“Al termine della riunione del 27-28 ottobre scorso, la Commissione Grandi Rischi ci ha comunicato che bisogna prepararsi all’eventuale necessità di passare rapidamente verso un livello di allerta superiore rispetto al giallo” sull’area dei Campi Flegrei. Lo ha detto il Ministro per la Protezione Civile e le politiche del Mare, Nello Musumeci, in audizione alla Commissione Ambiente della Camera. Ma cosa cambierebbe con il passaggio all’allerta arancione? L’innalzamento del livello di allerta da giallo ad arancione farebbe scattare la fase operativa di “prellarme“, che prevede una serie di misure previste dai Piani di Protezione Civile riguardanti essenzialmente la zona rossa e con impatto sulle infrastrutture, gli ospedali, le vie di fuga, in vista di un eventuale peggioramento della situazione.
Il Piano nazionale di Protezione Civile per i Campi Flegrei divide il territorio in due zone: la zona rossa e la zona gialla. Nella zona rossa, sono ricompresi i comuni di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida, Quarto e parte di altri Comuni confinanti, per un totale di circa mezzo milione di persone. All’esterno della zona rossa, c’è la zona gialla, dove vivono circa 840 mila persone residenti in numerosi Comuni ed anche in 24 quartieri di Napoli.
I livelli di allerta
I livelli di allerta per i Campi Flegrei descrivono lo stato di attività del vulcano. Il passaggio da un livello di allerta al successivo è stabilito sulla base delle variazioni dei parametri monitorati e di eventuali fenomeni in corso. I livelli di allerta sono quattro: verde, giallo, arancione e rosso e ad ognuno in genere corrisponde una fase operativa.
Dal 2012, il livello di allerta sui Campi Flegrei è passato dal verde al giallo e la fase operativa adottata è di “attenzione“, la quale prevede essenzialmente un attento monitoraggio del fenomeno, oltre alla verifica e all’adeguamento dei piani di Protezione Civile. Se il livello diventa arancione, di norma scatta la fase di “preallarme“: in questa situazione, nella zona rossa, è previsto il trasferimento delle persone presenti negli ospedali (quattro, oltre a diverse case di cura) e negli istituti penitenziari (due), mentre le persone che vogliono allontanarsi possono farlo ma solo autonomamente. Potranno trasferirsi presso una sistemazione alternativa, ricevendo un contributo economico da parte dello Stato.
Alla dichiarazione di “allarme“, con un livello di allerta rosso, tutti devono invece abbandonare la zona rossa e possono scegliere di farlo in modo autonomo o assistito, secondo modalità e un cronoprogramma previsto dai Piani di Protezione Civile che contemplano il trasferimento – in nave, treno o pullman – presso città e regioni gemellate.
L’esercitazione del 2019
I vari scenari corrispondenti a variazioni del livello di allerta furono simulati in un’esercitazione svoltasi nel 2019. In particolare, durante la fase di “prellarme” sono stati subito attivati un Centro di coordinamento soccorsi presso la prefettura di Napoli, i vari Comitati operativi della Protezione Civile, a Roma e presso i Comuni interessati, mentre sul territorio è stata allestita una Di.Coma.C., vale a dire una ‘Direzione di comando e controllo’. Si è quindi passati ai controlli: con i gestori delle infrastrutture è stato verificato lo stato dei servizi essenziali, poi sono stati accertati eventuali danni agli edifici strategici, alle strutture socio-sanitarie, alle carceri ed è stato valutato lo stato delle vie di allontanamento previste dai Piani di protezione civile, in vista di una eventuale successiva evacuazione. In questa fase, sono anche previsti, se necessario, lo spostamento degli animali da allevamento (durante l’esercitazione venne evacuato un canile) e la messa in sicurezza dei beni culturali più importanti.