Vola il valore economico prodotto dalle attività spaziali tanto che la Space Economy, a livello globale, ha raggiunto nel 2022 i 469 miliardi di dollari attestandosi allo 0,35% del Pil mondiale. Di pari passo anche i finanziamenti pubblici per lo spazio hanno fatto registrare numeri a tre cifre lo scorso anno, salendo a 103 miliardi di dollari, con il 60% in capo agli Stati Uniti e intorno al 15% destinato dall’Europa. Ma tra il colosso USA e l’Ue c’è di mezzo “la frammentazione degli stati europei” che “ostacola il lavoro delle imprese spaziali”, osserva – in un’intervista ad Andreana d’Aquino per l’Adnkronos – l’astrofisica Patrizia Caraveo, dirigente di ricerca INAF che ha tratteggiato il perimetro della Space Economy nel saggio ‘Europe in the Global Space Economy’ appena uscito. Il volume è stato scritto a quattro mani con l’economista Clelia Iacomino della SDA Bocconi School of Management e ricercatrice al SEE Lab (Space Economy Evolution Lab).
“Con il nostro libro, Clelia ed io abbiamo voluto puntare l’obiettivo sull’Europa dello spazio, abbiamo studiato la frammentazione economica del mercato europeo e quindi i problemi che si trova da gestire chi vuole fare Space Economy in Ue”, sottolinea. Caraveo ricorda che il saggio nasce sotto la spinta del grande lavoro svolto dall’economista Andrea Sommariva e di suo marito, l’astrofisico Giovanni Fabrizio Bignami, Nanni per gli amici, prematuramente scomparsi. “Andrea voleva parlare della frammentazione istituzionale europea, una ‘palla al piede’ che l’Europa si porta in campo economico, ma anche politico o militare“, mentre “Nanni ha sempre spinto sull’importanza della Space Economy”, indica Patrizia Caraveo.
Il saggio mette in luce la crescita dell’industria spaziale nel mondo con particolare attenzione al settore della difesa, una crescita, rileva lo studio, che è stata notevole, in aumento del 16% nel 2022, raggiungendo il nuovo record a 48 miliardi di dollari. Ma le attuali tensioni geopolitiche non hanno limitato l’escalation della Space Economy. Anzi Caraveo e Iacomino evidenziano nel volume che le guerre hanno rafforzato l’importanza dello spazio “come dominio operativo strategico per le tattiche di guerra ibrida“. Caraveo sottolinea che “quindi i governi stanno dando priorità agli investimenti non solo nelle applicazioni spaziali ‘tradizionali'” – come le telecomunicazioni, la navigazione e l’Osservazione della Terra – ma stanno spingendo anche sui sistemi di “sicurezza spaziale e di allarme rapido” per tutelare le risorse in orbita.
Il volo umano, inoltre, scandisce il fronte spaziale civile, parallelamente ai programmi di ricerca istituzionale, come indica il volume di Caraveo e Iacomino. E sempre più “nuovi operatori” sono attratti dai vantaggi socio-economici e dal prestigio dei programmi spaziali. Nel volume, Caraveo e Iacomino tracciano tre ‘età spaziali’ per l’economia in orbita: una prima tra il 1950 e il 1969 (anno della conquista della Luna) in cui i programmi spaziali governativi – civili e militari – sono culminati in quel “piccolo passo per un uomo ma grande passo per l’umanità” e lo sviluppo di sistemi di telecomunicazione e navigazione satellitare. La seconda ‘età spaziale’ va dal 1970 al 2000 e vede l’arrivo di player privati che diventano predominanti in quella che si attesta come la ‘terza età spaziale’, quella dei nostri giorni.
Ed in questa nuova era dello spazio l’Europa gioca contro un titano. Dall’altra parte dell’Atlantico non c’è più solo la NASA ma anche i privati come Elon Musk che, sottolinea Patrizia Caraveo, “fa il diavolo a quattro perché quest’anno vuole arrivare a 100 lanci e ad ora ne ha fatti già più di 70″. “Quindi da un lato c’è un imprenditore che ha messo su una macchina da guerra per lanciare ad un prezzo estremamente competitivo, da qui, in Europa, abbiamo il vuoto” e “il dato che mi colpisce di più è che nel 2023 l’Europa ha una capacità di lancio assolutamente insufficiente”, taglia corto Caraveo che nel saggio dedica una intera sezione anche ai servizi commerciali satellitari globali. “Come diciamo nel libro, tutti in Ue si strappano i capelli e si dicono preoccupatissimi ma non si arriva a nulla. Adesso si lanciano satelliti Galileo – satelliti che sono sensibili per la navigazione – ma alla fine a portarli in orbita sarà Space X di Elon Musk per meri errori manageriali” made in Europe.