Il telescopio spaziale James Webb ha recentemente fornito preziose informazioni sulla limitata formazione stellare nella regione più oscura e enigmatica della Via Lattea, nota come “The Brick” o “Il Mattone”. Attraverso la sua capacità di scrutare l’universo in infrarossi, il telescopio ha rivelato che la causa principale di questo fenomeno è la temperatura elevata della turbolenta nube di gas in questa regione, nonostante la presenza sorprendente di monossido di carbonio ghiacciato. Il risultato di questa osservazione, pubblicato su The Astrophysical Journal, proviene da uno studio condotto da un gruppo di ricerca guidato dall’astronomo Adam Ginsburg dell’Università della Florida.
Il “cuore” oscuro della Via Lattea è da tempo oggetto di studio approfondito a causa della sua densa nube di gas, che teoricamente dovrebbe favorire la formazione di nuove stelle. Tuttavia, le nuove rivelazioni del telescopio James Webb smentiscono questa aspettativa, mostrando che nonostante la presenza abbondante di monossido di carbonio ghiacciato, la temperatura della nube è eccessivamente alta per consentire la creazione di nuove stelle.
L’analisi condotta dalle agenzie spaziali europea (ESA), statunitense (NASA) e canadese (CSA) ha rivelato una quantità inaspettatamente elevata di monossido di carbonio ghiacciato all’interno di “The Brick“. Nonostante ciò, la temperatura del gas nella nube rimane troppo elevata per favorire il processo di formazione stellare. Queste nuove scoperte sfidano le attuali conoscenze sulla presenza di monossido di carbonio al centro della Via Lattea e sul rapporto critico tra gas e polveri, entrambi risultati inferiori alle ipotesi precedenti.
Adam Ginsburg, commentando i risultati, sottolinea l’importanza di questa nuova prospettiva offerta dal telescopio James Webb, che consente di studiare le molecole allo stato solido (ghiaccio) anziché limitarsi all’osservazione dei gas. Questo nuovo approccio fornisce una visione più completa sulla distribuzione e sul trasporto delle molecole nella regione, rappresentando un progresso significativo nella comprensione dell’origine delle molecole che costituiscono l’ambiente cosmico circostante. Considerando inoltre che polveri e ghiaccio possono combinarsi per formare pianeti e comete, questo studio potrebbe contribuire a un avanzamento ulteriore nella nostra conoscenza dell’origine del nostro universo.