Fondazione CIMA (Centro Internazionale in Monitoraggio Ambientale) ha iniziato il suo consueto monitoraggio invernale sulla neve: in base ai primi dati, emerge che la situazione italiana può dirsi un po’ migliorata rispetto all’inverno 2022-23, ma non di molto. “La neve ha un ruolo fondamentale sul ciclo idrologico: rappresenta infatti una scorta d’acqua per i mesi primaverili ed estivi quando, fondendo, nutre i fiumi a valle. Per questa ragione, il monitoraggio di questa risorsa durante l’inverno ha un ruolo importante, perché ci fornisce una stima delle “scorte idriche” su cui potremo contare, rappresentate da un parametro noto come lo Snow Water Equivalent (SWE, in italiano Equivalente Idrico Nivale) che, appunto, descrive la quantità d’acqua contenuta nella neve,” sottolinea la Fondazione CIMA.
“Purtroppo, nei tre anni in cui abbiamo portato avanti il nostro monitoraggio, ciò che abbiamo osservato è sempre un deficit nello Snow Water Equivalent italiano,” spiega Francesco Avanzi, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica di Fondazione CIMA. “Vale anche per questi ultimi mesi del 2023: nonostante un inizio novembre con buone precipitazioni nevose, infatti, a oggi il deficit nazionale è -44%“.
La situazione “si presenta comunque piuttosto variegata, con un manto nevoso maggiore della media per la Valle d’Aosta nord-occidentale e per le Alpi centrali, e un deficit invece significativo per il resto delle Alpi. Che, peraltro, rappresentano la “scorta” d’acqua più importante della penisola, perché alimentano il bacino del Po, che infatti attualmente registra un deficit del -36%. In effetti, a livello dei tre bacini idrografici di maggior interesse per l’idrologia nivale nazionale (Po, Adige e Tevere), i dati mostrano un deficit simile tra area alpina e appenninica,” si legge nel report.
Due sono i fattori principali che concorrono a determinare l’accumulo di neve: temperatura e precipitazioni. “Protagonisti non inaspettati ma dal ruolo cruciale e sinergico, che purtroppo quest’anno non hanno (per ora) collaborato,” evidenzia la Fondazione CIMA. “Se, infatti, novembre ha registrato su gran parte delle Alpi temperature più basse rispetto agli ultimi anni, sulle Alpi sud-occidentali e negli Appennini le temperature sono state invece più alte. Sono queste le principali responsabili dell’attuale deficit di SWE, cui si è unito un significativo deficit di precipitazione, a novembre e all’inizio di dicembre, soprattutto nelle Alpi occidentali e nell’Appennino settentrionale“.
“Costruire il manto nevoso è un lavoro si squadra che richiede la persistenza di condizioni fredde e umide,” spiega ancora Avanzi. “D’altronde, però, come diciamo da tempo, l’accumulo di neve è come una maratona, cioè la neve deve aver modo di accumularsi in modo costante, in tempi relativamente lunghi. Adesso siamo appena all’inizio della stagione delle nevicate: sugli Appennini, per esempio, abbiamo appena avuto le prime nevicate dell’anno. Nei prossimi mesi la situazione può modificarsi in modo anche sostanziale“.