Temperature e CO2: prima l’uovo o la gallina? Una ricerca smonta la teoria sul ruolo delle emissioni umane

Le analisi di una recente ricerca scientifica suggeriscono che “è l'aumento della temperatura che ha causato l'aumento della concentrazione di CO2” e non viceversa
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La British Royal Society riporta le analisi di una ricerca scientifica, confluite poi in un paper degli stessi autori pubblicato di recente, che concludono che “è l’aumento della temperatura che ha causato l’aumento della concentrazione di CO2” e che “altri fattori, come l’attività solare (misurata dal numero di macchie solari), così come i meccanismi interni a lungo raggio dei complessi sistemi climatici, dovevano svolgere il loro ruolo”, come proposto nel 2020 da Koutsoyiannis e Kundzewicz. “L’interesse scientifico e più ampio per la relazione tra la temperatura atmosferica (T) e la concentrazione di anidride carbonica (CO2) è stato enorme. Secondo il nesso di causalità comunemente assunto, l’aumento di CO2 provoca un aumento della temperatura. Tuttavia, recenti sviluppi mettono in dubbio questo presupposto mostrando che questa relazione è del tipo “uovo o gallina”, o anche unidirezionale ma opposta alla direzione comunemente ipotizzata”, si legge nell’abstract dello studio, pubblicato Demetris Koutsoyiannis e Antonis Christofides (Università di Atene), Christian Onof (Imperial College London) e Zbigniew W. Kundzewicz (Poznan University of Life Sciences).

Questi sviluppi includono un quadro teorico avanzato per testare la causalità basato sulla valutazione stocastica di un potenziale collegamento causale tra due processi attraverso la nozione di funzione di risposta all’impulso. Utilizzando, da un lato, questo quadro e ampliandolo ulteriormente e, dall’altro, le serie temporali moderne più lunghe disponibili di temperatura e CO2 medi a livello globale”, gli autori dello studio hanno “fatto luce sulla potenziale causalità tra questi due processi”. “Tutte le prove risultanti dalle analisi suggeriscono un collegamento unidirezionale, potenzialmente causale, con la temperatura come causa e la CO2 come effetto”, affermano i ricercatori. “Questo collegamento non è rappresentato nei modelli climatici, i cui risultati vengono esaminati anche utilizzando lo stesso quadro, risultando in un collegamento opposto a quello trovato quando vengono utilizzate le misurazioni reali”, evidenziano gli autori nell’abstract.

Le basi dello studio

Nel 2020, gli stessi autori Demetris Koutsoyiannis e Zbigniew W. Kundzewicz hanno condotto uno studio che esamina i dati provenienti dalle misurazioni della temperatura e della concentrazione atmosferica di anidride carbonica, mettendo in discussione la teoria convenzionale secondo cui l’aumento di CO2 provoca un aumento della temperatura. Lo studio ha esaminato se la catena causale comunemente assunta sia supportata da dati o, in alternativa, se una relazione causale “uovo o gallina” sia più plausibile. Gli autori hanno esaminato la relazione tra la temperatura globale e la concentrazione di anidride carbonica atmosferica in fasi temporali mensili, coprendo l’intervallo di tempo 1980-2019 durante il quale sono disponibili misurazioni strumentali affidabili. “Sebbene esistano entrambe le direzioni di causalità, i risultati del nostro studio supportano l’ipotesi che la direzione dominante sia T → CO2. Le variazioni di CO2 seguono le variazioni di temperatura di circa sei mesi su scala mensile, o di circa un anno su scala annuale”, hanno concluso Koutsoyiannis e Kundzewicz nello studio del 2020.

In un successivo studio in due articoli del 2022 (qui e qui), Koutsoyiannis et al. hanno sviluppato un quadro teorico più completo rivisitando la causalità sull’intero albero della conoscenza. In breve, le relative analisi “suggeriscono un sistema potenzialmente causale (monodirezionale) con la temperatura come causa e la CO2 come effetto. Pertanto la percezione comune secondo cui l’aumento della CO2 provoca un aumento della temperatura può essere esclusa poiché viola la condizione necessaria per questa direzione di causalità. In altre parole, è l’aumento della temperatura che ha causato un aumento della concentrazione di CO2. Sebbene questa conclusione possa sembrare a prima vista controintuitiva, perché contraddice la percezione comune, in realtà è ragionevole. L’aumento della temperatura iniziò alla fine del Piccolo Periodo Glaciale, all’inizio del XIX secolo, quando le emissioni umane di CO2 erano trascurabili”.

Il nuovo studio

Ritornando allo studio del 2023, gli autori sostengono che “nel complesso, la nozione stocastica di sistema causale, basata sul concetto di funzione di risposta all’impulso, si è rivelata molto efficace nello studio di impegnativi problemi di causalità. Una caratteristica cruciale della nostra metodologia è l’uso diretto dei dati di per sé, in contrasto con altre metodologie che si basano su stime incerte delle funzioni di autocorrelazione o sullo strumento più incerto dello spettro di potenza”. Gli autori riassumono così i risultati delle loro analisi:

  • “Tutte le evidenze risultanti dalle analisi delle serie temporali moderne più lunghe disponibili della concentrazione atmosferica di CO2 a Mauna Loa, Hawaii, insieme a quella della temperatura media globale, suggeriscono un collegamento unidirezionale, potenzialmente causale, con la temperatura come causa e la CO2 come effetto. Questa direzione di causalità vale per l’intero periodo coperto dalle osservazioni (più di 60 anni).
  • La stagionalità, come riflessa nelle diverse fasi delle serie temporali della CO2 a diverse latitudini, non gioca alcun ruolo nella potenziale causalità, come confermato sostituendo le serie temporali della CO2 di Mauna Loa con quelle del Polo Sud.
  • Il potenziale nesso causale unidirezionale 𝑇 → ln CO2 si applica a tutti gli intervalli temporali risolti dai dati disponibili, da quelli mensili a circa due decenni.
  • La metodologia proposta è semplice, flessibile ed efficace nel chiarire i casi in cui il tipo di causalità, “uovo o gallina” o unidirezionale, non è del tutto chiaro.
  • Inoltre, la metodologia definisce un tipo di analisi dei dati che, indipendentemente dal rilevamento della causalità di per sé, valuta le prestazioni del modello confrontando i dati osservativi con i risultati del modello. In particolare, l’analisi dei risultati dei modelli climatici rivela una falsa rappresentazione del nesso causale da parte di questi modelli, che suggerisce una direzione di causalità opposta a quella riscontrata quando vengono utilizzate le misurazioni reali.
  • Sebbene alcuni dei risultati di questo studio sembrino controintuitivi o contrari alle opinioni tradizionali, sono logicamente e computazionalmente supportati da argomentazioni e calcoli”.

​“L’ipotesi tradizionale della direzione di causalità CO2 → T costituisce una narrazione avvincente, poiché tutto viene attribuito a un’unica causa, le emissioni umane di CO2. In effetti, questa è stata la narrazione popolare per decenni. Tuttavia, popolarità non significa necessariamente correttezza, e qui abbiamo fornito forti argomentazioni contro questo assunto”, affermano gli autori dello studio. “Poiché abbiamo identificato la temperatura atmosferica come causa e la concentrazione atmosferica di CO2 come effetto, si potrebbe essere tentati di porsi la domanda: qual è la causa del moderno aumento della temperatura? Apparentemente a questa domanda è molto più difficile rispondere, poiché non possiamo più attribuire tutto a un singolo agente”, spiegano i ricercatori. “Non pretendiamo di avere la risposta a questa domanda, il cui studio va ben oltre lo scopo dell’articolo. Né crediamo che la teoria climatica tradizionale, che si concentra sulle emissioni umane di CO2 come causa principale e considera tutto il resto come un feedback della singola causa principale, possa spiegare cosa è successo sulla Terra in 4,5 miliardi di anni di cambiamenti climatici, affermano gli scienziati, che forniscono alcune indicazioni su questo punto:

  • La dipendenza del ciclo del carbonio dalla temperatura è piuttosto forte e in effetti possono verificarsi notevoli aumenti di CO2 a seguito dell’aumento della temperatura. In altre parole, mostriamo che i cambiamenti naturali di CO2 dovuti all’aumento della temperatura sono molto maggiori (di un fattore >3) rispetto alle emissioni umane.
  • Esistono processi come l’albedo terrestre (che sta cambiando nel tempo come qualsiasi altra caratteristica del sistema climatico), El Niño-Southern Oscillation (ENSO) e il contenuto di calore dell’oceano nello strato superiore (rappresentato dalla temperatura media verticale nello strato 0–100 metri), che sono potenziali cause dell’aumento di temperatura, a differenza di quanto osservato per la CO2, le loro variazioni precedono quelle della temperatura.
  • Su una scala temporale ampia, l’analisi dei dati paleoclimatici supporta la prevalenza della direzione causale T → CO2, anche se permangono alcune controversie su questo tema”.

Altri fattori che influenzano il clima della Terra

Per quanto riguarda il ciclo del carbonio, sono coinvolti diversi processi fisici, chimici, biochimici e umani. Le emissioni umane di CO2 dovute alla combustione di combustibili fossili sono notevolmente aumentate dall’inizio dell’era industriale. Tuttavia, l’aumento della temperatura globale è iniziato dopo il Piccolo Periodo Glaciale, in un periodo in cui le emissioni umane di CO2 erano molto basse. Anche il degassamento del mare viene talvolta evidenziato in letteratura tra i meccanismi legati al clima. D’altro canto, il ruolo della biosfera e delle reazioni biochimiche è spesso sottovalutato, così come l’esistenza di interazioni e feedback complessi”, spiegano gli autori dello studio. “Tale ruolo può essere sintetizzato nei seguenti punti:

  • La respirazione e il decadimento terrestre e marittimo sono responsabili della stragrande maggioranza delle emissioni di CO2.
  • Nel complesso, i processi naturali della biosfera contribuiscono per il 96% al ciclo globale del carbonio, il resto, il 4%, sono emissioni umane (che in passato erano ancora più basse).
  • La biosfera è più produttiva a temperature più elevate, poiché la velocità delle reazioni biochimiche aumenta con la temperatura, il che porta ad un aumento delle emissioni naturali di CO2.
  • Inoltre, una maggiore concentrazione di CO2 nell’atmosfera rende la biosfera più produttiva attraverso il cosiddetto effetto di fertilizzazione del carbonio, con conseguente inverdimento della Terra, cioè un’amplificazione del ciclo del carbonio, al quale anche gli esseri umani contribuiscono attraverso le colture e la gestione dell’uso del territorio”.

“Oltre alla biosfera” – evidenziano ancora gli autori dello studio – “ci sono altri fattori che influenzano il clima della Terra in modo periodico e non periodico. I parametri orbitali della rivoluzione terrestre cambiano quasi ciclicamente su una scala multimillenaria e cambiamenti nella geometria dell’orbita influenzano la quantità di insolazione. I fattori non periodici della variabilità climatica della Terra includono eruzioni vulcaniche e collisioni con grandi oggetti extraterrestri, ad esempio gli asteroidi. Un importante fattore climatico è l’acqua nelle sue tre fasi. Un altro fattore evidente è l’attività solare (compresi i cicli solari) e l’equilibrio della radiazione solare sulla Terra”.

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