Secondo il racconto dell’istruttore, la valanga che ha causato la morte di Sandro Dublanc, Lorenzo Holzknecht ed Elia Meta il 13 aprile scorso, nella zona del colle della Tsanteleina, è stata causata dalla manovra di una delle stesse vittime. L’istruttore che accompagnava le vittime, il valdostano Matteo Giglio, di 49 anni, guida esperta, è stato ritenuto credibile dalla procura di Aosta, che ha chiesto al gip l’archiviazione del fascicolo per omicidio colposo plurimo che lo vedeva come unico indagato.
Inoltre, Giglio che è l’unico testimone sopravvissuto ha raccontato di aver cercato di effettuare delle procedure per evitare la slavina e la versione che ha fornito poco dopo l’incidente, quando è stato sentito a “sommarie informazioni“, corrisponde sostanzialmente a quella dell’interrogatorio di circa tre ore avvenuto una settimana dopo. Il suo racconto è l’unico elemento di fatto che possa fornire una ricostruzione degli eventi agli inquirenti, che non lo ritengono smentito da rilievi nivologici, tracce Gps o altre persone (non ci sono testimoni).
Il racconto della valanga da parte dell’istruttore
Holzknecht, di 38 anni, era un campione di scialpinismo nato a Sondalo e cresciuto a Bormio, Dublanc (43) era maestro di sci di Champorcher e il finanziere Meta (36), originario del forlivese, era in servizio nella caserma del Sagf di Entreves (Courmayeur). Ecco il racconto di Matteo Giglio al PM Giovanni Roteglia, coadiuvato nelle indagini dal Soccorso alpino della guardia di finanza di Cervinia: “Il 13 aprile sono da poco passate le ore 13 e i quattro, partiti dalla Val di Rhemes – dove il pericolo valanghe quel giorno è 2 -moderato – si trovano a 80 metri dal confine, in territorio francese, con pericolo 3 -marcato. Giunti su una cresta sono davanti un canalone, punto obbligato per proseguire la discesa“.
L’istruttore ha spiegato si sono accorti subito che sulla sinistra orografica c’è un accumulo di neve ventata, che Giglio definisce pericoloso. Successivamente, decidono quindi di scendere uno alla volta, lungo la parte centrale e di centro destra del canale, dato che a destra si trovano delle rocce. L’istruttore va per primo, poi tocca a Lorenzo Holzknecht e a Elia Meta, che seguono le tracce di Giglio: sino a quel momento nessun problema.
La sconsiderata manovra di fuoriuscita delle tracce
Sempre secondo quanto ha riferito l’istruttore, poi tocca a Sandro Dublanc che esegue una sconsiderata manovra di fuoriuscita dalle tracce, spostandosi verso sinistra, in mezzo all’accumulo di neve ventata, provocando la Valanga che travolge tutt’e quattro. Giglio, sepolto a metà, riesce a liberarsi dopo una decina di minuti. Attiva l’Artva, il dispositivo per cercare persone sotto le slavine. Scava e trova Holzknecht cianotico: non c’è più niente da fare.
Si sposta verso il secondo segnale ed estrae Dublanc, credendolo Meta, anche lui senza vita. Procede verso l’ultimo segnale, quello più a monte, inizia a scavare ma ha un mancamento, quindi si ferma. Con l’unico sci che gli è rimasto raggiunge una zona coperta da segnale telefonico e da lì completa la chiamata di soccorso. Dopo essere stato travolto aveva infatti già attivato il sistema satellitare Inreach per dare l’allarme.
I soccorsi complessi
I soccorritori hanno cercato di raggiungere il luogo della valanga fino al tardo pomeriggio di quel 13 aprile, tuttavia il maltempo in quota aveva costretto a sospendere le operazioni, riprese poi all’alba nel giorno dopo. Purtroppo, il vento di quelle ore ha spostato la neve ed impedendo di fatto agli inquirenti di ottenere riscontri utili dai rilievi nivologici. Secondo la procura, gli accertamenti condotti non hanno quindi scalfito la versione di Giglio.
Dopo aver sentito altre guide alpine – anche non valdostane – presenti quel giorno nella zona del rifugio Benevolo, gli inquirenti hanno accertato che nessuno ha assistito all’accaduto. L’unico elemento utile alle indagini emerso dalle tracce Gps dai dispositivi delle vittime, orologi compresi, è il fatto che il gruppo, quando ha notato l’accumulo di neve ventata, si trovava già in territorio francese, facendo venire meno la possibilità di retrocedere una parte della condotta della sottovalutazione del rischio potenziale in Italia. A prescindere quindi dalla sussistenza di profili di colpa – che per la procura di Aosta non ci sono – in Italia il processo non si potrebbe fare senza un atto del ministro della Giustizia.