Un valore scientifico e un valore tecnologico quello ottenuto dal pilota e ricercatore del Cnr Pantaleone Carlucci con la missione Virtute 1 che, a giugno scorso, ha segnato il primo volo umano suborbitale dell’Aeronautica Militare italiana sulla navicella Spaceeship-2 di Virgin Galactic. “Aver verificato e testato l’idoneità di queste nuove piattaforme commerciali con l’integrazione di strumentazione scientifica – in maniera analoga a quanto si fa in laboratorio o su navi, mezzi mobili o aerei – apre la strada ad una nuova frontiera”, sottolinea all’Adnkronos Pantaleone Carlucci, co-investigatore degli esperimenti Liulin CNR VG e Doosy, e che ha preso parte alla missione insieme a Walter Villadei e Angelo Landolfi, entrambi ufficiali dell’Aeronautica Militare. La nuova frontiera aperta con questa missione, spiega Carlucci, “nel futuro consentirà ai ricercatori di poter operare anche a quote mesosferiche, in ambienti ad oggi quasi sconosciuti, oltre ad avere laboratori in grado di garantire una microgravità di diversi minuti e la possibilità di operare direttamente la propria strumentazione a bordo”, spiega Carlucci.
Il ricercatore riferisce, inoltre, che “le informazioni acquisite forniranno dati utili oltre che per la ricerca scientifica, anche per il settore tecnologico e quello medico: sono stati condotti esperimenti che mirano a studiare gli effetti della microgravità su un’ampia varietà di proprietà fisiche e chimiche dei materiali (fenomeni di combustione o comportamento dei fluidi), caratterizzanti l’ambiente di volo (ad esempio dal punto di vista delle radiazioni a bordo)”. “Dai risultati degli esperimenti – osserva – sarà possibile ricavare preziose informazioni per la futura applicazione in una vasta gamma di ambiti, da quello addestrativo ed operativo fino ai possibili impieghi innovativi in ambito industriale”.
Carlucci – ingegnere energetico, pilota e che ha svolto un master in Scienze Informative per la Sicurezza presso l’Università degli Studi eCampus – evidenzia che nella missione Virtute 1 la sua “formazione tecnica“, realizzata anche in un ateneo come eCampus dove ha svolto diversi corsi, “ha inciso notevolmente sull’evoluzione delle attività che ho svolto durante la mia carriera al Cnr, soprattutto unita all’esperienza di pilotaggio che ho portato avanti con passione”. “Le due cose – evidenzia – si sono unite e mi hanno portato a vivere delle esperienze molto formative e molto diverse, dal monitoraggio ambientale sulle discariche al volo suborbitale con Virgin Galactic”. “In eCampus – prosegue – ho svolto diversi corsi, ho conosciuto tantissime persone e professori capaci e di talento. Conosco bene il Rettore Enzo Siviero: è una persona di enorme spessore”.
Riguardo i rapporti con la Virgin Galactic e possibili altri voli suborbitali, Carlucci spiega che “personalmente, l’esperienza del volo suborbitale mi ha dato l’opportunità di continuare una interazione diretta con Virgin partecipando alle Master Class con gli equipaggi delle missioni Galactic 2 e Galactic 3 e ipotizzando attività future congiunte”. “L’interesse per la nostra ‘prima’ esperienza è stato importantissimo e il fatto di essere stato contattato da alcuni degli Enti di ricerca più importanti al mondo – che operano nel settore spaziale e aerospaziale – per avere info sulla nostra esperienza, mi fa pensare che sicuramente questa non resterà unica ma ci saranno altre esperienze simili”.
Da oltre 8 anni al Cnr, Carlucci svolge attività di ingegneria della strumentazione scientifica su piattaforme aeree, con particolare riguardo al controllo remoto dei dati acquisiti; supporto alla realizzazione di payloads; Coordinatore – Flight Engineer/Pilota nelle attività di volo dei velivoli del Cnr. Non solo. Il pilota è anche responsabile del coordinamento tecnico di progetti strategici su piattaforme stratosferiche e lancio aereo e fa parte di diversi comitati di coordinamento istituiti nell’ambito di accordi quadro che il Cnr ha sottoscritto con aziende che operano nel settore spaziale e aerospaziale. Ma che differenza c’è fra il suo ruolo di pilota e quello di astronauta? “Sono un ingegnere energetico – chiarisce Carlucci – e negli ultimi anni mi sono occupato di ricerca aeroportata in diversi progetti che abbiamo coordinato come Cnr. Ho svolto sia il ruolo di pilota – avendo il brevetto di pilota ed esperienza di volo di diversi anni in campagne di misure – sia ingegnere di bordo sviluppando, integrando e certificando (certificazioni EASA\ENAC) le varie strumentazioni sulle piattaforme aeree del Cnr”. “Non posso parlare di differenze tra ruolo di pilota e ruolo di astronauta in quanto, relativamente al ruolo di astronauta, non avendo ricevuto una formazione specifica, una mia valutazione sarebbe incongrua”, afferma. “Per quanto riguarda invece il mio ruolo di payload specialist nella missione Galactic 1, il mio approccio è stato lo stesso che ho avuto sempre nelle mie attività di volo di ricerca“, aggiunge ancora.
Ai giovani che vogliono ripercorrere le sue orme, o diventare astronauti o, in futuro, gestire voli suborbitali, Carlucci consiglierebbe di “studiare e approfondire qualsiasi cosa li appassioni perché la possibilità di accedere allo spazio non deve essere vista come l’obiettivo finale, ma semplicemente come il mezzo per portare a frutto e valorizzare le nostre specifiche competenze, in qualunque settore esse siano. Fare l”astronauta’ non richiede particolari competenze, essere esperti in settori innovativi sì”. “Da tecnico – continua Pantaleone Carlucci – vedo il turismo spaziale come un’opportunità, visto che l’ambizione e la capacità di investimento che hanno gli operatori commerciali consentono, in tempi brevi, di avere piattaforme pronte per poter essere utilizzate anche per fini diversi dal turismo, esattamente quello che è successo con il volo Virtute-1″.
“Sono sempre stato appassionato di volo. Per il Cnr – ricorda Carlucci – ho gestito le piattaforme aeree perché ho sempre creduto che fare ricerca deve consentire lo sfruttamento di qualsiasi piattaforma osservativa”. Virtute 1 “per me – assicura – è stata una esperienza fantastica, un evento speciale che si è concretizzato dopo un lavoro di squadra durato due anni. L’integrazione della strumentazione su uno spazioplano è una attività estremamente complessa. Essere riusciti a completare la missione è motivo di grande soddisfazione per tutti gli enti coinvolti”. “Ho gestito un sistema per testare l’effetto della microgravità su materiali e processi innovativi per uso spaziale, un sistema per misurare la radiazione cosmica nella mesosfera ed eseguito un test per valutare le condizioni cognitive durante il volo spaziale”, aggiunge ancora.
Alla domanda se diventerà mai astronauta, Pantaleone Carlucci ha infine risposto: “in tutta sincerità non è stato mai il mio obiettivo primario, semplicemente perché il traguardo è quello di riuscire a spingersi sempre oltre in termini di potenzialità e ambiti di ricerca, non quello di superare un predefinito ‘confine’ spaziale“.