Secondo il modello cosmologico più accreditato, l’Universo è composto per due terzi da energia oscura, una misteriosa forma di energia che, in opposizione alla gravità, genera una forza repulsiva e sta facendo accelerare l’espansione dell’Universo. Un recente studio del gruppo di Astrofisica e Cosmologia della SISSA, pubblicato su The Astrophysical Journal e guidato dal professor Andrea Lapi, sfida questa visione convenzionale: un nuovo approccio, che introduce del “rumore” durante l’evoluzione dell’Universo, permette di spiegarne l’accelerazione senza modificare la relatività generale o invocare l’energia oscura.
Uno dei più grandi misteri della cosmologia moderna riguarda l’espansione dell’Universo. Einstein, durante la formulazione della teoria della relatività generale, introdusse la “costante cosmologica” per mantenere l’Universo statico. Per questo, dopo che le osservazioni dimostrarono l’espansione dell’Universo, la definì il “il suo errore più grande”. Alla fine del XX secolo, però, nuove osservazioni cosmologiche hanno rivelato che l’Universo non solo si sta espandendo, ma questa espansione sta addirittura accelerando: la costante cosmologica è stata quindi re-introdotta, sempre indicata con la lettera greca Λ (Lambda) e re-interpretata come effetto dell’energia oscura.
Il modello standard della cosmologia moderna viene quindi chiamato ΛCDM (Lambda Cold Dark Matter), e spiega la natura del cosmo su larga scala al prezzo di introdurre due componenti “oscure”: l’energia oscura e la materia oscura. Il modello ΛCDM si è dimostrato estremamente efficace nello spiegare numerosi dati osservativi, ma la costante cosmologica, in particolare, resta una soluzione poco convincente, anche perché il valore attribuitogli dalle osservazioni risulta radicalmente differente da quello previsto dalla fisica delle particelle. La nuova ricerca del gruppo guidato dal professor Andrea Lapi parte da una coincidenza intrigante: l’accelerazione dell’Universo inizia con un certo sincronismo rispetto alla formazione della ragnatela cosmica, la struttura su larga scala dell’Universo, composta da filamenti di materia che circondano enormi spazi vuoti. La ragnatela si forma a causa della gravità, che attira la materia verso le aree più dense, e lascia vuote altre zone, creando un Universo disomogeneo e anisotropo. Secondo il modello proposto nella nuova pubblicazione, chiamato ηCDM, sono proprio queste disomogeneità e anisotropie, a influenza dinamicamente l’espansione dell’Universo. La chiave del modello sta nel “rumore”, indicato con la lettera η: in questo approccio innovativo ogni regione dell’Universo evolve con la sua complessa dinamica gravitazionale, che è descritta matematicamente tramite un rumore appropriato. L’effetto sul comportamento complessivo dell’Universo si ottiene mediando assieme quello di tutte le differenti regioni. Con questo piccolo rumore aggiunto, il modello riesce a spiegare l’espansione accelerata dell’Universo grazie alla progressiva dominanza dei vuoti rispetto alle regioni più dense della ragnatela cosmica.
Come spiega lo stesso Lapi, “nonostante l’idea generale che la formazione delle strutture possa avere alcuni effetti sulla dinamica cosmica nel suo complesso sia stata precedentemente considerata in letteratura, la novità del nostro lavoro risiede nell’approccio basato su una dinamica stocastica. Infatti, il termine di ‘rumore’ che abbiamo introdotto può anche descrivere effetti non perturbativi dovuti alle condizioni inomogenee e anisotrope associate all’ emergere della rete
cosmica e della struttura su grande scala”. Il nuovo modello ηCDM risolve anche due misteri addizionali, finora inspiegati dal modello standard. Scompare infatti la tensione di Hubble, cioè la discrepanza tra le stime del tasso di espansione dell’Universo quando misurato su scala locale rispetto a quello ottenuto nell’ Universo primordiale grazie alle misurazioni del Fondo Cosmico a Microonde (CMB).
Inoltre, viene risolto anche il problema della cosiddetta “coincidenza cosmica”, cioè la sorprendente osservazione che, proprio in questa era dell’Universo, le densità di energia oscura e materia sono simili. Coincidenza particolare perché, il modello standard prevede che, nel corso della storia cosmica, la densità della materia diminuisca radicalmente con l’espansione dell’Universo, mentre la densità dell’energia oscura rimanga circa costante. Che le nostre osservazioni cadano proprio in questo breve periodo rispetto alla lunghissima storia dell’Universo sembra statisticamente improbabile. Il modello ηCDM risolve la coincidenza, poiché prevede invece che l’Universo avrà valori cosmologici simili a quelli attuali molto a lungo, forse per sempre, dissolvendo questa anomalia.
“Speriamo – conclude Lapi – che il modello ηCDM, esteso in un contesto di relatività generale completa, possa infine fornire una spiegazione teoricamente solida dell’accelerazione cosmica, senza invocare forme esotiche di energia o ricorrere a revisioni sostanziali della teoria della gravità di Einstein (che fino ad ora è rimasta insuperata dalle osservazioni)”.