Pochi giorni fa su bioRxiv sono stati pubblicati i risultati di una nuova clamorosa sperimentazione scientifica condotta da un team di ricercatori cinesi del Centro di innovazione avanzata di Pechino e dell’Università di Pechino e del (Lai Wei, Shuiqing Liu, Shanshan Lu, Shengdong Luo, Xiaoping An, Huahao Fan, Weiwei Chen, Erguang Li, Yigang Tong e Lihua Song). Gli scienziati, infatti, hanno realizzato in laboratorio una nuova variante del SARS-CoV-2 denominata GX_P2V, sulla base di quella scoperta nei pangolini nel 2017, e l’hanno testata infettando topi “umanizzati” (cioè modificati geneticamente con il recettore ACE2 umano), con un risultato terrificante: il tasso di mortalità è stato del 100%. I topi contagiati con la variante creata in laboratorio sono morti tutti entro otto giorni dall’infezione.
Questo studio ha acceso un dibattito tra gli scienziati cinesi, ponendo questioni di sicurezza ed etica delle ricerche scientifiche su agenti patogeni di natura virale. La variante GX_P2V del SARS-CoV-2, infatti, si è dimostrata particolarmente abile ad infettare il cervello, provocando danni così gravi da portare alla morte dei topi contagiati. Prima del decesso e dopo il contagio, i topi hanno evidenziato una serie di sintomi di natura drammatica: una rapida perdita di peso, una postura curva, movimenti particolarmente lenti e un visibile cambiamento negli occhi che sono diventati completamente bianchi un giorno prima del decesso. Si tratta di una sintomatologia che testimonia la virulenza di questo virus artificiale potenzialmente in grado di sterminare l’umanità.
Per rendere l’idea, il SARS-CoV-2 che tra 2020 e 2021 ha paralizzato il mondo aveva un tasso di mortalità inferiore all’1% e la mortalità era nulla per tutte le fasce di popolazione con meno di 50 anni. Per questo motivo la creazione di una variante come GX_P2V che potenzialmente uccide chiunque viene infettato crea enormi preoccupazioni per i rischi di sterminio connessi all’ipotesi in cui questa variante dovesse, per qualsiasi motivo (voluto o casuale) circolare nella popolazione. Francois Balloux dell’University College London’s Genetics Institute ha definito questo esperimento “terribile e scientificamente totalmente inutile. Cosa c’è da imparare infettando con la forza una strana razza di topi umanizzati con un virus casuale? Al contrario, posso benissimo immaginare come qualcosa del genere possa andare storto“, rispondendo a chi riteneva comunque utile l’esperimento per conoscere meglio i meccanismi virali del nuovo Coronavirus.
Gli scienziati che hanno condotto lo studio hanno sottolineato il rischio del loro lavoro, ma per giustificarlo hanno precisato che c’è già e rimane intatto il “rischio di spillover” rispetto alla variante GX_P2V che esiste già in natura nei pangolini, appunto. Eppure secondo gli esperti occidentali, anche questi studi devono avere un freno nella sicurezza: bisognerebbe considerare i rischi connessi e non andare oltre certi limiti. Cosa succederebbe se questa variante finisse in cattive mani, ad esempio nelle disponibilità di gruppi terroristici o di governi senza scrupoli? O ancora, se ci fosse un incidente e casualmente questo virus iniziasse a circolare nella popolazione?
Proprio nei giorni scorsi nuovi documenti hanno rivelato come la Cina aveva già mappato l’intera sequenza genetica della struttura del SARS-CoV-2 a fine 2019, confermando i dubbi dei Paesi occidentali rispetto a quanti pasticci abbia combinato il governo cinese nella gestione della pandemia sottovalutandola e nascondendola al mondo, provocandone poi la sua estensione globale. Ma evidentemente dopo quattro anni e la catastrofe umana, sanitaria, sociale ed economica, in Cina non hanno ancora smesso di scherzare col fuoco…