“La COP28 si chiude con un bilancio in chiaroscuro. Dopo trentuno anni di negoziati, iniziati nel 1992 al Summit delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro, per la prima volta tutti i Governi del mondo, seppur con differenti livelli di entusiasmo, hanno formalmente riconosciuto la necessità di dove porre fine all’era dei combustibili fossili”. Lo scrive in un comunicato Andrea Barbabella, Responsabile scientifico di Italy for Climate e Responsabile Clima ed Energia della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. “Questa decisione, maturata in un contesto tutt’altro che favorevole, quello del “petroStato” degli Emirati Arabi Uniti, emerge come un raggio di luce inaspettato. Tuttavia, il documento concordato a Dubai è anche ricco di sfumature di grigio, fatte di cose che mancano, come date e numeri certi, e cose di troppo, come terminologie ambigue e soluzioni tecnologiche discutibili”, aggiunge Barbabella.
“Ma il vero lato oscuro di questa Cop è il tempo – continua -. Non solo il tempo che ci è voluto per riuscire da ammettere che, sì, per contrastare la crisi climatica avremmo dovuto cominciare a ridurre l’utilizzo dei combustibili fossili, ma soprattutto quello, piccolissimo, fatto di una manciata di anni, che ci rimane per poter cambiare rotta e iniziare la ripida picchiata delle emissioni. Insomma, quello che avremmo voluto e che ancora non abbiamo ottenuto, almeno a questa Cop, è una roadmap chiara fatta di obiettivi e target finalmente condivisi. Per la quale certamente non possiamo aspettare altre 28 Cop“.