Sotto l’egida delle Nazioni Unite, dal 30 novembre al 12 dicembre si terrà a Dubai sarà la 28ª edizione del principale incontro internazionale sul clima: la Cop28. Prima di analizzarne gli sviluppi e le criticità, scopriamo cos’è la Cop, quando nasce e come funziona.
Cop: punto di incontro di 197 stati
L’acronimo Cop sta per Conferenza delle Parti, la Cop, infatti, riunisce i 197 Stati firmatari della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) e l’Unione Europea. L’Unfccc è una delle tre Convenzioni di Rio de Janeiro, adottate al Vertice della Terra di Rio nel 1992. Dal 1995 ogni Cop si svolge in una città diversa dall’altra, in tutti i continenti e, ciascuna, assume un numero in successione cronologica rispetto a quello della precedente.
Quest’anno, la Cop28, sarà ospitata dagli Emirati Arabi Uniti dopo che la loro candidatura è stata sostenuta dai Paesi dell’Asia-Pacifico. L’anno scorso, invece, la Cop27 si è svolta in Africa, in Egitto. La Cop29 si terrà in una città ancora da scegliere dell’Europa orientale, mentre il Brasile di Lula si candida per ospitare la Cop30 nel 2025.
Insieme alle Cop, si tengono anche le Conferenze delle Parti del Protocollo di Kyoto (note come Cmp) e delle 195 Parti dell’Accordo di Parigi del 2015 (note come Cma). Le Cop affrontano altri temi, presenti in diverse altre convenzioni o trattati delle Nazioni Unite, per esempio sulla desertificazione o sulla protezione delle zone umide. Quella sulla biodiversità si tiene solo ogni due anni e nella sua ultima edizione, la Cop15 di Montreal, si è conclusa un accordo globale senza precedenti.
La Cop28 e l’accordo sul clima
La Cop15 del 2009 non è riuscita a raggiungere un accordo globale, ha prodotto soltanto testo politico che coinvolgeva Cina e Stati Uniti. Altre edizioni, invece, hanno avuto un esito ancora più soddisfacente, a partire dalla Cop21 del 2015 in cui è nato l’Accordo di Parigi, il primo patto che impegna l’intera comunità internazionale a mantenere l’aumento della temperatura media globale “ben al di sotto dei 2°C” rispetto all’era preindustriale e, se possibile, a limitare l’aumento a 1,5°C. La Cop26 di Glasgow (2021) ha segnato un punto di svolta: per la prima volta ha individuato nei “combustibili fossili” e nel “carbone” la causa principale del riscaldamento globale.
Al termine della Cop28, i negoziati tra i leader devono sfociare in un testo finale, adottato per consenso e non per votazione, che tenga conto delle differenze di interesse e di posizione, mirando idealmente a compiere progressi nella lotta al cambiamento climatico. A margine di questi negoziati, che in genere si protraggono oltre il calendario previsto, vari lobbisti e rappresentanti di Ong e organizzazioni internazionali si incontrano per fare annunci e impegni volontari. In alcune occasioni, le discussioni tra i leader non producono risultati importanti.
La Cop28 regala “aspettative sostenibili”
La Cop28 di Dubai dovrebbe riunire un numero record di partecipanti, oltre 70.000, secondo la presidenza emiratina. La scelta del capo della compagnia petrolifera emiratina Adnoc, Sultan Al Jaber, di presiedere l’evento è stata criticata dagli ambientalisti, ma difesa da altri che la considerano un’opportunità per parlare concretamente della transizione energetica nella principale regione produttrice di petrolio. Gli Emirati Arabi Uniti si apprestano ad annunciare numerosi impegni volontari da parte di Paesi e aziende, con obiettivi concreti per il 2030: triplicare la capacità mondiale di energia rinnovabile, raddoppiare il miglioramento dell’efficienza energetica, raddoppiare la produzione di idrogeno e così via. Questi impegni, tuttavia, non avranno la stessa forza vincolante del testo ufficiale che verrà adottato alla fine delle due settimane, durante il Global Stocktake, che avrà la forma di “valutazione globale” dell’accordo di Parigi. La battaglia è tra chi vuole accontentarsi della valutazione, che innegabilmente mostra che gli sforzi fatti finora sono insufficienti, e chi vorrebbe includere un invito a ridurre i combustibili fossili. Come sempre, il denaro sarà oggetto di aspre discussioni, sia per quanto riguarda i finanziamenti promessi dai Paesi ricchi per l’adattamento ai cambiamenti climatici, sia per quanto riguarda le modalità di creazione di un fondo per finanziare le “perdite e i danni” subiti dai Paesi più poveri.