “hanno promesso di distribuire 100 miliardi di dollari, ma stiamo ancora aspettando quei soldi. Non abbiamo il diritto di essere l’unico animale sulla Terra a distruggere la propria casa, è importante preservare l’Amazzonia per il mantenimento della specie umana“. La finalità del vertice, definito da Lula “una pietra miliare nella storia della difesa dell’Amazzonia” – è rafforzare la cooperazione per combattere il disboscamento e creare le condizioni per “una nuova visione dello sviluppo sostenibile” nella regione.
I delicati equilibri intorno all’Amazzonia
Lula ha l’ambizione di guidare un blocco di Paesi forestali per negoziare risorse con i Paesi sviluppati in grado di garantire una “transizione ecologica dell’economia“. Lula ha, inoltre, ribadito che la sovranità del Brasile sulla foresta sia rispettata, ma anche che gli scienziati di tutto il mondo possano sviluppare la ricerca nel territorio per scoprire “ricchezze incommensurabili“, sempre nel rispetto delle comunità tradizionali, che oggi hanno marciato verso l’hangar dove si svolge il vertice per consegnare una lettera con proposte e richieste.
Ennesimo esempio delle continue tensioni del territorio, bramato dagli allevatori di bestiame, ma conteso anche dai trafficanti illegali di droga, armi, legname e oro, tre indios ieri sono stati feriti a colpi di arma da fuoco durante una protesta davanti all’azienda Bbf, che produce olio di palma nella città di Acará.
Mentre Greenpeace, nonostante il calo significativo della deforestazione, afferma che ci sono ancora “troppi incendi” in Amazzonia (+5,3% finora nel 2023 rispetto al medesimo periodo del 2022), Lula dovrà impegnarsi in un’attività continua di intermediazione tra gli interessi e le posizioni divergenti dei vari Paesi della regione: mentre la Colombia, per esempio, chiede di fermare l’esplorazione petrolifera, lo stesso Brasile, attraverso la statale Petrobras, intende sfruttare nuovi blocchi offshore proprio alla foce del Rio delle Amazzoni.