Clima, studio sulla natura fisica dell’effetto serra atmosferico distrugge il paradigma della CO2

Clima, uno studio rivela che la “radiazione di ritorno dell’effetto serra è globalmente il risultato dell’effetto termico atmosferico piuttosto che la sua causa”
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Negli anni scorsi, uno studio ha rivelato che l’effetto serra atmosferico naturale della Terra è di circa 90 K, ovvero circa 2,7 volte più forte di quanto ipotizzato negli ultimi 40 anni. Un aumento termico di tale portata non può essere spiegato con la quantità osservata di radiazione infrarossa a onde lunghe in uscita assorbita dall’atmosfera, richiedendo quindi un riesame della sottostante teoria dell’effetto serra. Da queste premesse, è nato uno studio, pubblicato nel 2017 sulla rivista Environment Pollution and Climate Change, in cui gli autori, Ned Nikolov e Karl Zeller, presentano una nuova indagine sulla natura fisica dell’effetto termico atmosferico, utilizzando un approccio empirico per prevedere la temperatura media annuale di equilibrio vicino alla superficie (GMAT) di pianeti rocciosi con atmosfere diverse. Il metodo impiegato in questo studio utilizza l’analisi dimensionale (DA) applicata a una serie controllata di dati osservativi da sei corpi celesti che rappresentano un’ampia gamma di ambienti fisici nel nostro Sistema Solare, ovvero Venere, Terra, Luna, Marte, Titano (una luna di Saturno), e Tritone (una luna di Nettuno). Dodici relazioni (modelli) suggerite dalla DA vengono esplorate tramite analisi di regressione non lineare che coinvolgono prodotti adimensionali costituiti da irradianza solare, pressione/densità parziale dei gas serra e pressione/densità atmosferica totale come variabili forzanti e due rapporti di temperatura come variabili dipendenti.

Nello studio, Nikolov e Zeller hanno scoperto che “un modello di regressione non lineare supera statisticamente gli altri con un ampio margine”. L’analisi condotta ha rivelato che “le temperature medie annuali di equilibrio vicino alla superficie dei pianeti rocciosi con atmosfere tangibili e un trascurabile riscaldamento superficiale geotermico possono essere previste con precisione in un’ampia gamma di condizioni utilizzando solo due variabili forzanti: l’irradiazione solare nella parte superiore dell’atmosfera e la pressione atmosferica superficiale totale”. Allo stesso tempo, le concentrazioni di gas serra e/o le pressioni parziali non hanno mostrato alcuna relazione significativa con le temperature superficiali in un’ampia gamma di ambienti planetari considerati nello studio. “La relazione pressione-temperatura interplanetaria finora scoperta si è dimostrata statisticamente robusta mentre descrive un continuum fisico regolare senza punti critici climatici. Questo continuum spiega pienamente l’effetto termico di 90 K recentemente scoperto dell’atmosfera terrestre”, si legge nello studio.

Il nuovo modello mostra le caratteristiche di una relazione termodinamica emergente a livello macro, che ha importanti implicazioni teoriche. Una conseguenza chiave del modello è che l’“effetto serra” atmosferico attualmente visto come un fenomeno radiativo è in realtà un aumento termico adiabatico (ossia indotto dalla pressione) analogo al riscaldamento per compressione e indipendente dalla composizione atmosferica”, sottolineano gli autori dello studio.

Di conseguenza, il flusso globale di onde lunghe attualmente ritenuto responsabile del riscaldamento della superficie terrestre sembra essere un prodotto della temperatura dell’aria determinata dal riscaldamento solare e dalla pressione atmosferica. In altre parole, la cosiddetta “radiazione di ritorno dell’effetto serra” è globalmente il risultato dell’effetto termico atmosferico piuttosto che la sua causa, evidenzia lo studio, che dunque distrugge il paradigma della CO2 come causa del riscaldamento globale.

Le implicazioni dello studio

Il nostro modello empirico ha anche implicazioni fondamentali per il ruolo degli oceani, del vapore acqueo e dell’albedo planetario nel clima globale”, evidenziano gli autori dello studio:

  • l’effetto serra non è un fenomeno radiativo guidato dalla profondità ottica dell’infrarosso come attualmente si crede, ma un aumento termico indotto dalla pressione analogo al riscaldamento adiabatico e indipendente dalla composizione atmosferica;
  • la radiazione di lunghezza d’onda lunga che scende verso il basso non è un fattore globale del riscaldamento superficiale come ipotizzato da oltre 100 anni, ma un prodotto della temperatura dell’aria vicino alla superficie controllata dal riscaldamento solare e dalla pressione atmosferica;
  • l’albedo dei corpi planetari con atmosfere tangibili non è un fattore indipendente del clima ma una proprietà intrinseca (un sottoprodotto) del sistema climatico stesso. Ciò non significa che l’albedo delle nubi non possa essere influenzato da forzanti esterne come il vento solare o i raggi cosmici galattici. Tuttavia, si prevede che l’entità di tali influenze sia piccola a causa dell’effetto stabilizzante dei feedback negativi operanti all’interno del sistema. Questa nuova comprensione spiega la notevole stabilità osservata degli albedo planetari;
  • la temperatura superficiale di equilibrio di un pianeta è destinata a rimanere stabile (cioè entro ± 1 K) finché la massa atmosferica e l’irradianza solare media nella parte superiore dell’atmosfera sono stazionarie. Pertanto, il sistema climatico della Terra è ben protetto dai cambiamenti improvvisi e non presenta punti critici”, si legge nello studio.

Essendo prodotti da un rigoroso tentativo di descrivere le temperature planetarie nel contesto di un continuum cosmico utilizzando un’analisi obiettiva di osservazioni controllate provenienti da tutto il Sistema Solare, questi risultati richiedono un cambiamento di paradigma nella nostra comprensione dell’effetto serra atmosferico come fondamentale proprietà del clima”, affermano Nikolov e Zeller nel loro studio.

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