Diversità, distribuzione e vulnerabilità dei bivalvi marini

In un interessante studio, pubblicato di recente sulla rivista Nature, gli esperti hanno esaminato come sono distribuiti i bivalvi marini a livelli globali e la loro vulnerabilità ai cambiamenti climatici
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I bivalvi marini sono una classe di molluschi, detti anche lamellibranchi, comprendenti tutti gli animali acquatici, per lo più marini, dal corpo compresso, simmetrico, senza capo differenziato. La conoscenza della diversità, dei tratti e della distribuzione geografica
delle specie marine raccolte per uso umano è essenziale per la conservazione della biodiversità marina e per la previsione del loro futuro in rapporto al cambiamento climatico globale.

In uno studio pubblicato di recente sulla rivista Nature, viene esaminata la loro diversità e la loro vulnerabilità. I bivalvi sono componenti importanti degli ecosistemi e sfruttati dall’uomo, come alimento, in tutto il mondo, ma la loro vulnerabilità ai cambiamenti climatici a livello globale è ad oggi poco conosciuta. Gli autori dello studio hanno ampliato l’elenco di bivalvi in ambienti poco profondi, noti per essere sfruttati in tutto il mondo, soprattutto per quel che riguarda le 720 dei bivalvi marini aggiunti dopo il 1981 nell’elenco  FAO delle Nazioni Unite.

I bivalvi marini e il sovrasfruttamento

I database, usati per indagare sulla loro diversità, distribuzione e il rischio della loro estinzione usano una metrica basata su tratti ecologici e sulla loro storia evolutiva. La specie dei bivalvi è presente dal nord-est dell’Atlantico alla parte occidentale del Pacifico, con il 55% delle specie dei bivalvi marini sfruttati, che si concentra principalmente in due grandi cladi. Gli esperti hanno verificato che le specie sfruttate tendono ad essere di dimensioni maggiori in acqua poco profonde.

Le variazioni geografiche e termiche sono note per avere notevoli ripercussioni sulla resistenza e sul rischio di estinzione dei bivalvi marini. Tuttavia, le specie dei bivalvi sfruttati in ambiente marino in alcune regioni come l’oceano Atlantico orientale tropicale e il
nord-est temperato e sud-est dell’oceano Pacifico sono tra quelli con alto rischio di vulnerabilità e rappresentano una grande frazione della diversità faunistica regionale. Tuttavia, gli elenchi completi delle specie sfruttate e le informazioni sulla loro biologia sono ancora carenti per la maggior parte delle specie degli invertebrati marini. Le FAO tiene traccia delle pesca annuale in tutto il mondo, ma restano lacune di dati per molte regioni ed ecosistemi, compresi i bivalvi marini.

La considerazione della loro ecologia e la vulnerabilità causata dal loro sovrasfruttamento è ancora critica, a causa dei servizi connessi alla rete alimentare marina e all’ingegneria delle infrastrutture in prossimità dei loro habitat. La valutazione del rischio di estinzione nella tassonomia e nei contesti biogeografici possono rafforzare la pianificazione della conservazione e della gestione, ed è particolarmente auspicabile quando tale perdita della specie potrebbe influenzare il funzionamento dell’ecosistema.

La vulnerabilità dei molluschi marini

Nonostante la crescente cattura di bivalvi che ne determina la vulnerabilità legata al loro sovrasfruttamento e alle altre pressioni antropogeniche è poco compreso fino ad oggi. Le valutazioni dirette della specie in base alle loro dimensioni e allo stato di conservazione sono scarse. La ricca documentazione fossile dei bivalvi fornisce la diretta correlazione della loro estinzione sulla base dell‘analisi dei tratti biologici e biogeografici, consentendo agli esperti di realizzare alcuni modelli predittivi di vulnerabilità intrinseca per le singole unità tassonomiche, in caso di cambiamenti ambientali.

Mentre nella storia geologica, alcuni aspetti dei cambiamenti globali antropogenici sono senza precedenti, questi modelli di vulnerabilità intrinseca possono fornire una valutazione di base per l’identificazione delle regioni geografiche e dei cladi filogenetici più sensibili all’instabilità ambientale e climatica. Nell’ambito di questa ricerca, gli esperti hanno ampliato la lista globale delle specie dei bivalvi marini raccolti per l’alimentazione umana come specie sfruttate, sulla base di una vasta ricerca in letteratura. Gli autori dello studio hanno, inoltre analizzato le distribuzioni filogenetiche e biologiche caratteristiche di queste specie per valutare le loro vulnerabilità intrinseca al cambiamento globale in corso e futuro.

La resistenza ai cambiamenti climatici

I ricercatori, inoltre, hanno testato le differenze tra le specie sfruttate e non sfruttate, considerando i diversi tratti filogenetici, considerati negli studi precedenti come predittori del rischio di estinzione o della capacità di resistenza nei bivalvi marini e in molti altri cladi, in base alla grandezza del corpo, della batimetria minima, della distanza geografica, della distanza termica e dei cladi volatili. L’ipotesi della vulnerabilità intrinseca e del rischio di estinzione dei bivalvi sfruttati rispetto alle specie non sfruttate, è stata esaminata in base alle caratteristiche geografiche e termiche e alle dimensioni comprese nella metrica PERIL (Paleontological Extinction Risk In Lineages).

Dopo analoghi studi precedenti, gli autori dello studio si aspettavano che le specie sfruttate dei bivalvi sarebbero stati più consistenti e si presentassero in acque poco profonde o in acque intertidali e che sarebbe aumentata la loro accessibilità su scala regionale e globale. Le loro caratteristiche geografiche e termiche possono anche essere correlate con la resistenza del loro rischio di estinzione, ma come
tali tratti sono associati ad altre caratteristiche, tra cui la volatilità del clade.

Le latitudini più basse sono caratterizzate da una certa ricchezza delle specie dei bivalvi

I ricercatori si aspettavano anche che le specie più sfruttate fossero tropicali, dato che la ricchezza delle specie dei bivalvi raggiunge il suo picco alle latitudini più basse, ma la proporzione di specie sfruttate potrebbe invece riguardare aree con una lunga tradizione di estrazione di questi invertebrati marini. L’approccio degli studiosi si basa sui tratti distintivi delle specie dei bivalvi vulnerabili, e individua che i lineamenti e le regioni costiere con frazioni che sono a rischio estinzione. I risultati della loro analisi sostiene l’importanza di dare priorità a queste aree per ulteriori indagini volte alla loro conservazione.

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