Calo della natalità record e bilancio demografico negativo: il Censimento ISTAT

L'ISTAT segnala una diminuzione di quasi 7.000 nascite rispetto al 2021
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I risultati del censimento del 2022, diffusi dall’ISTAT, rivelano una diminuzione della popolazione italiana, che al 31 dicembre scorso ha raggiunto la cifra di 58.997.201 individui. Il calo, pari a 32.932 persone rispetto al 2021, è influenzato da dinamiche demografiche negative, pur essendo mitigato da un recupero censuario. In particolare, i dati evidenziano un record negativo per la natalità nel 2022, con soli 393.000 nati, un calo significativo rispetto agli anni precedenti. Questo nuovo scenario demografico solleva importanti questioni sulla sostenibilità e le implicazioni per il futuro del paese.

Bilancio demografico ancora negativo: popolazione sotto i 59 milioni

Il bilancio demografico in Italia nel 2022, secondo l’ISTAT, continua a mostrare una tendenza negativa con una popolazione residente al 31 dicembre inferiore ai 59 milioni, con una riduzione di circa 33.000 unità, rappresentando un calo dello 0,6 per mille. Questa diminuzione è meno intensa rispetto sia al 2021 (-3,5 per mille) sia soprattutto al 2020 (-6,7 per mille), anni in cui gli effetti della pandemia avevano accelerato un declino demografico iniziato nel 2014.

Il calo demografico del 2022 interessa principalmente il Mezzogiorno (-3,8 per mille) e in misura minore il Centro (-0,1 per mille). In contrasto, si osserva un recupero della popolazione al Nord (+1,6 per mille), principalmente grazie a dinamiche migratorie favorevoli.

Segnali positivi emergono dai movimenti migratori, con incrementi moderati nei flussi interni e un aumento più marcato delle iscrizioni dall’estero, accompagnato da una riduzione delle emigrazioni. Il saldo migratorio netto con l’estero raggiunge +261.000 unità, il più alto degli ultimi 11 anni, con il tasso migratorio che varia dal 3,2 per mille nel Mezzogiorno al 5,1 per mille nel Centro.

A livello locale, i movimenti tra comuni coinvolgono 1.471.000 persone, con il Nord che conferma la sua attrattività (+58.000 unità) e il Mezzogiorno che continua a perdere popolazione (-67.000).

La popolazione straniera raggiunge 5.141.000 unità, con un aumento di 111.000 individui rispetto all’anno precedente (+2,2%), rappresentando l’8,7% della popolazione totale. Nel 2022, la dinamica naturale della popolazione straniera è in generale positiva, anche se in diminuzione rispetto agli anni precedenti. Le immigrazioni straniere aumentano (+38,1%), mentre le emigrazioni diminuiscono (-20,9%), generando un saldo migratorio con l’estero, limitato ai cittadini stranieri, di 286.000 unità. Nel 2022, le acquisizioni della cittadinanza italiana rappresentano una significativa voce in uscita per la popolazione straniera e in entrata per quella italiana, contando 214.000 casi, il 76,0% in più rispetto al 2021.

Nuovo record negativo per natalità in Italia: 393.000 nascite nel 2022

L’ISTAT, inoltre, segnala un nuovo record negativo per la natalità in Italia con un totale di 393.000 nati, registrando un tasso di natalità del 6,7 per mille. Ciò rappresenta una diminuzione di quasi 7.000 nascite rispetto al 2021 (-1,7%) e una significativa contrazione del 31,8% rispetto al 2008, anno in cui si raggiunse il massimo relativo di nati vivi dall’inizio degli anni Duemila.

I nati da genitori entrambi stranieri sono 53.000, costituendo il 13,5% del totale dei nati. L’incidenza è più elevata nelle Regioni del Nord (19,3%), dove la presenza straniera è più radicata, e in misura minore in quelle del Centro (15,1%), mentre nel Mezzogiorno è inferiore (5,4%). I nati da genitori in cui almeno uno è straniero continuano a diminuire nel 2022, attestandosi a 82.000 unità.

La diminuzione delle nascite è attribuibile principalmente al calo della popolazione femminile nelle età considerate convenzionalmente riproduttive (dai 15 ai 49 anni) e alla costante diminuzione della fecondità. Nel 2022, il numero medio di figli per donna è pari a 1,24, mostrando un lieve calo rispetto all’anno precedente (1,25) e confermando il trend decrescente in atto dal 2010, quando si registrò il massimo relativo di 1,44 figli per donna.

La provincia autonoma di Bolzano/Bozen presenta il massimo valore di fecondità (1,64), mentre la Sardegna detiene il valore minimo (0,95). L’età media al parto rimane stabile a livello nazionale, attestandosi a 32,4 anni, mentre l’età media alla nascita del primo figlio è di 31,6 anni. L’età media al parto è più elevata nel Centro e nel Nord (32,8 e 32,5 rispettivamente) rispetto al Mezzogiorno (32,0).

Le differenze tra cittadine italiane e straniere sono confermate: le italiane hanno in media 1,18 figli per donna e un’età media al parto di 32,9 anni, mentre le straniere presentano una fecondità più alta (1,86) e un’età media al parto più bassa (29,5).

Popolazione italiana in calo

Secondo l’ISTAT, la popolazione italiana al 31 dicembre 2022 è di 58.997.201 persone, con una diminuzione di 32.932 rispetto al 2021. Il calo, attribuibile a una dinamica demografica negativa di -179.416 individui, è parzialmente compensato da un recupero censuario di +146.484 persone. L’analisi si basa su segnali di vita amministrativi, integrati con modelli statistici e dati provenienti da archivi amministrativi. Nel 2022, l’impatto censuario è positivo su tutto il territorio italiano, con un aumento dello 0,3% nelle regioni Nord-Occidentali, Centrali e Meridionali, e dello 0,2% nelle regioni Nord-Orientali e insulari. La popolazione straniera mostra un incremento del 2,2%, raggiungendo 5.141.341 individui e costituendo l’8,7% della popolazione. La differenza tra sotto-copertura e sovra-copertura anagrafiche per la popolazione straniera è positiva, pari a 343.678 individui.

Donne in Italia: sono il 51,2% della popolazione

Le donne rappresentano il 51,2% della popolazione in Italia, superando gli uomini di 1.367.537 unità. Il rapporto di mascolinità è di 95,5 uomini ogni 100 donne. L’analisi rivela un aumento progressivo della componente femminile con l’età, principalmente a causa della maggiore longevità femminile. Sebbene nelle classi di età più giovani si registri una leggera prevalenza maschile fino alla classe 35-39 anni, si osserva un equilibrio nella classe 40-44, seguito da un costante aumento della presenza femminile nelle classi più anziane. A livello regionale, il rapporto di mascolinità più alto è in Trentino-Alto Adige (97,7), mentre il più basso è in Liguria (92,9), la regione con l’indice di vecchiaia più alto. A livello locale, in poco più di un terzo dei comuni, soprattutto nei piccoli centri, il rapporto di mascolinità supera 100, come nel caso di Salza di Pinerolo, con appena 67 residenti e il rapporto di mascolinità più alto d’Italia (191,3).

Età media di 46,4 anni: invecchiamento in aumento

L’ISTAT riporta che l’età media della popolazione italiana è di 46,4 anni (47,8 anni per le donne e 44,9 anni per gli uomini), registrando un aumento rispetto al 2021 quando era di 46,2 anni. Ciò indica un ulteriore avanzamento nel processo di invecchiamento della popolazione. Rispetto all’anno precedente, si osserva una leggera diminuzione percentuale degli individui in età 0-9 anni e nella fascia di età 35-49 anni, mentre aumenta leggermente quella degli individui in età 55-79 anni.

Il fenomeno dell’invecchiamento coinvolge tutte le regioni, con variazioni. La Campania, con un’età media di 43,9 anni, resta la regione più giovane, mentre la Liguria, con un’età media di 49,5 anni, è la più anziana. A livello comunale, Orta di Atella (Caserta) è il comune più giovane d’Italia, con un’età media di 36,9 anni, mentre Ribordone (Torino), un piccolo comune con soli 50 abitanti, ha l’età media più alta, pari a 65,5 anni.

L’indice di vecchiaia, misurante il numero di persone di 65 anni e più ogni 100 giovani di 0-14 anni, cresce dal 187,6% nel 2021 al 193,1% nel 2022 (era 148,7% nel 2011). La Campania e il Trentino-Alto Adige presentano valori più bassi (rispettivamente 148,6% e 150,8%), mentre la Liguria registra il valore più alto (270,8%), evidenziando il progressivo invecchiamento della popolazione, visibile anche attraverso il confronto diretto tra la numerosità degli anziani e quella dei giovani.

Decessi sopra quota 700.000, speranza di vita crescente solo per uomini

Nel 2022 l’Italia ha registrato un totale di 715.000 decessi, di cui 342.000 (48%) riguardano uomini e 373.000 donne (52%). Il tasso di mortalità complessivo è pari al 12,1 per mille, con un aumento di quasi 14.000 unità rispetto all’anno precedente, riflettendo l’intrinseca tendenza all’aumento influenzata dal progressivo invecchiamento della popolazione.

Il numero più elevato di decessi si è verificato durante i mesi più rigidi e più caldi dell’anno, con gennaio e dicembre, e luglio e agosto che rappresentano quasi il 40% del totale. Questi mesi hanno visto un aumento dei decessi, principalmente tra individui anziani e fragili, influenzati dalle avverse condizioni climatiche.

Oltre il 66% dei decessi, pari a oltre 472.000 individui, coinvolge persone di età uguale o superiore agli 80 anni. Questa percentuale è più elevata per le donne (oltre il 74%) rispetto agli uomini (57%). La distribuzione geografica mostra che il 47% dei decessi si verifica nel Nord, mentre Centro e Mezzogiorno registrano rispettivamente il 20% e il 33%. Rispetto al 2021, il Nord ha visto l’incremento maggiore (+3%), mentre Centro e Mezzogiorno presentano aumenti del +1,2% e +1,1%, rispettivamente.

La speranza di vita alla nascita, indicatore chiave della salute della popolazione, è di 80,6 anni per gli uomini e 84,8 anni per le donne a livello nazionale nel 2022. Rispetto al 2021, solo gli uomini mostrano un aumento di circa 4 mesi, mentre per le donne il valore rimane invariato. Tuttavia, entrambi i generi presentano livelli di sopravvivenza inferiori rispetto al periodo pre-pandemico del 2019, con una riduzione di circa 6 mesi.

La distribuzione regionale mostra che nel Nord la speranza di vita alla nascita è di 81,0 anni per gli uomini e di 85,2 anni per le donne, con un recupero di circa due mesi e mezzo per gli uomini rispetto al 2021, mentre le donne perdono un mese. La Provincia autonoma di Trento registra la speranza di vita più alta tra le regioni, con 82,1 anni per gli uomini e 86,3 anni per le donne. Nel Centro, la sopravvivenza aumenta lievemente rispetto al 2021, mentre nel Mezzogiorno si osservano incrementi più eterogenei, con alcune regioni che registrano miglioramenti significativi e altre un peggioramento della situazione, come evidenziato in Sardegna.

La Campania rimane la regione con la speranza di vita alla nascita più bassa, con 79,0 anni per gli uomini e 83,1 anni per le donne.

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