Nel giorno di chiusura ufficiale della COP28 a Dubai, emergono nette divisioni riguardo all’ultima bozza di accordo finale presentata ieri dal presidente Sultan Al Jaber. Tale disaccordo, una costante nelle Conferenze delle Nazioni Unite sul clima, inevitabilmente condurrà a un rinvio della deadline. Riunioni e negoziati sono in corso nel tentativo di trovare punti di convergenza e compromessi che possano portare a un consenso unanime sulla bozza, che ha generato disaccordi tra i 197 Paesi partecipanti, oltre all’Unione Europea, soprattutto riguardo al “phaseout” (uscita graduale) dai combustibili fossili, termine che è stato rimosso nell’ultima versione del documento.
Le fonti fossili sono state menzionate per la prima volta nel testo, sostituendo il termine con “phasedown” (riduzione graduale), suscitando l’insoddisfazione di molti, in particolare dell’Unione Europea e dei Paesi in via di sviluppo, inclusi molti africani e piccoli stati insulari, i quali subiscono con maggiore gravità gli impatti devastanti dei cambiamenti climatici.
Un altro punto critico riguarda il termine “unabated,” indicante attività svolte in impianti privi di sistemi di cattura-stoccaggio o cattura-utilizzo di anidride carbonica, con conseguente persistenza delle emissioni. Alcuni osservatori ritengono che la bozza di Al Jaber abbia cercato di indebolire l’alleanza di circa 120 Paesi, focalizzandosi sugli interessi dei Paesi produttori di petrolio in Africa, presumibilmente con il sostegno della Cina. Quest’ultima, tuttavia, non ha ancora espresso posizione, attendendo di comprendere le dinamiche prima di intervenire.