Due antenati dell’uomo, un Australopithecus sediba di due milioni di anni e un Homo naledi di 250.000 anni, sono diventati i più antichi viaggiatori nello spazio. I loro fossili (rispettivamente una clavicola e un pollice) hanno superato il confine dell’atmosfera terrestre a bordo del terzo volo suborbitale della Virgin Galactic dello scorso 8 settembre, per onorare il contributo dato da tutti gli antenati dell’uomo al progresso tecnologico che ha portato fino all’odierna esplorazione spaziale. I fossili, opportunamente protetti da uno speciale contenitore in fibra di carbonio, sono stati trasportati dall’astronauta sudafricano Timothy Nash a bordo dello spazioplano VSS Unity arrivando fino a un’altezza di 88,5 chilometri da Terra.
“Il viaggio di questi fossili nello spazio rappresenta l’apprezzamento da parte dell’umanità del contributo di tutti i suoi antenati e dei nostri antichi parenti“, afferma Lee Berger, paleoantropologo dell’Università di Witwatersrand a Johannesburg (Sud Africa), che è stato direttamente coinvolto nella scoperta di entrambi i fossili. “Senza la loro invenzione di tecnologie come il fuoco e gli strumenti, e il loro contributo all’evoluzione della mente umana, imprese straordinarie come il volo spaziale non sarebbero avvenute”. “Questi fossili – aggiunge il figlio Matthew Berger, che a soli nove anni nel 2008 scoprì la clavicola dell’australopiteco – rappresentano individui che vissero e morirono centinaia di migliaia di anni fa, ma erano individui che probabilmente guardavano le stelle con meraviglia, proprio come facciamo noi. Immagino che non avrebbero mai potuto sognare da vivi di intraprendere un viaggio così incredibile come ambasciatori di tutti gli antenati dell’umanità”.