In che tipo di vuoto si trova il nostro universo? Secondo la fisica moderna, l’universo è il risultato dell’interazione tra particelle e campi – tra cui, per esempio, quello elettromagnetico – e potrebbe trovarsi in una configurazione di equilibrio detta di falso vuoto, ovvero uno stato solo in parte “stabile”, caratterizzato da un livello di energia che non corrisponde al minimo assoluto possibile. Questo permette, in linea teorica, la transizione verso livelli di energia più bassi, a causa di fluttuazioni di energia di origine quantistica o termica che porterebbero a “decadere” nello stato veramente stabile a energia minore, detto di vero vuoto.
Questo processo può avvenire su scale di tempo molto diverse tra loro a seconda dei parametri del sistema, e prevede la formazione di “bolle” di vero vuoto all’interno del falso vuoto, in modo del tutto analogo alla formazione di gocce di liquido in un vapore raffreddato sotto il punto di condensazione.
Il fenomeno ha implicazioni molto importanti sui processi cosmologici: per questo la comunità scientifica ha continuato a indagare e a domandarsi in che tipo di vuoto si trovi il nostro universo, sviluppando teorie sofisticate e provando ad immaginare quali piattaforme sperimentali potessero confermare i vari modelli teorici, non potendo accedere direttamente ai processi che hanno avuto luogo subito dopo il Big Bang.
Oggi, nei laboratori del Pitaevskii Center for Bose-Einstein Condensation di Trento, sono stati osservati per la prima volta dei fenomeni che possono far luce sui meccanismi che determinano la stabilità del nostro universo. Lo studio,il cui primo autore è Alessandro Zenesini (Pitaevskii BEC Center, Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche e Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento, Tifpa Trento Institute for Fundamental Physics and Applications, INFN), è pubblicato sull’ultimo numero della rivista Nature Physics.
I ricercatori hanno preparato una “nuvola” di atomi ultrafreddi di sodio in uno stato iniziale che simula uno stato di falso vuoto. Al variare dei parametri sperimentali, hanno poi studiato dopo quanto tempo gli atomi cambiavano configurazione raggiungendo lo stato di vero vuoto. Oltre a verificare che il comportamento degli atomi fosse compatibile con le simulazioni numeriche del sistema, gli autori hanno unito le loro forze con il gruppo teorico di Ian Moss, cosmologo dell’Università di Newcastle, che ha anche collaborato con Stephen Hawking, per verificare che le più accreditate teorie di decadimento del falso vuoto fossero compatibili con le osservazioni sperimentali.
“Gli atomi ultrafreddi si confermano una volta ancora come una piattaforma ideale per la simulazione quantistica sia dell’estremamente piccolo che dell’estremamente grande: in questo caso abbiamo usato le proprietà magnetiche degli atomi per creare artificialmente un vero e un falso vuoto in un ambiente sperimentale estremamente stabile e controllato. Questo controllo del condensato ci ha permesso di studiare il decadimento del falso vuoto in diverse condizioni sperimentali e confrontare le osservazioni con le previsioni teoriche”, spiega Alessandro Zenesini, ricercatore di Cnr-Ino che ha lavorato allo studio assieme a Giacomo Lamporesi e Alessio Recati dello stesso Istituto.
La verifica sperimentale assume particolare rilevanza in quanto supera le conoscenze teoriche sviluppate ad oggi: “Le teorie di decadimento di falso vuoto sono state teorizzate cinquant’anni fa e quasi unicamente avendo in mente processi tipici delle alte energie, della fisica sub-nucleare e della cosmologia“, aggiunge Gabriele Ferrari (UniTrento). “I risultati ottenuti rappresentano, quindi, un primo passo verso la validazione di teorie finora astratte, e avviano nuovi filoni di ricerca sperimentale sui vari aspetti della formazione della bolla di vero vuoto e del suo comportamento, con implicazioni anche nel campo della biochimica e della computazione quantistica”.
Questa ricerca è stata finanziata da Provincia Autonoma di Trento, INFN, MUR, Quantum Science and Technology a Trento(Q@TN), UK Quantum Technologies programme e dall’Unione Europea.