Arriva nella Capitale al Circo Massimo la prima spremitura dell’olio extravergine d’oliva ottenuto dalle olive degli antichi romani, dal Colosseo a Pompei passando per Villa Adriana a Tivoli. L’olio degli imperatori rinasce grazie all’iniziativa di Coldiretti e Unaprol nell’ambito del Villaggio contadino al Circo Massimo con la partecipazione del vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini oltre al ministro della Salute Orazio Schillaci, dello Sport Andrea Abodi e il Presidente della Cei Matteo Maria Zuppi, insieme al Segretario Generale della Coldiretti Vincenzo Gesmundo e al presidente della Coldiretti Ettore Prandini, accanto a migliaia di agricoltori giunti da tutte le parti d’Italia a sostegno della candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco.
“Si tratta di ricchezza culturale e ambientale ma anche economica che va aldilà delle singole produzioni in un paese come l’Italia che è leader mondiale del turismo enogastronomico per un valore di oltre 5 miliardi” spiega il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “l’olio extravergine d’oliva è il cardine della Dieta Mediterranea e della cucina italiana candidata a patrimonio Unesco con coltivazioni distribuite lungo tutta la penisola che offrono una biodiversità unica al mondo e la cui origine è radicata in una tradizione millenaria come dimostrano anche gli uliveti nelle aree archeologiche nazionali”.
Come l’olio degli antichi romani che ritorna grazie all’oasi di 189 piante di ulivo all’ombra del Colosseo dove Coldiretti e Unaprol provvedono alla cura degli alberi e alla raccolta delle olive nel pieno rispetto del loro ruolo paesaggistico e del contesto storico, oltre che della sostenibilità, con la produzione di un olio unico al mondo. Nel Parco archeologico del Colosseo nel paesaggio del Colle Palatino sono presenti ulivi di diversa epoca come accadeva nell’antichità.
Coldiretti e Unaprol sono impegnate nel recupero e nella manutenzione degli uliveti di alcuni tra i più importanti parchi archeologici italiani e dallo studio di piante plurisecolari come l’Albero Bello di Villa Adriana a Tivoli, attraverso un progetto del Crea/Ofa, per arrivare ad individuare – spiega Coldiretti – caratteristiche utili per la resilienza al cambiamento climatico, per il comportamento produttivo, per la versatilità nei confronti delle esigenze di intensificazione sostenibile della coltivazione dell’ulivo e per migliorare le caratteristiche salutistiche dei prodotti conosciute fin dall’antichità.
La civiltà romana – evidenziano Coldiretti e Unaprol – fu quella che più d’ogni altra contribuì alla diffusione dell’olivo e al perfezionamento delle relative tecniche di coltivazione e di estrazione. L’olio divenne una delle principali ricchezze dei Romani che conoscevano talmente bene il prodotto da mettere a punto tecniche e strumenti rimasti quasi invariati fino al XIX secolo e, per primi, classificarono gli oli in base alle loro caratteristiche organolettiche.
Conoscevano bene, inoltre, l’importanza della qualità della materia prima ai fini dell’ottenimento di un buon olio, dalle alte qualità salutistiche e nutrizionali. Marco Porcio Catone (234-149 a.C.) e Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.) scrissero i primi “disciplinari di produzione” olivicoli, delineando i fondamenti teorici e tecnici che ancora oggi sono alla base delle produzioni di oli d’oliva di qualità con una gamma inimitabile di sentori, profumi, sfumature sensoriali e gradi di intensità.
Plinio (79 d.C.) classificava l’olio di oliva in cinque categorie. L’Oleum ex Albis Ulivis – ricorda Coldiretti – era considerato l’olio più pregiato dal sapore intenso, ed era ottenuto dalle olive verdi; l’Oleum Viride Strictìvum veniva estratto tra dicembre e gennaio da olive invaiate, utilizzato per ungere il corpo; l’Oleum Maturum era estratto dalle olive nere mentre l’Oleum Caducum era fatto con le olive cadute a terra. L’Oleum Cibarium era infine destinato agli schiavi in quanto estratto da olive bacate, molto imbrattate di terra, oppure tenute ammucchiate per molti giorni.
Una cultura conservata nei secoli che – concludono Coldiretti e Unaprol – ha portato oggi l’Italia ad essere la regina dei riconoscimenti di qualità in Europa con il suo patrimonio di 42 Dop e 8 Igp olivicole, pari al 40% delle certificazioni comunitarie, mentre Spagna e Grecia inseguono il nostro Paese a distanza con appena 29 riconoscimenti.