“Cosa abbiamo fatto in questi 7 anni dal terremoto che nel 2016 ha colpito l’Italia centrale? Purtroppo dobbiamo constatare che l’occasione dei vari Superbonus è stata sprecata. Più di un terzo dei comuni italiani si trova in zone dove possono verificarsi eventi sismici forti o molto forti, ma ancora non è chiaro che la sicurezza, non solo sismica, deve essere l’elemento fondamentale delle politiche pubbliche e di incentivazione, visto che la stragrande maggioranza degli interventi finanziati col Superbonus riguardano l’ecobonus e il bonus facciate, e molto meno per il bonus sismico. Dobbiamo insistere per mitigare gli effetti dei terremoti in termini di prevenzione ed educazione alla consapevolezza dei pericoli naturali. Abbiamo tutto il tempo per farlo, fino al prossimo terremoto. Ricordiamo che alcune stime indicano che dei 111,3 miliardi di euro per il Superbonus (ago. 2020‐ ago. 2023) solo 25 miliardi di euro, pari al 22.5%, è stato impiegato per l’adeguamento sismico degli edifici, ciò vuol dire che abbiamo reso efficienti dal punto di vista energetico molti edifici dimenticando la loro vulnerabilità al terremoto. L’ISPRA nell’ultimo rapporto sul consumo di suolo (ed.2023) ci ricorda che il suolo consumato al 2022 in aree a diverso grado di pericolosità è il 36,2% (195.873 ettari) della superficie edificata nazionale. Nel solo corso del 2022 il consumo di suolo in zone a pericolosità sismica, che ha determinato un aumento del rischio, è stato di 220 ettari (pericolosità molto alta) e 2.293 ettari (pericolosità alta). Senza trascurare che nell’ultimo anno sono stati artificializzati o impermeabilizzati 113,7 ettari di zone che ricadono nei pressi faglie capaci. La tendenza a consumare suoli maggiormente accessibili e anche in aree interessate da noti pericoli geologici sembra essere opposta ai buoni propositi quale quello del Piano per la transizione ecologica, approvato dal Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica nel 2021, che si poneva l’obiettivo di arrivare a un consumo netto pari a zero entro il 2030, anticipando di vent’anni l’obiettivo europeo”: è quanto ha affermato Antonello Fiore, Presidente Nazionale della Società Italiana di Geologia Ambientale, in occasione dell’anniversario del terremoto del 30 Ottobre del 2016.
“A distanza di sette anni dalla tragedia del terremoto del 2016, che ha colpito alla fine di ottobre l’Italia centrale con magnitudo fino a 6.5, ci tornano alla mente le dichiarazioni di quanti, in processione sul cosiddetto “Cratere Sismico” affermavano: “ricostruiremo tutto, subito e nello stesso posto”! Bestemmie per gli addetti ai lavori, a distanza di sette anni tanto si è fatto, ma ancora tanto c’è da fare! Nella consapevolezza che allo stato attuale delle conoscenze ancora non si può prevedere dove e quando ci sarà il prossimo terremoto – ha dichiarato il geologo Enrico Gennari, Coordinatore Area Tematica Agenda 2030 Sviluppo Sostenibile – Ecologia Integrale – abbiamo l’obbligo di dedicare maggiori sforzi sulla prevenzione. Prevenire significa adeguare e mettere in sicurezza, prioritariamente le strutture e infrastrutture strategiche, che direttamente e indirettamente possono ridurre i morti. Dal Belice a oggi s’è speso per la ricostruzione dai terremoti qualcosa come 200 miliardi, cui vanno aggiunti gli effetti dovuti allo spopolamento e degrado sociale, che portano probabilmente a decuplicare l’importo che l’erario deve sostenere. L’abbandono dell’entroterra, oltre che una grave perdita di identità, comporta anche enormi costi e la perdita di una corretta manutenzione del territorio. Miopia, no, cecità nella gestione della casa comune, della finanza pubblica, della sicurezza dei cittadini e del territorio! La SIGEA, associazione impegnata a promuove da anni la cultura della prevenzione, ribadisce che per una reale riduzione del rischio sismico, occorre una puntuale caratterizzazione geologica delle aree urbanizzate e da urbanizzare, con studi approfonditi di Microzonazione Sismica (MS), analisi delle Condizione Limite per l’Emergenza (CLE) che vanno calati oltre che nei PRG, nei Piani di Protezione Civile e di Adattamento e Mitigazione ai Cambiamenti Climatici; nel contesto di alta criticità e fragilità in cui viviamo, anche l’Agenda 2030 ce lo impone. La strada è quindi lunga, ma è l’unica possibile per definire le condizioni di fattibilità e di corretta manutenzione e gestione degli interventi, al fine di garantire comunque alle aree urbanizzate, in caso di eventi sismici e geo-irdologici per frane e alluvioni estremi, l’operatività delle funzioni strategiche, anche in condizioni di emergenza, e quindi l’accessibilità e connessione con il contesto territoriale. Serve un cambio radicale di paradigma; meno miliardi per le opere faraoniche, più miliardi per la cura del Belpaese, per la manutenzione ed adeguamento di un patrimonio edilizio, storico ed architettonico unico, ma fragile ed ad alto rischio, in quanto interessato da terremoti, frane, alluvioni, vulcanesimo, valanghe ed altro ancora”.
Dall’efficientamento energetico alla sicurezza antisismica
“Come mai, nell’ambito degli interventi del cosiddetto superbonus 110%, sono stati di gran lunga privilegiati quelli di efficientemente energetico e non di messa in sicurezza degli edifici residenziali, dal punto di vista sismico? La mancanza di una cultura della prevenzione, il ritenere che sarà poco probabile che il prossimo terremoto possa colpire la propria casa è il motivo principale? Probabilmente si. Il secondo motivo risiede, però, nel minor ritorno economico immediato o nel breve periodo, garantito dal contributo dello Stato per l’efficientamento energetico, rispetto a quello per la prevenzione sismica. Ormai l’installazione di impianti fotovoltaici – ha concluso il geologo Vincent Ottaviani, Vice Presidente Nazionale della SIGEA – di pompe di calore, di impianti di riscaldamento a biomasse, la messa in opera di cappotti termici, di infissi a elevate prestazioni sono diventati interventi quasi di routine. Tali interventi sono stati realizzati, a spese dello Stato, anche su tantissimi edifici non antisismici, ubicati in aree ad elevata pericolosità. Alla domanda di efficientamento energetico si è rapidamente adeguata l’offerta di mercato. Ciò non è accaduto per il miglioramento sismico degli edifici. L’incertezza sulle soluzioni antisismiche, che non sono standardizzate in funzione delle tipologie e caratteristiche costruttive degli edifici e delle loro criticità, il timore di rimanere fuori casa a tempo indeterminato durante i lavori di miglioramento/adeguamento sismico, la scarsa disponibilità di imprese specializzate che non hanno trovato stimolo a orientarsi verso questo settore, le lungaggini burocratiche, tutt’ora costituiscono seri ostacoli per un’applicazione a vasta scala di interventi di miglioramento sismico del patrimonio edilizio nazionale privato”.