“Le zone di Prato, Pistoia e Lucca sono le più urbanizzate. L’evento meteo di questo inizio novembre è stato impressionante: allagamenti e esondazioni in zone urbanizzate, cumulate di pioggia di anche 160 mm in 3 ore, rapidi aumenti dei livelli idrometrici anche di 4-5 metri nei corsi d’acqua con tempi di risposta analoghi alla durata delle precipitazioni. Abbiamo sì precipitazioni intense e localizzate più frequenti, passando di colpo da siccità a alluvioni, ma da cosa dipende il Rischio idrogeologico, che io ormai chiamerei “idrogeoedilizio”? Dalla pericolosità, che ci dice quanto è elevata la possibilità che si verifichi un tale tipo di evento, ovvero quanti anni possono passare tra esso e un altro di pari o maggiore intensità, nel caso in esame si è parlato di tempo di ritorno di 50-100 anni. Ma dipende anche dalla vulnerabilità e dal valore di mercato dei beni esposti al danno che possono subire, per non parlare del valore infinito delle vite umane“: è quanto ha dichiarato Federico Preti, docente di idraulica agraria e sistemazioni idraulico – forestali, esperto in difesa del territorio, dell’Università di Firenze e Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana di Ingegneria Naturalistica – A.I.P.I.N. “Abbiamo oggi un territorio che a monte non “tiene” l’acqua che arriva in gran quantità e troppo rapidamente a valle, dove ora ci sono più abitazioni e infrastrutture di prima. Oggi abbiamo avuto le casse di espansione che, per fortuna, hanno funzionato. Ma prima avevamo una laminazione diffusa in scoline e acquidocci, terrazzamenti, invasi, etc. che si sono persi. Da nostri studi, ora acclarati anche alla letteratura scientifica internazionale, i volumi d’acqua e il rallentamento dei tempi di corrivazione che avevamo erano del tutto analoghi a quelli che cerchiamo di ottenere con nuove opere da costruire lungo i corsi d’acqua. E l’aumento del bosco non compensa l’aumento di impermeabilizzazione e la perdita di regimazione“.
“Abbiamo anche una decina di tratti arginati da riparare, operazione essenziale, ma ricordiamoci che essi proteggono solo quello che separano dall’alveo, inducendo a costruire ancora e trasferendo più acqua e più rapidamente a valle. Oggi sono passati 57 anni dall’Alluvione di Firenze e, negli ultimi 60-70 anni, abbiamo perso il presidio e la manutenzione del territorio, ora più fragile e vulnerabile e da lì dobbiamo ripartire. Certamente è necessario compensare e mitigare l’aumento di rischio con le cosiddette “Nature Based Solutions, come a tutti ora piace chiamarle. La scoperta dell’acqua calda? Trattasi di interventi ispirati dalla natura – ha concluso Preti – ovvero l’Ingegneria Naturalistica che da noi è ben nota e collaudata, per quanto riguarda i nostri bacini collinari e montani. Nelle zone urbane sarebbero utili delle aree e fasce vegetate che possano frenare i deflussi idrici prima dell’ingresso nelle fognature o nelle reti di scolo. Oltre a delocalizzare strutture a rischio eccessivo. Non possiamo più esimerci dalla “massima applicabilità” di tali interventi (ingegneria naturalistica al posto di quella grigia, a meno che non se ne dimostrino i limiti) e dovremo attuare le direttive europee sul controllo del consumo del territorio e sull’impiego di materiali e soluzioni, ecocompatibili e sostenibili“.