Nell’area archeologica di Tusculum, l’antica città latina che la leggenda vuole fondata dal figlio di Ulisse e della Maga Circe, è stata rinvenuta una statua di straordinaria bellezza, sulla cui identità regna il mistero: potrebbe essere una musa, una baccante o anche una ninfa. La statua di epoca romana, trovata nel cuore antico dei Castelli Romani, a pochi chilometri da Roma, ha delle possibili “sorelle”: tra loro l’Afrodite di Epidauro, esposta al museo nazionale di Atene.
La bellissima donna in marmo pario è stata ritrovata questa estate durante gli scavi nell’area delle Terme adrianee dell’antica città: è a figura intera, a grandezza naturale, realizzata a tutto tondo, di lei sono andate perse la testa e parte degli arti superiori. Ma quello che resta è sbalorditivo per la finezza della fattura delle vesti e del seno che vi traspare dal tessuto bagnato, dei drappeggi, della fine abbottonatura sotto il chitone, della fattura della nebride, la pelle del cerbiatto che veniva indossata dai seguaci del culto dionisiaco.
La campagna di scavo da cui è emerso il reperto è stata condotta nell’ambito del progetto Tuscolo Eterna Bellezz@, nato in seguito alle ricerche archeologiche avviate dalla Scuola spagnola di Storia e Archeologia di Roma (EEHAR-CSIC) che hanno consentito di riportare alla luce i resti monumentali di un complesso termale di epoca adrianea.
La statua è un documento archeologico unico in quanto è il primo proveniente dagli scavi in questo sito in cui è stato possibile risalire al contesto, una sala termale sepolta sotto una serie di strati di epoca medievale, scampata agli scavi massicci realizzati nell’800 che ci hanno lasciato solo reperti “muti”. “Questo ritrovamento è un enigma perché abbiamo delle parti mancanti che sarebbero state fondamentali per decifrarne l’iconografia, l’appartenenza ad una immagine specifica. L’assenza della testa e delle braccia, i cui attributi potevano darci altre piste di indagini e di analisi, non ci aiuta. Però il modello è quello chiarissimo dell’Afrodite di Epidauro, anche se con un attributo diverso che è quello della nebride agganciata sulla spalla e pendente sul petto: una testa di cerbiatto che ci rimanda al contesto dionisiaco e quindi ad una figura legata al corteggio del dio”, spiega all’ANSA il direttore della Scuola Spagnola di Storia e Archeologia di Roma, Antonio Pizzo. “Questo attributo dionisiaco sposta l’interpretazione verso tre soluzioni: una menade, una baccante, però non in movimento rispetto al solito, una musa o una ninfa. La differenza è fondamentale anche per capire cosa c’era dal punto di vista della decorazione scultorea che è all’interno di tutte le terme”.
Ora, il prossimo passo per sciogliere l’enigma dovrà essere quello di coinvolgere altri studiosi ed effettuare anche analisi archeometriche soprattutto sul marmo per decifrarne l’origine. L’ipotesi, in attesa dei riscontri, è che possa trattarsi di marmo pario, il pregiatissimo marmo bianco proveniente dall’isola di Paro.
Venerdì 29 e sabato 30 settembre, grazie alla collaborazione on l’Associazione Frascati Scienza, la statua sarà per la prima volta esposta al pubblico alle Scuderie Aldobrandini di Frascati in occasione della Notte europea dei ricercatori. Successivamente sarà visibile anche nella fase del restauro che verrà condotto nel museo in una modalità visibile al pubblico.