L’origine della vita si cerca anche sul fondo degli oceani

"Il nostro obiettivo era esplorare un nuovo percorso per capire come sia iniziata la vita sulla Terra. In particolare, ci interessava approfondire la transizione da un pianeta inorganico senza vita a un pianeta organico, ricco e vivente"
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Un contributo significativo di come capire come nasce la vita dell’uomo sulla Terra arriva dallo studio coordinato dall’Università di Trento e che ha conquistato la copertina della rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, Pnas. “Il nostro obiettivo era esplorare un nuovo percorso per capire come sia iniziata la vita sulla Terra. In particolare, ci interessava approfondire la transizione da un pianeta inorganico senza vita a un pianeta organico, ricco e vivente”, racconta Silvia Holler, ricercatrice UniTrento e principal investigator dello studio.

L’ambiente creato per riproporre le condizioni necessarie allo scoccare della vita, si legge in una nota dell’Università di Trento, è quello delle ‘bocche idrotermali’, sorgenti di acqua calda alimentate dai vulcani sottomarini. Le strutture inorganiche presenti in un ambiente di questo tipo possono incorporare molecole organiche fino a formare nuove strutture ibride inorganiche-organiche, secondo quanto verificato dai ricercatori. Queste strutture, poi, possono a loro volta supportare e promuovere la formazione di membrane primitive simili a cellule, le strutture alla base di ogni essere vivente.

“Le prospettive della ricerca sono moltissime. Ad esempio, potrebbero essere analizzate librerie di composti più ampie rispetto a quelle utilizzate fino ad ora, sia per la creazione di strutture inorganiche, sia per quanto riguarda i composti organici che vanno ad interagire con esse. Potrebbero inoltre essere testati altri fattori e valutata la stabilità delle protocellule rispetto a variazione di temperatura o di pH. Le applicazioni possibili sono tante – osserva ancora Hollere spaziano dal ricreare la vita in futuro su altri pianeti, fino all’utilizzo delle protocellule per migliorare l’efficacia e la precisione dei farmaci all’interno del corpo umano. Noi abbiamo aperto la strada, il cammino da percorrere è ancora lungo, ma – conclude – decisamente promettente”.

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