Clima, cosa ci lascia la COP28: le soluzioni ignorate e i paradossi di un impegno controverso

La concentrazione sull'eliminazione della CO₂, sebbene importante, ha oscurato l'assenza di dibattiti sostanziali su mitigazione ed adattamento
MeteoWeb

Con la conclusione della COP28 di ieri, si chiude un altro capitolo della storia dell’impegno su clima e ambiente della politica. Sultan Al Jaber, presidente della delegazione degli Emirati Arabi e capo dell’azienda petrolifera di Abu Dhabi, ha annunciato un accordo storico. L’impegno di una “transizione lontana dai combustibili fossili nei sistemi energetici, in modo giusto, ordinato ed equo” è arrivato imponente nel Global Stocktate. In un documento di 21 pagine, ha delineato obiettivi come la triplicazione della capacità di energia rinnovabile a livello globale e il raddoppio del tasso medio annuo globale di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030. Tuttavia, ci si chiede se questa sia la direzione migliore per affrontare la crisi climatica.

Il testo richiama anche gli obiettivi stabiliti precedentemente nell’Accordo di Parigi, sottolineando la differenza temporale significativa. Mentre l’Accordo di Parigi è stato siglato otto anni fa, la COP28 riflette l’urgente necessità di affrontare la crescente crisi climatica, soprattutto considerando l’aumento costante delle emissioni nel frattempo.

In questo contesto, emerge la delusione sulla questione della mitigazione e dell’adattamento come unica soluzione concreta a cui non è stato nemmeno fatto cenno nelle discussioni della Cop28. Occorre concentrarsi sull’efficacia di strategie che non solo riducano le emissioni ma che rafforzino le infrastrutture e implementino misure di adattamento.

Partiamo dall’inizio

La presenza della vita sulla Terra è possibile grazie alla combinazione sinergica di tre elementi chiave: la distanza ottimale dal Sole, la composizione chimica dell’atmosfera e la presenza del ciclo dell’acqua. L’atmosfera riveste un ruolo cruciale, garantendo al nostro pianeta un clima propizio alla vita attraverso l’effetto serra naturale. Quando i raggi solari raggiungono la superficie terrestre, parte di essi viene assorbita, mentre un’altra parte viene riflessa verso lo spazio. L’assenza di atmosfera comporterebbe la dispersione diretta nello spazio di tali raggi, ma grazie alla presenza di gas atmosferici, noti come gas serra essi vengono in gran parte trattenuti e rimandati verso la Terra.

Il risultato di questo processo è un incremento aggiuntivo di calore, sommato a quello proveniente direttamente dall’assorbimento solare. Questo contributo termico è di rilevanza significativa: senza l’effetto serra naturale, la temperatura media sulla Terra si attesterebbe a -18°C anziché agli attuali circa +15°C.

Se questo fenomeno è così naturalmente avvantaggiato, perché oggi nutriamo così tanta preoccupazione? Cosa implica esattamente il surriscaldamento del pianeta e cosa intendiamo con il termine cambiamento climatico?

Le conseguenze

Rispetto ai livelli preindustriali, l’aumento della temperatura media del Pianeta è stato di 0,98°C, e l’andamento osservato dal 2000 a oggi suggerisce che, in assenza di interventi, potrebbe raggiungere +1,5°C tra il 2030 e il 2050. L’impatto del riscaldamento globale si manifesta già in maniera evidente: la riduzione media del 12,85% del ghiaccio marino artico per decennio, l’aumento medio del livello del mare di 3,3 millimetri all’anno dal 1870 registrato nei registri delle maree costiere. Il decennio 2009-2019 è stato il più caldo mai registrato, e il 2020 si è posizionato come il secondo anno più caldo, appena al di sotto del massimo stabilito nel 2016.

Le “stagioni degli incendi” sono sempre esistite, ma sono diventate più prolungate e intense, come evidenziato dagli incendi in Australia. Dal 1990, si è verificato un aumento annuale degli eventi meteorologici estremi, tra cui cicloni e alluvioni, che colpiscono in periodi dell’anno non convenzionali e diventano sempre più distruttivi. Fenomeni come El Niño si sono resi più irregolari, causando pericolose siccità in regioni già minacciate dall’aridità cronica, come l’Africa orientale. Nel frattempo, la Corrente del Golfo mostra segni di rallentamento e possibile cambiamento di rotta. Le specie vegetali e animali si spostano in modo imprevedibile da un ecosistema all’altro, generando danni incalcolabili alla biodiversità su scala globale.

Il termine “cambiamento climatico” descrive accuratamente questi fenomeni, ma per cogliere appieno la portata della situazione, è necessario adottare il linguaggio di “crisi climatica“.

Il ruolo della COP

Sarebbe ingenuo pensare che in tutti questi anni nessuno abbia pensato ad una soluzione a questo problema. La nascita della COP è una prova lampante di come l’impegno ci sia stato, ma allora dov’è stato l’intoppo? Perché il problema non è stato risolto, ma è peggiorato? Probabilmente, ci si è focalizzati su aspetti sbagliati, trovando soluzioni impossibili da attuare perché troppo costose e sconvenienti.

Perché nasce la COP?

Quell’anno in cui è stato deciso di creare la COP, il 1992, è stato davvero significativo. Gli scienziati avevano ormai raccolto prove inequivocabili sul legame tra le attività umane e i cambiamenti climatici, e i leader mondiali hanno sentito che era giunto il momento di agire con decisione.

Il mondo si stava rendendo conto che le emissioni di gas serra, provenienti da attività come la produzione di energia e l’industria, stavano contribuendo a un riscaldamento del pianeta con conseguenze sempre più gravi. Nel 1992, alla Earth Summit a Rio de Janeiro, è stata creata la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) come un primo passo importante per affrontare questa crisi globale.

Creare la COP è stato come dire: “Abbiamo un problema serio, e abbiamo bisogno di un luogo dove riunirci regolarmente, discutere delle questioni climatiche, e trovare soluzioni concrete“.

Potremmo immaginare l’atmosfera come una coperta sottile, ogni tonnellata di gas serra che aggiungiamo è come uno strato in più su questa coperta, rendendola più densa e capace do trattenere più calore. In sostanza, la COP è nata per affrontare una sfida globale che richiedeva un’impegno globale. Quell’anno è stato un punto di svolta in cui il mondo ha riconosciuto la necessità di lavorare insieme per preservare il nostro pianeta per le generazioni future.

Sradicare la storia

La nascita della Cop è stata una rivoluzione e ha prodotto significativi risultati negli anni, come il protocollo di Kyoto, il primo grande accordo sul clima che ha obbligato legalmente i paesi membri a stabilire leggi chiare per limitare le azioni che potrebbero contribuire negativamente al cambiamento climatico. L’Accordo di Parigi, adottato nel 2015, che mira a limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius al di sopra dei livelli preindustriali.

Come si dice spesso, è difficile sradicare la storia, se viviamo in una società che è stata sempre improntata sul denaro, come possiamo pensare di cambiare le cose in poco tempo? Non possiamo, per questo l’unica soluzione è trovare un compromesso che migliori la situazione climatica, ma non elimini secoli di progresso, evoluzione e sacrificio economico per tornare all’età della pietra.

Siamo sulla strada giusta?

La concentrazione sull’eliminazione della CO₂, sebbene importante, ha oscurato l’assenza di dibattiti sostanziali su mitigazione ed adattamento, pilastri fondamentali per affrontare le attuali sfide climatiche. Questo focus unilaterale limita l’efficacia complessiva degli sforzi climatici, richiedendo un riesame urgente delle priorità per affrontare in modo completo e sostenibile il problema.

Aggiungendo ulteriore preoccupazione: l’assenza di una riflessione approfondita sui costi insostenibili della transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio. Questo scollamento dalle reali necessità climatiche evidenzia l’urgenza di un approccio più bilanciato e orientato al risultato per affrontare in modo concreto la crisi climatica. L’Italia si è mossa molto in questo senso, come ha spiegato bene in quasi tutte le conferenze del Padiglione italiano, l’inviato speciale sul clima Francesco Corvaro, ma l’Italia da sola conta molto poco e ha un impatto quasi inesistente sulle emissioni globali.

Mitigazione e adattamento

La mitigazione e l’adattamento sono considerate strategie complementari e fondamentali per affrontare il cambiamento climatico in modo efficace. Entrambe affrontano aspetti diversi delle sfide climatiche e si rivelano necessarie per garantire una risposta completa e sostenibile. Vediamo le ragioni principali dietro l’adozione congiunta di mitigazione e adattamento:

  • Approccio Globale: Il cambiamento climatico è una sfida globale che richiede una risposta su vasta scala. La mitigazione mira a ridurre le emissioni di gas serra a livello mondiale, affrontando la causa principale del cambiamento climatico. D’altra parte, l’adattamento è fondamentale per affrontare gli impatti inevitabili che si verificheranno a causa delle emissioni passate e presenti.
  • Sostenibilità a Lungo Termine: Mitigare le emissioni contribuisce a creare un ambiente più sostenibile a lungo termine, riducendo l’accelerazione del cambiamento climatico. Allo stesso tempo, l’adattamento contribuisce a rendere le comunità e gli ecosistemi più resilienti, consentendo loro di affrontare meglio gli impatti climatici e di adattarsi a nuove condizioni.
  • Flessibilità: La combinazione di mitigazione e adattamento offre flessibilità nel rispondere a contesti climatici diversi e in evoluzione. Ciò consente una risposta adattiva e continua alle nuove informazioni scientifiche e alle dinamiche climatiche in evoluzione.
  • Sicurezza Alimentare e Idrica: L’adattamento è cruciale per affrontare gli impatti immediati del cambiamento climatico sulla sicurezza alimentare e idrica, mentre la mitigazione contribuisce a prevenire gli scenari futuri più gravi e irreversibili che potrebbero minacciare tali risorse.
  • Equità e Giustizia: Un approccio bilanciato tra mitigazione e adattamento tiene conto delle questioni di equità e giustizia, garantendo che le comunità più vulnerabili e meno responsabili delle emissioni passate abbiano accesso a misure di adattamento efficaci.

Mitigazione

Il concetto di “mitigazione” consiste nel rendere meno gravi gli impatti dei cambiamenti climatici prevenendo o riducendo le emissioni di gas a effetto serra (GES) nell’atmosfera. Questo obiettivo può essere raggiunto mediante la diminuzione delle fonti di questi gas, ad esempio attraverso l’incremento dell’uso di energie rinnovabili o la promozione di un sistema di mobilità più sostenibile. In alternativa, la mitigazione può coinvolgere l’incremento delle capacità di assorbimento, come l’espansione delle foreste.

Il mercato dei crediti di CO₂: prospettive e opportunità

Una volta implementate tali tecnologie, si può effettivamente ridurre la presenza di CO₂ nell’atmosfera. La CO₂ catturata e stoccata diventa un’opportunità di investimento quando trasformata in certificati negoziabili su mercati dedicati. L’Europa già dispone di un mercato regolamentato, l’European Trading System (Ets), che assegna “permessi” di emissione a soggetti forti emettitori di gas serra.

Il mercato Ets, del valore di circa 850 miliardi di euro e rappresentante il 90% del mercato globale di scambio di quote di CO₂, ha registrato una notevole crescita. Nel 2017, il costo per compensare una tonnellata di CO₂ era tra i 4 e 5 euro; nel 2023, ha raggiunto i 105 euro.

Le tecnologie di Carbon Capture Storage (CCS)

Il CCS comprende tecnologie per catturare e stoccare le emissioni di CO₂ dall’atmosfera o da impianti industriali. Mentre diverse tecnologie di cattura sono disponibili, lo stoccaggio geologico è la più sviluppata. In giacimenti esausti di idrocarburi, la CO₂ viene iniettata, garantendo la sua permanenza a lungo termine.

L’Italia, con pionieri come Eni e Snam, sta studiando progetti pilota per sfruttare giacimenti di gas esauriti. Tuttavia, tali sforzi sono ancora insufficienti, considerando le 340 milioni di tonnellate di CO₂ emesse annualmente solo in Italia.

Nuove frontiere: l’oceano come sito di stoccaggio di CO₂

Nuove soluzioni si concentrano sull’utilizzo dell’oceano come sito di stoccaggio di CO₂. L’oceano, assieme alle piante, assorbe naturalmente la CO₂. La tecnologia Ocean Alkalinity Enhancement sfrutta questo processo naturale, trasformando la CO₂ in bicarbonato di calcio per contribuire al riequilibrio del pH marino e ridurre l’acidificazione causata dall’aumento di CO₂ nell’atmosfera.

Questa tecnologia offre un beneficio ambientale tangibile e misurabile attraverso un controllo elevato grazie agli ioni carbonati. Con un costo previsto per tonnellata di CO₂ rimossa inferiore a 100 dollari, si intravede un trend inarrestabile nei prossimi 30 anni che non danneggia le economie dei Paesi.

Adattamento

Il termine “adattamento” implica l’anticipazione degli effetti avversi dei cambiamenti climatici e l’adozione di misure adeguate per prevenire o minimizzare i danni, oltre a sfruttare le opportunità che possono emergere. Le misure di adattamento possono assumere varie forme, da modifiche infrastrutturali su vasta scala, come la costruzione di difese contro l’innalzamento del livello del mare, a cambiamenti comportamentali, come la riduzione degli sprechi alimentari a livello individuale. Fondamentalmente, l’adattamento rappresenta il processo di adeguamento agli impatti attuali e futuri dei cambiamenti climatici.

Le città europee, e non solo, si confrontano da tempo con la sfida degli eventi meteorologici e climatici incontrollabili e imprevedibili, impegnandosi nella creazione di ambienti urbani più resilienti. Dalle regioni settentrionali dell’Europa fino all’area mediterranea, sono stati adottati o sono attualmente in fase di elaborazione piani di adattamento climatico e progetti per la realizzazione di eco-quartieri sostenibili. Questi progetti comprendono interventi per il ripristino delle rive dei fiumi, la riqualificazione delle piazze e la mitigazione degli effetti delle “isole di calore” attraverso soluzioni a favore del verde urbano. Allo stesso tempo, si cercano soluzioni per migliorare la gestione delle acque in caso di alluvioni, aumentando la permeabilità del suolo.

Le buone pratiche in questo ambito sono state categorizzate in piani di adattamento o strategie di adattamento, progetti realizzati focalizzati su fiumi e corsi d’acqua, quartieri sostenibili, spazi pubblici, nuove tecnologie, smart mapping e misure anti-alluvione. Questo panorama riflette la situazione attuale in Italia, in Europa e nel mondo. Alcuni esempi evidenziano come le soluzioni di adattamento siano già delineate fin dalla fase di progettazione preliminare, concentrandosi sulla riqualificazione degli spazi urbani esistenti per renderli resilienti ed esemplari, fungendo da modello per altri contesti urbani e replicabili in diverse parti del mondo.

Inoltre, si osserva sempre più frequentemente che le soluzioni più efficaci sono quelle basate sulla natura (Nature Based Solutions), e ciò non solo dal punto di vista ambientale ma anche da quello economico.

I fattori economici

Seguendo gli incontri al Padiglione italiano della Cop28, non si può che constatare che l’Italia sta facendo dei passi concreti nella direzione ecologica, mediante mitigazione e adattamento che, come abbiamo visto, sembrano essere le modalità più efficaci per non cancellare l’industria ad emissioni di CO₂, che causerebbe un buco nell’economia di ogni Paese.

La Cina

La dinamica del mercato globale del carbone riflette una contraddizione apparente nella strategia energetica della Cina. Nonostante il suo ruolo preponderante come principale consumatore e produttore di carbone, la Cina sta anche emergendo come un leader nel settore delle energie rinnovabili. Nel 2021, la domanda globale di carbone è aumentata del 6%, con la Cina al centro di questa crescita, rappresentando il 49,5% della produzione mondiale.

Allo stesso tempo, la Cina ha contribuito al 46% della capacità rinnovabile aggiuntiva a livello mondiale, superando di gran lunga altre grandi potenze economie. La dualità di questa crescita, con il carbone in aumento insieme alle rinnovabili, può sembrare paradossale. Tuttavia, la Cina sta adottando un approccio integrato per garantire la sicurezza energetica, utilizzando il carbone come “back up” per la continuità dell’erogazione e investendo massicciamente in tecnologie come la cattura e stoccaggio del carbonio (CCUS) in quanto più utili e meno rischiose a livello economico.

La soluzione

In conclusione, la completa eliminazione dei combustibili fossili potrebbe comportare un impatto negativo sull’economia, sul progresso tecnologico, sulla qualità e sul tenore di vita. Si evidenzia la necessità di un approccio più bilanciato per affrontare la crisi climatica senza compromettere gli elementi fondamentali del progresso e della prosperità. L’eliminazione totale dei combustibili fossili potrebbe rappresentare un “suicidio economico” in quanto potrebbe comportare costi insostenibili e impatti sulla stabilità economica.

Nonostante l’importanza di ridurre le emissioni e adottare fonti energetiche più sostenibili, è fondamentale trovare un compromesso che permetta di preservare i secoli di progresso e di evoluzione economica.

L’idea è che manovre di mitigazione e adattamento potrebbero rivelarsi molto più utili ed efficaci e la delusione sta nel fatto che, mentre l’Italia si adopera per affrontare i costi di queste due manovre, alcuni Paesi restano indifferenti ai problemi climatici, altri investono somme folli per eliminare le emissioni di CO₂, autodistruggendosi senza alcuna utilità globale, perché sono gli unici ad attuarle.

Condividi