L’umanità è attratta dall’idea di altri pianeti abitati da altre forme di vita intelligente, più di quanto la scienza abbia storicamente sostenuto. È quanto sottolinea un nuovo articolo apparso nel numero di dicembre dell’International Journal of Astrobiology (Cambridge University Press), di Christopher M. Graney, studioso associato e storico della scienza presso la Specola Vaticana. L’articolo, “The Challenging History of Other Earths”, si concentra sulle opere di vari scrittori, da Johannes Kepler all’inizio del XVII secolo ad Agnes Mary Clerke alla fine del XIX. Entrambi hanno usato la scienza per sfidare l’idea, derivata da Nicolò Copernico e Giordano Bruno, che vi siano altri pianeti come la nostra Terra e altre stelle come il nostro Sole.
Graney sostiene che la tesi scientifica a favore di una pluralità di terre non è mai diventata forte, nonostante la duratura popolarità dell’idea. E suggerisce che è necessario da parte degli astronomi “comunicare la moderna comprensione di un universo diversificato a un pubblico da tempo abituato a pensare a un universo di ‘Star Wars’ ricco di mondi come la Terra; la storia illustra quanto l’attrazione esercitata dall’idea di altri pianeti come la Terra vada oltre la scienza”.
Concorda Fratel Guy Consolmagno, gesuita, Direttore della Specola Vaticana e membro del comitato consultivo scientifico dell’Istituto Seti: “troppo spesso le nostre idee immaginarie di altri mondi sono solo versioni più grandi o più estreme di ciò che abbiamo già scoperto sulla Terra. La vera sfida è essere pronti ad accettare un universo molto più strano rispetto a quello a cui siamo abituati. Solo allora potremo renderci conto di quale meravigliosa creazione si tratti”.