Il 27 gennaio 1967, alcuni giorni prima del previsto lancio della missione Apollo 1, gli astronauti Gus Grissom, Edward White e Roger Chaffee si trovavano a bordo del Modulo di Comando/Servizio (CSM) dell’Apollo 1, al John F. Kennedy Space Center in Florida, per un test di pressurizzazione. Un incendio scoppiò improvvisamente nella cabina di comando. Il fuoco si diffuse rapidamente a causa dell’atmosfera altamente combustibile di ossigeno puro, presente a una pressione di 3,5 atmosfere.
Gli astronauti cercarono di spegnere l’incendio utilizzando gli estintori a bordo, ma senza successo. Il fumo denso e le alte temperature li resero presto inabili a muoversi. I tecnici di terra, che assistevano al test da una postazione esterna, tentarono di aprire il portellone del CSM, ma non riuscirono a farlo a causa del calore e del fumo. Dopo circa 5 minuti, il fuoco divampò così violentemente che il CSM fu avvolto dalle fiamme. Gli astronauti, intrappolati all’interno, morirono per asfissia. I corpi carbonizzati furono recuperati dalle fiamme solo il giorno successivo.
Apollo 1, una tragedia senza precedenti
L’incendio dell’Apollo 1 fu una tragedia senza precedenti per la NASA. Fu il primo incidente mortale nella storia dei voli spaziali americani. L’inchiesta, condotta dalla NASA, stabilì che la causa dell’incendio fu un cortocircuito elettrico. Il fuoco si diffuse rapidamente a causa dell’atmosfera di ossigeno puro, che contribuì anche a rendere più difficile l’apertura del portellone del CSM.
L’incidente ebbe un profondo impatto sulla NASA e sul programma spaziale americano. La tragedia spinse l’agenzia spaziale a rivedere e migliorare i protocolli di sicurezza dei voli spaziali.