La produzione mondiale di vino è crollata nel 2023 a 244,1 milioni di ettolitri segnando il record negativo degli ultimi 60 anni per effetto dall’andamento climatico avverso che ha tagliato i raccolti nei diversi continenti. E’ quanto afferma la Coldiretti sulla base dei dati dell’organizzazione mondiale della vite e del vino (OIV) che evidenzia a livello globale un calo del 7% rispetto alla precedente vendemmia. Tra i Paesi che hanno registrato i risultati peggiori ci sono – sottolinea la Coldiretti – Australia, Argentina, Cile, Sud africa e Brasile con crolli tra il 10 e il 30%. In controtendenza gli Stati Uniti, il quarto produttore mondiale, dove si prevedono per quest’anno a 25,2 milioni di ettolitri, con un aumento del 12% rispetto al 2022.
Il maltempo ha colpito anche l’Europa dove la produzione è calata del 6% per un totale di poco più di 150 milioni di ettolitri, secondo l’analisi della Coldiretti su previsioni aggiornate del Copa Cogeca. A fare le spese degli effetti del cambiamento climatico quest’anno nel Vecchio Continente è soprattutto l’Italia. Il risultato è che per la prima volta dopo sette anni, l’Italia ha perso la leadership come produttore di vino in Europa e nel mondo con una produzione stimata di 43,9 milioni di ettolitri in calo del 12% rispetto all’anno scorso mentre la Francia è diventata il primo produttore con 45 milioni di ettolitri, in aumento dell’1,5% rispetto all’anno precedente. Il maltempo ha penalizzato anche la Spagna – riferisce la Coldiretti – che resta il terzo produttore europeo ma accusa un calo del 14% rispetto all’anno scorso, mentre in Germania la produzione stimata è stata di 8,9 milioni di ettolitri con una perdita del 2%. A causa delle conseguenze del cambiamento climatico, con un inverno secco, grandinate, inondazioni e una stagione primaverile piovosa, un forte calo della produzione è stato osservato – precisa la Coldiretti – anche in altri Paesi produttori europei come Austria (-6%), Grecia (-23%), Croazia (-31%) e Slovacchia (-20%) rispetto al 2022. Bene solo il Portogallo, dove si è constatato un aumento del 9% con una produzione di raccolto di poco inferiore a 10 milioni di ettolitri.
Dinanzi agli effetti dei cambiamenti climatici bisogna dunque tutelare il vigneto Italia – sottolinea la Coldiretti – e coniugare le caratteristiche di produttività, di resistenza a patogeni e parassiti, di efficiente impiego delle risorse, con quelle di elevata qualità per il consumo e per la trasformazione. La ricerca agraria ha oggi a disposizione nuove tecnologie di miglioramento genetico che permettono di riprodurre in maniera precisa e mirata i risultati dei meccanismi alla base dell’evoluzione biologica naturale, raggruppate sotto la denominazione tea (tecnologie di evoluzione assistita). Tecniche che non implicano l’inserimento di DNA estraneo alla pianta. Per poter cogliere compiutamente queste nuove opportunità è necessario arrivare a una regolamentazione dei prodotti agricoli ottenuti da tali metodologie che oggi – spiega Coldiretti – non trovano una adeguata collocazione a livello normativo comunitario.
“Una grande sfida per far tornare gli agricoltori protagonisti della ricerca senza che i risultati finiscano nelle mani di poche multinazionali proprietarie dei brevetti”, afferma il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini, nel sottolineare la necessità di “difendere e valorizzare il patrimonio di biodiversità agraria nazionale e la distintività delle nostre campagne, garantendo nuove possibilità di crescita e sviluppo all’agroalimentare nazionale”.