Il buco dell’ozono 2023 sull’Antartide si è chiuso il 20 dicembre, diventando la settima chiusura più tardiva osservata, secondo i dati del Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS). Le temperature della stratosfera polare dell’emisfero australe sono aumentate come previsto dal CAMS e i venti si sono ridotti, portando a una rottura del vortice polare, consentendo allo strato di ozono nell’area di ripristinarsi.
Il buco dell’ozono del 2023 ha attirato molto rapidamente l’attenzione degli esperti con un inizio anticipato, portando, a metà settembre, a uno dei buchi dell’ozono più grandi osservati. Successivamente, l’area del buco dell’ozono si è ridotta significativamente fino a rientrare più o meno nella media, ma è stata insolitamente persistente durante il mese di novembre, rimanendo su 14,2 milioni di km2 fino all’inizio di dicembre, diventando il terzo più grande per quel periodo dell’anno nelle registrazioni CAMS.
Poi è iniziato il processo di chiusura, con una serie di rimbalzi che hanno ritardato la chiusura definitiva fino al 20 dicembre. Il buco dell’ozono più longevo nei dati CAMS che risalgono al 1979 si è verificato nel 1999 e nel 2020; entrambi durarono fino al 27 dicembre.
Il possibile ruolo dell’eruzione di Tonga
È il quarto anno consecutivo che il buco dell’ozono dell’emisfero meridionale mostra un comportamento peculiare, nonostante il successo globale nel vietare le sostanze che distruggono lo strato di ozono.
I ricercatori suggeriscono che l’eruzione del vulcano Hunga Tonga – Hunga Ha’apai all’inizio del 2022, che ha iniettato enormi quantità di vapore acqueo nella stratosfera, potrebbe aver influenzato l’entità e l’intensità della riduzione dell’ozono nel 2023. Altri esperti spiegano che un periodo di Southern Annular Mode positiva potrebbe aver ritardato il “riscaldamento stratosferico finale” che di solito conclude il buco dell’ozono, rompendo il vortice polare.
La sfida di raccogliere informazioni sulla stratosfera
Anche se la ricerca ha fatto notevoli progressi negli ultimi anni, ci sono ancora lacune nella conoscenza dei precisi processi chimici e dinamici e delle interazioni con altri strati, a causa delle difficoltà nell’ottenere osservazioni in questa remota regione della nostra atmosfera. I ricercatori raccolgono dati da palloni stratosferici e osservazioni satellitari, ma l’analisi può richiedere diversi mesi o anni e alcune interazioni non sono ancora ben comprese, motivo per cui non esiste una risposta inequivocabile ai recenti cambiamenti osservati nel comportamento del buco dell’ozono.
Lo strato di ozono si trova nella stratosfera tra i 15 e i 30km di altitudine e protegge la vita sulla Terra dalle dannose radiazioni ultraviolette. Alla fine degli anni ’70 e all’inizio degli anni ’80 gli scienziati dimostrarono che le sostanze che riducono lo strato di ozono come i clorofluorocarburi (CFC) e gli idrofluorocarburi (HFC) accumulati nella stratosfera stavano causando un assottigliamento stagionale dello strato di ozono dell’emisfero meridionale, vale a dire il buco dell’ozono. Le sostanze che riducono lo strato di ozono sono state bandite dal Protocollo di Montreal nel 1987, ma i gas clorurati e bromurati emessi prima del divieto rimarranno nell’atmosfera per diversi decenni.
Il ciclo del buco dell’ozono
Il buco dell’ozono è il risultato dell’interazione tra le sostanze che riducono lo strato di ozono, la radiazione solare, le nuvole stratosferiche e il freddo estremo e le velocità del vento del vortice polare che mantengono le masse d’aria confinate nella regione polare. Con l’arrivo della primavera australe, nel mese di agosto, l’emisfero australe inizia a ricevere la radiazione solare. Le temperature sono ancora estremamente basse e i venti zonali rimangono elevati nella stratosfera dopo l’inverno australe, favorendo la riduzione dell’ozono tagliando fuori le regioni polari dalla ricezione di masse d’aria ricche di ozono dalle medie latitudini meridionali. Questo è noto come riduzione dinamica dell’ozono.
Il freddo estremo e la presenza di vapore acqueo e aerosol creano nubi stratosferiche polari che, interagendo con specie clorurate e bromurate (agendo come catalizzatori) insieme alla radiazione solare, possono favorire la perdita di ozono. Questa è nota come riduzione chimica.
Tra novembre e dicembre, a seconda degli anni, le temperature stratosferiche meridionali aumentano, rompendo il vortice polare e arrestando la riduzione dell’ozono, “chiudendo” così il buco dell’ozono.