Uno strumento innovativo per preservare gli habitat marini dagli impatti del cambiamento climatico, ridurre i fattori di rischio e pianificare un utilizzo più sostenibile delle aree marine, anche nei Piccoli stati insulari in via di sviluppo (i cosiddetti SIDS). È l’Atlante degli habitat marini e costieri, una delle innovazioni che ENEA presenta alla COP28, la conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC), a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, dove fino al 12 dicembre rappresentanti di governi, imprese e cittadini di 198 Stati si riuniranno per discutere su come fronteggiare la crisi climatica.
L’Atlante si inquadra nel contesto della collaborazione tra ENEA e Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), attiva sin dal 2015, che punta a supportare i Paesi in Via di Sviluppo (PVS) in attività e progetti finalizzati al contrasto al cambiamento climatico e alla tutela della biodiversità.
La metodologia innovativa consiste nell’utilizzo di dati satellitari, quali Sentinel-2 e Landsat, e nella loro integrazione con piattaforme di elaborazione e cartografia di libero accesso (SNAP, QGiS), al fine di mettere a disposizione dei decisori pubblici strumenti di lavoro facilmente utilizzabili e aggiornabili anche direttamente dalle realtà locali. In seguito, le tecnologie di Earth Observation System (EOS) e le mappe tematiche prodotte con i dati satellitari multispettrali sono sottoposte a una successiva validazione sul territorio, tramite rilievi, immersioni, droni aerei e subacquei e strumenti hardware e software per la georeferenziazione degli ambienti ispezionati.
“In tutto il mondo il riscaldamento globale, l’acidificazione e l’innalzamento degli oceani, la proliferazione di specie aliene ma anche gli eventi estremi e le crescenti pressioni antropiche stanno minacciando gli habitat marino-costieri”, sottolinea Andrea Peirano del Laboratorio ENEA di Biodiversità e servizi ecosistemici. “Barriere coralline, fanerogame marine, mangrovieti e i loro ecosistemi associati sono sempre più vulnerabili e per questo è fondamentale dotare i decisori pubblici di strumenti che consentano di individuare le aree da preservare, da adibire alla pesca sostenibile, pianificando gli spazi marini anche di grandi aree remote e di isole disabitate e incontaminate”, aggiunge il ricercatore.
L’approccio innovativo è stato già applicato con successo in due arcipelaghi SIDS nell’Oceano Pacifico occidentale, nell’ambito dei progetti “Tonga: Strengthening Protected Area Management” e “Vanuatu: A National Marine Spatial Plan”, concordati tra il MASE e i Ministeri dei Paesi coinvolti.
I ricercatori ENEA hanno fornito assistenza tecnica ai policy makers tramite la realizzazione di una cartografia digitale degli habitat, veri e propri Atlanti degli habitat marini costieri, dinamici, interrogabili ed aggiornabili su piattaforma QGiS, realizzati tramite l’elaborazione di immagini satellitari del Progetto Copernicus dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA).
Gli Atlanti, dotati anche di indici di qualità ecologica EQI (Ecological Quality Index), riportano la classificazione degli habitat, per individuare con facilità i biosistemi di maggior pregio per ogni area di interesse.
“I risultati ottenuti hanno dimostrato una coerenza tra dati telerilevati e dati di campo superiore all’88% e dunque la validità della tecnica”, spiega Mattia Barsanti del Laboratorio ENEA di Biodiversità e servizi ecosistemici. “Nell’arcipelago di Vanuatu, costituito da 90 isole, il 51% degli oltre 730 km2 di habitat marini costieri possiede il valore massimo dell’Indice di qualità ecologica. Tra i più importanti habitat marino costieri, soprattutto per le loro funzioni ecosistemiche, sono risultati gli habitat delle fanerogame e dei mangrovieti, con un’estensione di 11 e 33 km2 rispettivamente”, conclude il ricercatore.
Analogamente, per l’arcipelago del Regno di Tonga sono stati mappati oltre 998 Km2 di habitat marino-costieri dei quali oltre 404 km2 (~ 40%) di habitat marino-costieri di pregio, con valore massimo di Indice di qualità ecologica.