Il fenomeno di El Niño, che di solito porta a un aumento delle temperature globali e che quest’anno sarà particolarmente intenso, scatenerà intense ondate di calore marino in varie parti del mondo, rendendo cruciale l’attuazione di una serie di approcci per la riduzione del rischio. A dirlo è un gruppo di lavoro del centro di ricerca australiano Csiro Environment guidato da Alistair Hobday. In un commento pubblicato su Nature di questa settimana, gli esperti spiegano che “i ricercatori, così come i responsabili delle decisioni nell’ambito della conservazione della biodiversità marina e costiera, della pesca, dell’acquacoltura e del turismo, devono monitorare attentamente questi eventi estremi e proporre un piano di risposta immediata per ridurre i rischi“.
I periodi di caldo anomalo, che possono durare settimane, mesi o addirittura anni, stressano la maggior parte degli organismi marini e colpiscono gli ecosistemi, a volte in modo permanente, ma anche le comunità che fanno affidamento su di essi. “L’impatto di un’ondata di calore sulle industrie marine può raggiungere i miliardi di dollari”, affermano Hobday e colleghi. Eventi precedenti di questo tipo hanno causato, ad esempio, lo sbiancamento dei coralli, la fioritura delle alghe e la migrazione o la morte di specie marine.
Sulla base di dati storici, il team ha mappato le regioni oceaniche che hanno maggiori probabilità di essere colpite da ondate di calore marino in condizioni di El Niño. Hanno stabilito le priorità per queste aree, che comprendono il Pacifico tropicale centro-orientale, le acque costiere del Pacifico statunitense dal Mare di Bering orientale alla California, nonché quelle dell’Ecuador e del Perù, e l’Oceano Indiano. Hobday e i coautori suggeriscono che i ricercatori devono migliorare i modelli accoppiati oceano-atmosfera per capire meglio come i diversi cicli climatici siano collegati e come influenzino le temperature delle acque marine. Dovrebbero, inoltre, raccogliere continuamente dati per monitorare le ondate di calore marine e i loro effetti sulle specie marine, sia durante sia dopo un evento.
“I governi locali e nazionali – scrivono – dovrebbero mettere in atto sistemi di allerta in modo che le comunità interessate possano agire: la pesca e l’acquacoltura possono spostare le specie in acque più fresche, ridurre le quote di raccolta o chiudere le aree di pesca, per esempio“. Agire ogni volta che è possibile è particolarmente importante perché gli oceani “sono già più caldi di quanto si sia mai registrato”. Quest’anno diverse regioni – tra cui il Regno Unito e l’Irlanda, le coste della Florida, dell’Ecuador e del Perù e il Giappone – hanno registrato gravi ondate di calore marino. Hobday e colleghi avvertono che ciò rende la probabilità concomitante di un forte El Niño “particolarmente preoccupante”.