Il bradisismo e considerazioni di Protezione Civile nei Campi Flegrei

Al ripetersi del bradisismo e terremoti di bassa magnitudo, nel mese di Agosto, nei Campi Flegrei, sono riprese, inevitabilmente, le diverse interpretazioni scientifico-mediatiche intorno a questo fenomeno
MeteoWeb

Come ampiamente illustrato in recenti interventi su MeteoWeb (De Vivo B. e Rolandi G., 2020; Lima A. e De Vivo B., 2021; De Vivo B., 2022; De Vivo B., 2023), sono più volte intervenuto su interpretazione del fenomeno del bradisismo nei Campi Flegrei. Sul tema, con miei colleghi, ho scritto diversi contributi scientifici a livello internazionale fornendo una interpretazione assolutamente non allineata con il “pensiero” dominante di altri Ricercatori sulla problematica. In particolare, sin dai primi anni 2000, collaborando con ricercatori americani di chiara fama e punti di riferimento della magmatologia mondiale, è stato elaborato un modello che coinvolge il magma, solo in modo passivo (quale sorgente dei fluidi idrotermali) dando un’interpretazione assolutamente “non conformista” del fenomeno su riviste scientifiche internazionali (De Vivo e Lima, 2006, Developments in Volcanology 9, Elsevier, 289-317; Bodnar et al., 2007, Geology, 35(9), 791-794; Lima et al., 2009, Earth Sc. Review, 97, 44-58; Lima et al., 2021. Geofluids, Doi: 10.1155/2021/2000255) e a livello divulgativo (De Vivo et al., 2009, Le Scienze, Dic., 496, 96-103; Geo&Geo-RAI 3). Per ulteriori dettagli sulla nostra interpretazione “non conformista” rimando ad articoli su MeteoWeb.

Il mio interesse per la tematica deriva sia da mie specifiche competenze a livello internazionale, sia perché io sono un flegreo al 100%, essendo la mia famiglia originaria di Quarto Flegreo ed abitando io ora sulla collina di Posillipo. Quindi sia per origine che per residenza, io sono sempre vissuto in piena Zona Rossa dei Campi Flegrei, così come disegnata, direi in modo molto ottimistico e forse riduttivo dagli esperti della Protezione Civile. Come si fa a conciliare la Natura, e quindi il comportamento di un vulcano, con i desiderata della politica? Qualcuno dovrebbe spiegare forse ai vulcani Campi Flegrei e Vesuvio che gli umani, dopo le catastrofiche eruzioni (ultima nei Campi Flegrei, quella nota come eruzione di Agnano-Monte Spina, di circa 4.500 anni fa) ci hanno costruito, nel territorio di loro naturale espansione, una metropoli di circa 3 milioni di abitanti. Perché gli umani hanno popolato così intensamente il territorio flegreo e vesuviano? Per un motivo molto semplice: per la bellezza dei luoghi e per la grande fertilità dei terreni vulcanici. Ma se la natura vulcanica non era nota alle antiche popolazioni che si sono insediate sul territorio, ora tale natura è ben nota, ivi compresi i grandi rischi ai quali sono esposti milioni di persone. Purtroppo però per la politica che pessimamente gestisce il territorio, i vulcani non vengono “informati” in merito alle decisioni gestionali che vengono prese… e quindi continueranno a comportarsi come Madre Natura detta loro.

Il modello da noi sviluppato come gruppo di ricerca internazionale nei Campi Flegrei prevede una formazione geologico-stratigrafico-strutturale a forma di anticlinale (campana) che riesce a conservare per millenni i fluidi senza sostanziali modificazioni (vedi Figure 1 e 2, De Vivo, 2023). Seguendo una tempistica “geologica” che è ben diversa rispetto alla scala dei tempi umani. I fluidi, nel modello elaborato in collaborazione con altri Ricercatori (vedi rif. bibliografici sopra riportati), sono parte di un sistema idrotermale che evolve su tempi brevi, dell’ordine di 1-100 anni e sono confinati da uno strato impermeabile. Tali fluidi hanno origine essenzialmente magmatica, ma in loro risalita, si mescolano anche con fluidi di origine sia marina che meteorica. Lo strato impermeabile costituisce una sorta di “coperchio” di una pentola a pressione, con valvole chiuse: quando è completamente integro e chiuso, non consentendo il passaggio dei fluidi verso l’esterno, si innesca un evento di sollevamento per la pressione esercitata dai fluidi stessi (in condizione di pressione litostatica). Quando la pressione litostatica, frattura il livello impermeabile sovrastante (costituito da uno spesso strato, circa 300 metri, di materiale visco-elastico – riscontrato dai sondaggi AGIP-ENEL intorno alla profondità di circa 3 km, di composizione argillitico-pozzolanica), i fluidi passano dallo stato di pressione litostatica a idrostatica, producendo idro-fratturazione (da parte dei fluidi pressurizzati) dello stato impermeabile, con conseguente incremento di attività fumarolica e liberazione di fluidi gassosi (così come succede, quando si apre la valvola di sfogo sul coperchio a pressione di nostre cucine, nella fase precedente la messa in cottura della pasta). A questo processo poi fa seguito la fase di subsidenza. Nel momento in cui lo strato impermeabile si frattura lascia depressurizzare il sistema e favorisce la subsidenza, innescando delle reazioni di precipitazione dei composti e degli elementi trasportati in soluzione dai fluidi idrotermali, che causano la chiusura delle fratture e del sistema, pronto a caricarsi per la fase successiva di sollevamento.

Questo sistema idrotermale, è comunque collegato al sistema vulcanico più profondo (7-8 km profondità), che evolve su tempi lunghi dell’ordine di 103-104 anni, e che funge da motore. Secondo dati sperimentali ottenuti dallo studio dei pozzi geotermici (De Vivo et al., 1989; J. Volcanol. Geotherm. Res., 36, 303-326.), il magma in profondità è in una situazione stazionaria e in raffreddamento. L’attività magmatico-idrotermale profonda nei Campi Flegrei negli ultimi 4.500 anni circa può essere schematizzata come nella figura 2 (De Vivo, 2023), dove sono indicati anche la stratigrafia e i serbatoi d’acqua a salinità e temperature variabili rinvenuti attraverso i sondaggi eseguiti dall’AGIP-ENEL per l’esplorazione geotermica.

L’ultimo periodo di intensa attività vulcanica si è registrato tra circa 4.500 e 3.700 anni fa (A) (Vedi Fig 2, De Vivo 2023). Nel periodo compreso fra 3.700 anni fa e l’eruzione del Monte Nuovo nel 1538 d.C. (B), il magma, inizialmente sottosaturo in volatili, si raffredda lentamente: cristallizzano minerali anidri, e inizia a svilupparsi un carapace saturo in acqua (composto di cristalli + melt + fluidi salini e vapore), al di sotto del guscio impermeabile alla sommità e lungo i fianchi del corpo magmatico, che isola il magma rispetto alle rocce sovragiacenti. In questo contesto si trovano testimonianze, attraverso le inclusioni fluide (piccole gocce di fluidi intrappolati nei cristalli) di intrappolamento simultaneo, di fluidi ipersalini, vapore e melt (H). Poco prima dell’eruzione del 1538 (C) il carapace che si è sviluppato, unitamente allo strato impermeabile che lo circonda, si frattura, consentendo al magma e ai fluidi di sfuggire. L’eruzione del Monte Nuovo del 1538 (D) è dovuta a una piccola apofisi fluido/ magmatica che, attraverso una frattura, è riuscito a penetrare un acquifero superficiale, innescando un’eruzione inizialmente freatica e successivamente freato-magmatica. Dopo l’eruzione del 1538 (E) il magma viene isolato, e il sistema si chiude nuovamente ai fluidi magmatici. Nel 1982 (F) il sistema magmatico profondo si apre ai fluidi che comunque vengono trattenuti dallo strato impermeabile più superficiale, posto a circa 3 chilometri di profondità, composto da materiale pozzolanico, argilliti e siltiti (di circa 300 m di spessore), dando inizio al processo di sollevamento. Lo strato impermeabile a circa 3 chilometri di profondità si frattura (G), permettendo una completa connettività tra l’ambiente magmatico profondo e gli acquiferi superficiali. Il sollevamento del suolo cessa e inizia la deflazione. La cristallizzazione del magma e la precipitazione dei minerali dai fluidi depressurizzati producono la risigillatura del corpo magmatico per produrre di nuovo un sistema chiuso. A questo punto il corpo magmatico ritorna nelle condizioni originarie prima che si verificasse la fatturazione, tranne per la circostanza che il carapace esterno saturo in acqua è migrato nel frattempo a profondità maggiore rispetto alla posizione di partenza. Ulteriore cristallizzazione produce fluidi magmatici nella porzione superiore del corpo magmatico, determinando un incremento di pressione e poi una riattivazione del processo già precedentemente attivo.

Il modello, sopra illustrato, è stato elaborato sulla base delle conoscenze acquisite negli anni anche da altri studi e validato da calcoli termodinamici per verificare la compatibilità delle forze in gioco (Bodnar et al., 2007, Geology, 35(9), 791-794; Lima et al., 2009, Earth Sc. Review, 97, 44-58). Da tali calcoli risulta che l’energia in gioco generata da questo processo è tale che se il sistema fosse rigidamente “chiuso” si giustificherebbe il sollevamento di intero territorio dei Campi Flegrei fino a 40 m. Questo, nel passato geologico dei Campi Flegrei, si è verificato (come testimoniato dal terrazzo marino di La Starza, a circa 40 metri al disopra di attuale livello marino). L’aumento di sismicità con ipocentri sempre intorno a circa 3 km, in base al nostro modello, rappresenta la zona dove avviene la fratturazione idraulica dello strato pozzolanico impermeabile più superficiale che trattiene i fluidi. La sismicità a livelli più profondi indicherebbe la fratturazione di uno strato rigido e impermeabile che racchiude invece il magma in lento raffreddamento (che produce la cristallizzazione procedendo dall’esterno verso l’interno della camera magmatica). Nella sostanza, nell’evoluzione di questo processo, che può durare dalle decine alle centinaia di migliaia di anni, i fluidi magmatico-idrotermali esercitano una spinta verso l’alto (e non il magma direttamente) determinando il bradisismo positivo. Quando poi la pressione interna (litostatica), vince la resistenza di 2 livelli impermeabili (quello “magmatico/cristallino” più profondo – 7-8 km – e quello più superficiale – a circa 3 km), il sistema si frattura e si apre rispetto ai fluidi e inizia la subsidenza che dura fino a quando i fluidi depressurizzati entrano in ebollizione, depositano minerali lungo le fratture e “autosigillano” il sistema.

I tremori e la sismicità di bassa magnitudo che si registrano a livelli molto superficiali potrebbero essere anche non strettamente riconducibili, al fenomeno bradisismico ma a perturbazioni della falda superficiale (per apporto variabile di acqua meteorica – Scafetta e Mazzarella, 2020). Va fatto rilevare che i fluidi in ebollizione causano anche tremore “vulcanico” con sismicità di bassa magnitudo. È da rimarcare che nei Campi Flegrei, le eruzioni associate al sollevamento del suolo sono rare: l’unico caso documentato negli ultimi 4.000 anni è stata l’eruzione del Monte Nuovo nel 1538, e forse un piccolo evento freatico (eruzione di acque, vapori, gas e a fanghi bollenti) nel 1198. Secondo il nostro modello (vedi rif bibliografici sopra riportati), con il progredire del raffreddamento del magma, il guscio impermeabile migra a maggiore profondità, con diminuzione di energia e variazione di volume – associate con la generazione dei volatili. La probabilità di un’eruzione nei Campi Flegrei oggi è, quindi, molto bassa e nel tempo essa dovrebbe ancora diminuire. Lo scenario può cambiare, e la possibilità di un evento eruttivo divenire maggiormente probabile, solo con l’arrivo di nuovo magma da maggiori profondità nella camera di alimentazione dei Campi Flegrei (situata a profondità di circa 7-8 km). E’ da evidenziare, però, che allo stato (come indicato da INGV/Protezione Civile) non esistono evidenze che dimostrino l’arrivo di nuovo magma e che comunque studi dettagliati in altri vulcani del mondo, dimostrano che agli episodi di sollevamento del suolo non seguono di norma le eruzioni. Queste ultime sono eventi assolutamente eccezionali.

Considerazioni e proposte di soluzioni operative

In merito al rischio vulcanico, a fronte tra l’altro delle “sicurezze”, più volte manifestate da parte di INGV/Protezione Civile e di vari vulcanologi e geofisici, riguardo ai tempi di previsione di una eruzione del Vesuvio (segnali premonitori), riporto all’attenzione dei lettori che il vulcano Chaiten (Cile) ha eruttato nel mese di Maggio del 2008, dopo 9.000 anni di inattività, con manifestazione di sismicità solo 25 ore prima dell’esplosione vulcanica. E’ ben vero che il Vesuvio e i Campi Flegrei siano vulcani con un alto livello di monitoraggio, ma è altrettanto vero che le eruzioni possono comunque verificarsi con segnali premonitori molto ravvicinati rispetto all’evento eruttivo. Il caso dell’improvvisa eruzione del vulcano Chaiten, così come quella dei vulcani Saint Vincent (1979) e Montserrat (1995) nelle Antille, dovrebbero dettare ben altre cautele ai nostri, fin troppo, rassicuranti colleghi vulcanologi e geofisici. Ritengo sarebbe consigliabile che la “prevenzione” fosse fatta, prendendo in considerazione l’evento peggiore possibile, non quello più ottimistico.

In merito alle legittime preoccupazioni della popolazione che vive nei Campi Flegrei, da esperto della materia e da “flegreo” rimango alquanto perplesso rispetto a quanto viene dichiarato da alcuni Ricercatori – non da INGV/Protezione Civile – su media ai cittadini. Molti dei quali, impauriti, in considerazione anche di mie “radici” flegree, mi rivolgono quesiti rispetto a quanto viene diffuso dai media. Sarebbe auspicabile, un maggiore senso di responsabilità da parte di alcuni Ricercatori rispetto ai tanti cittadini flegrei e Napoletani che vivono a rischio.

Personalmente penso che INGV/Protezione Civile, rispetto a posizioni alquanto contraddittorie del passato, abbiano fatto notevoli passi avanti nella direzione di una corretta informazione dell’opinione pubblica in merito all’evolversi del bradisismo. INGV/Protezione Civile riconoscono in parte la “bontà” di nostra interpretazione (certo non dogmatica), sul fenomeno in atto, dei fluidi idrotermali, e quindi l’assenza di un rischio incombente di eruzione di origine magmatica (che sarebbe catastrofica, simile a quella nota come eruzione di Agnano-Monte Spina di circa 4.500 anni fa), ma lasciano anche spazio aperto a possibilità che ci possano essere risalite magmatiche da maggiori profondità. Nello stesso tempo, correttamente, sulla base di misure geofisiche, escludono che ci siano in atto segnali di presenza/risalita di “batches” di magma verso la superficie. Rimane del tutto scontato che nessuno potrà mai garantire che nulla di catastrofico possa verificarsi nel futuro prossimo/lontano, per il semplice motivo che nessun Ricercatore dispone e disporrà mai di tutte le variabili di cui dispone la Natura. Dovrebbe essere ben spiegato, ai “non-esperti” che, noi Ricercatori, possiamo matematicamente costruire tutti i nostri magnifici algoritmi, ben specificando però che le variabili negli algoritmi le inseriamo noi e tali variabili NON sono certo tutte quelle di cui dispone la Natura. Cosa fare allora in termini di Protezione Civile?

Indico 2 possibili scenari, e conseguenti azioni da programmare da parte della Protezione Civile: 1. Scenario “ottimistico”; 2. Scenario “catastrofico”.

Lo scenario 1, nel rispetto del nostro modello sul ruolo giocato dai fluidi idrotermali, con nessuna partecipazione attiva del magma ubicato a circa 7-8 km di profondità (recepito, ora, anche da INGV/Protezione Civile), e nel rispetto di quanto scrivevano Charles Lyell nel 1800 (Principles of Geology, 1830) e Giambattista Vico nel 1700 (Verum ipsum factum – la verità è nei fatti), qualsiasi modello scientifico con proposizioni sul futuro, dovrebbe prima di tutto essere coerente e logico con quanto si è verificato per il passato, come stabilito da Lyell, che detta: “ciò che si è verificato nel passato, si può verificare nel presente o futuro; e ciò che si verifica nel presente si è verificato nel passato”. Ritengo che lo scenario 1 “ottimistico” non porterà ad alcuna eruzione, e comunque – nel caso più negativo – l’evento più probabile, all’interno dei Campi Flegrei, possa essere una piccola eruzione freatica tipo quelle del 1538 e 1198. Tale evento detterebbe evacuazioni preventive limitate alle aree di massimo sollevamento, all’interno di attuale Zona Rossa. Nel contesto dello scenario 1, bisognerebbe comunque intervenire nel territorio dei Campi Flegrei con opere di consolidamento strutturale di edifici, in quanto le scosse di piccola Magnitudo (max fino a 5) comunque sul lungo termine determinano instabilità e pericoli di crolli (e potenziali perdita di vite umane).

Lo scenario 2, “catastrofico”, caratterizzato da velocissima risalita magmatica da 7-8 km di profondità, con conseguente violenta e improvvisa eruzione esplosiva di tipo pliniano, comporta obbligatoriamente evacuazione immediata di popolazione da intera Zona Rossa, nel giro massimo di 24/48 ore. C’è da dire che la Zona Rossa, sulla base della distribuzione dei prodotti di eruzione di riferimento di INGV/Protezione Civile, vale a dire quella nota come eruzione di Agnano-Monte Spina (circa 4.500 anni fa), andrebbe forse estesa di più verso Est dei Campi Flegrei, ad includere altri Quartieri della città di Napoli. Ritengo che questo scenario “catastrofico” debba essere valutato solo nel caso ci siano inequivocabili evidenze di risalita magmatica. Evidenze che al momento NON ci sono.

Ciò nondimeno, in considerazione di elevata densità abitativa nell’area dei Campi Flegrei e conseguentemente del rischio elevato al quale la popolazione è esposta, bisogna stare nella massima allerta per prepararsi all’evento peggiore che si possa verificare, vale a dire una potenziale eruzione esplosiva. Il tutto rifuggendo da ogni forma di sensazionalismo mediatico e di ricerca di audience!

Tanti Ricercatori/Scienziati, in funzione di Scenario 1, ma soprattutto 2, dovrebbero farsi promotori della stessa operazione lanciata per Napoli con successo da Matilde Serao alla fine dell’1800. Quella “illuminata” intellettuale fece una instancabile campagna politico-mediatica all’epoca, sulle pagine del giornale diretto dal marito, Edoardo Scarfoglio, per promuovere lo sventramento di Napoli (per ragioni igieniche). Lo sventramento fu poi realizzato, all’inizio del 1900 con l’intervento noto come il “Risanamento” di Napoli (pur con la contrarietà della stessa Serao, per come fu realizzato). Allo stesso modo continuo a sostenere, del tutto inascoltato, da anni che l’unica soluzione rispetto al verificarsi di flussi piroclastici (per i non addetti ai lavori: i flussi piroclastici, si muovono alla velocità di oltre 200km/ora e a temperature oltre i 1000°C), sia per la popolazione flegrea che vesuviana, sia una operazione di sventramento dei territori con la costruzione di ampie vie di fuga. Si deve cioè fornire ai cittadini la possibilità di potere mettersi in sicurezza nel giro massimo di 24/48 ore. A tutti sono ben noti, viceversa, sia il devastante fenomeno dell’abusivismo edilizio, sia i conseguenti condoni edilizi che la politica “regala” con regolarità ai propri potenziali elettori. Nessun politico farà mai quello che propongo da anni, nel silenzio/assenso degli scienziati… così come in Giappone, nessuno ha mai dato ascolto ad un geologo (Masanobu Shishikura) che avvisava, preventivamente, le Autorità che la Centrale Nucleare di Fukushima, fosse stata costruita in un sito fortemente esposto al rischio tsunami. La Cassandra giapponese parlando sulla base della conoscenza di tsunami verificatosi nel passato geologico recente dell’area del sito della centrale nucleare, non faceva altro per le sue previsioni che regolarsi secondo il principio dell’Attualismo di Lyell. La Centrale di Fukushima è stata poi spazzata via da tsunami nel 2011.

Uno scienziato delle Scienze della Terra, deve prima di tutto sapere leggere il libro scritto da Madre Natura, nel nostro caso quello dei vulcani Vesuvio e Campi Flegrei. Questa “lettura” dovrebbe essere valida per tutti gli aspetti che riguardano il verificarsi di eventi naturali. Purtroppo tanti disastri etichettati come “naturali”, in effetti sono “umani” dovuti ad una pessima lettura che la politica (spesso con il supporto e/o silenzio/assenso degli scienziati) fa della Natura. Per cui si costruisce senza discernimento in valli alluvionali, in zone Rosse vulcaniche (vedi il caso di Vesuvio e Campi Flegrei); in aree altamente sismiche senza alcuna prevenzione sismica affidandosi ad utilizzo di approccio probabilistico (PHSA) invece che ad approccio Neo-Deterministico (NDSHA) (vedi Panza F. G, Kossobokov G.V, Laor E. & De Vivo B., 2022. Earthquakes and Sustainable Infrastructure. Neodeterministic (NDSHA) Approach Guarantees Prevention Rather than Cure. Elsevier, 648 pp; https://www.meteoweb.eu/2022/01/libro-terremoti-e-infrastrutture-sostenibili-lapproccio-neodeterministico/1758407/).

Ricordo che nella Zona Rossa del Vesuvio, oltre alla scellerata costruzione di Ospedale del Mare ora addirittura si pianifica costruzione (come appreso da stampa locale) di un secondo mega Ospedale Napoletano – il Nuovo Santabono, Ospedale per bambini – in area adiacente a quella di Ospedale del Mare. Quanto verificatosi, recentemente, con la voragine (dovuta a un sinkhole, fenomeno normale in terreni piroclastici) apertasi nel piazzale antistante il mega Ospedale del Mare, fortunatamente senza vittime, dovrebbe “dettare” maggiore cautela da parte di chi autorizza tali opere alle falde di un vulcano attivo come il Vesuvio. Riguardo la Zona Rossa dei Campi Flegrei, sembra proprio che ci sia intenzione di destinare parte dei terreni da “bonificare” nel sito ex-industriale di Bagnoli alla costruzione di abitazioni residenziali (se ho ben capito, tali costruzioni, dovrebbero essere realizzate nei terreni ex-Eternit). E’ possibile che tutto questo si verifichi, nel silenzio/assenso della comunità scientifica? Con solo qualche isolato Ricercatore a svolgere il ruolo di Cassandra, come Masanobu Shishikura in Giappone per il caso della centrale di Fukushima?

Articolo di Benedetto De Vivo: Prof. Straordinario presso Univ. Telematica Pegaso, Napoli; e Adjunct Prof: presso Virginia Tech, Blacksburg, VA, USA; Nanjing Univ, Nanchino, Cina; Hubei Polytechnic Univ, Huangshi, Cina; 2019 Gold Medal Award dell’Association of Applied Geochemistry. Già Prof. Univ. di Napoli Federico II.

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