di Alessandro Martelli (esperto di sistemi antisismici, già direttore ENEA) – Violenti terremoti hanno già devastato il nostro Paese in tutti i mesi dell’anno e pure in quello di febbraio [1]. Infatti, in tale mese, è da ricordare che, di magnitudo maggiore di 6,0, furono gli eventi:
- della Calabria Meridionale del 5÷7 febbraio 1783 (di magnitudo momento massima Mw max = 7,1, con 50.000 vittime – Par. 2) [2÷4];
- del Salento (Puglia) del 20 febbraio 1743 (di magnitudo Richter stimata Ms = 7,0÷7,1, con ≈190 vittime – Par 3);
- della Candelora (Abruzzo) del 2 febbraio 1703 (di magnitudo momento Mw = 6,7, con oltre 6.000 vittime – Par.4) [3, 5÷7];
- di Santa Costanza (Veneto) del 25 febbraio 1695 (di magnitudo momento stimata Mws = 6,5, secondo alcune fonti con quasi 50 vittime, secondo altre con centinaia di vittime – Par. 5) [8];
- di Diano Marina (Liguria) del 23 febbraio 1887 (di magnitudo Richter M = 6,5, con 631÷644 vittime – Par. 6) [9];
- del Mar Ionio Meridionale del 20 febbraio 1818 (di M = 6,3 – Par. 7);
- della Valle del Crati (Calabria) del 12 febbraio 1854 (di M = 6,2 – Par. 7);
- dell’Appennino Lucano Centrale del 1° febbraio 1826 (di M = 6,1 – Par. 7).
Inoltre, sono da ricordare, fra gli eventi di magnitudo inferiore a 6,0, ma che causarono quantomeno gravi danni, quelli (Par. 7) [10]:
- del Subappennino Umbro del 14 febbraio 1838 (di M = 5,7);
- del Mar Ligure del 23 febbraio 1818 (di M = 5,7);
- di Tuscania e Tarquinia (Lazio) del 6 febbraio 1971 (di Mw = 5,6, con 31 vittime).
Il terremoto della Calabria Meridionale del 5 febbraio 1783
Il Terremoto della Calabria Meridionale (o di Reggio e Messina) del 1783, costituisce la peggior catastrofe naturale ad aver colpito l’Italia Meridionale nel XVIII Secolo. Esso interessò l’area dello Stretto di Messina e la Calabria Meridionale e fu caratterizzato da numerose scosse, delle quali 5 violente.
La prima di queste si verificò il 5 febbraio, con epicentro a Polistena, oggi comune della Città Metropolitana di Reggio Calabria. Essa (di Mw = 7,1) fu di intensità stimata della scala Mercalli IMs =XI: si trattò di uno degli eventi sismici noti più violenti che risultano aver colpito l’Italia. Il 6 febbraio, poi, vi fu una seconda scossa, pure alquanto forte (Mw = 5,9), con epicentro a nord di Messina. Tra il 5 ed il 7 febbraio si verificarono ben 949 scosse.
Le due del 5 e del 6 febbraio innescarono due maremoti distruttivi. Quello del 5 febbraio fu caratterizzato da onde che colpirono le coste siciliane tra Messina e Torre Faro e quelle calabresi tra Scilla e Cenidio (Reggio Calabria). Prima le onde si ritirarono, poi investirono le coste tre volte, nell’arco di 10÷15 minuti. Questo primo maremoto causò vaste inondazioni da Capo Vaticano (Vibo Valentia) a nord a Catona (Reggio Calabria) a sud. A Messina, ad esempio, il maremoto distrusse sia il Teatro Marittimo che le banchine del porto.
Il maremoto del 6 febbraio, invece, fu provocato da un’enorme frana (di 500 m di fronte ed alcuni milioni di metri cubi di volume), innescata dal sisma (avvenuto durante la notte), che, distaccatasi dal Monte Pacì, era precipitata in mare. Onde alte h = 8÷10 m investirono le coste attorno allo Stretto di Messina. Si stima che, nella sola Scilla, le vittime di questo maremoto siano state circa 1.500: la popolazione, infatti, impaurita dalle precedenti continue scosse sismiche, si era rifugiata nelle spiagge (in particolare, in quella di Marina Grande) e fu colta totalmente di sorpresa dal maremoto.
Però, lo sciame sismico era tutt’altro che terminato: il 7 febbraio, infatti, vi fu la terza scossa violenta (Mw = 6,7), con epicentro nell’attuale comune di Soriano Calabro, in Provincia di Vibo Valentia, e ad essa seguirono eventi con epicentri che via via si spostarono, in Calabria, verso nord, lungo la dorsale appenninica. I più forti di questi ultimi furono quello che si verificò il 1º marzo (Mw = 5,9), con epicentro nei pressi di Polia (nuovamente in Provincia di Vibo Valentia) e, soprattutto, quello che ebbe luogo il 28 marzo (Mw = 7,0), con epicentro tra i comuni di Borgia e Girifalco (Catanzaro).
I danni causati dagli eventi sismici (Fig. 1) e dai due maremoti suddetti furono enormi, in Calabria dall’istmo di Catanzaro allo Stretto ed in Sicilia nel Messinese: oltre 180 centri abitati furono totalmente (o quasi) distrutti, sia Reggio Calabria che Messina furono rase al suolo (a Messina, ove, il 5 febbraio, il terremoto aveva anche causato uno spaventoso incendio, sopravvisse solo la Cittadella). Le scosse sismiche, inoltre, causarono estesi sconvolgimenti anche dal punto di vista geomorfologico: ad esempio, abbassamenti e spaccature di montagne, modifiche del corso di fiumi e torrenti, nonché formazione di paludi e pure di nuovi laghi (questi, internazionalmente denominati “quake lakes”, furono ben 215).
In totale, tali eventi causarono almeno 30.000 vittime (su 440.000 abitanti) nella Calabria Meridionale e circa 630 nel Messinese (ma si stima che i morti siano stati molti di più, come ho scritto nel Par. 1, fino a 50.000).
Il terremoto del Salento del 20 febbraio 1743
Il terremoto del Salento (o di Nardò, o del Mar Ionio Settentrionale) del 1743 è l’evento più forte ad aver colpito la Puglia Meridionale. Lo sciame sismico era già iniziato nel 1741. L’epicentro della scossa del 20 febbraio fu nel Canale d’Otranto, a circa 50 km dalle coste del Salento, dove si registrarono le maggiori distruzioni e il maggior numero di morti.
Il 20 febbraio, alle 16:30, furono tre le forti scosse (Ms = 7,0÷7,1). Esse furono percepite in un’area vastissima: in tutta la Puglia (dal Peloponneso e dall’Albania fino a Malta) e dall’intera Italia Meridionale (a Napoli, a Matera, a Reggio Calabria ed a Messina) fino al Nord Italia (a Trento, a Milano, a Venezia e ad Udine).
In Puglia risultano esserci state circa 180 vittime, mentre non si hanno dati attendibili in merito al numero di vittime in Grecia (le fonti veneziane parlano di una decina di morti). Nella sola Nardò (dove il sisma fu di intensità IM = IX÷X) le vittime furono circa 150 e subì gravi danni la maggior parte delle chiese e palazzi: rimasero illese solo una trentina di case. Le distruzioni furono gravissime pure a Francavilla Fontana, a Brindisi ed a Leverano e gravi in numerose altre località, in particolare (ma non solo) delle Province di Brindisi e di Lecce, a Taranto, a Galatina, a Manduria, ad Avetrana, ad Oria ed a Sklice Salentino (con il crollo di case, di palazzi e di molte chiese). Lesioni meno gravi furono riscontrate nella stessa Lecce, ad Otranto, a Gallipoli ed in una decina di altri abitati. Al di fuori dell’area salentina, danni notevoli si registrarono tra la Provincia di Bari e la Basilicata Orientale (nella stessa Bari, a Barletta, a Canosa di Puglia, a Corato ed a Matera), nonché a Reggio Calabria, a Messina e nell’isola di Malta. Nell’attuale Grecia, particolarmente colpito fu la città di Amaxichi, situata nell’isola Ionia allora appartenente alla Repubblica di Venezia e denominata Santa Maura (oggi Leucade) e danni si riscontrarono pure nell’isola di Corfù (a Kérchira) e nelle località adiacenti della costa greca occidentale (e dell’entroterra), allora parte dell’Impero Ottomano (in particolare a Preves, ad Arta, a Giannina, a Vonitsa ed a Xiromero). Danni significativi vi furono anche in Albania e nell’Isola di Malta (nella stessa Malta ed a Gozo).
Si ritiene che al terremoto sia seguito un maremoto, ma di questo ci sono solo riscontri indiretti: è documentato un brusco abbassamento del livello del mare nel porto di Brindisi, subito dopo il sisma, lungo la costa a sud di Otranto sono stati rilevati il distacco dalla riva di grossi blocchi rocciosi ed il loro trasporto a diversi metri di distanza verso l’interno (Fig. 2). Si ipotizza che esso sia stato effettuato da almeno due onde di maremoto di almeno h = 11 m di altezza lungo la costa immediatamente prospiciente l’epicentro (mentre l’altezza delle onde sarebbe stata limitata ad h = 1,5 m in corrispondenza della fascia a nord di Brindisi). Gli effetti dell’ipotizzato maremoto furono tuttavia limitati, sia perché la costa interessata direttamente dal fenomeno (quella compresa tra Brindisi e Santa Maria di Leuca) all’epoca era quasi completamente disabitata, sia perché essa è prevalentemente costituita da falesie, che avrebbero determinato un’inondazione della una fascia litoranea molto ristretta.
Notevoli furono anche i danni di carattere ambientale causati sia dal terremoto che dal maremoto (variazioni idrologiche, frane, liquefazioni e fratture nel terreno).
Il terremoto della Candelora del 2 febbraio 1703
Il 2 febbraio è l’anniversario del sisma della Candelora (o de L’Aquila) del 1703, che distrusse quasi completamente il capoluogo abruzzese, e che causò gravissimi danni in tutta la sua Provincia (Fig. 3). Tale evento, con epicentro tra Cagnano Amiterno e Montereale (a circa 20 km a nord-ovest del capoluogo), si verificò alle 11:05 del mattino e fu di Mws = 6,7 ed IM = X. Ebbe origine nella faglia del Monte Marine (localizzata tra Barete, Pizzoli e Arischia); le onde sismiche, di caratteristiche prevalentemente ondulatorie, si propagarono nella direttrice sud-est. Data la sua magnitudo, il sisma fu 5 volte più violento di quello dell’Abruzzo del 2009 (Mw = 6,3) [1,11,12] e fu quello conosciuto più devastante ad aver colpito l’Aquilano.
Ricordo che il 2 febbraio è il giorno dedicato alla purificazione di Maria (rito della Candelora): pertanto, quella mattina, molti fedeli erano radunati nelle chiese. In particolare, secondo le fonti, 800 persone si trovavano nella Chiesa di San Domenico, per la comunione generale: il terremoto provocò il crollo delle capriate del tetto di tale chiesa, uccidendo, solo lì (si stima), 600 persone.
Il patrimonio storico-artistico de L’Aquila (romanico e rinascimentale) fu quasi tutto quantomeno fortemente danneggiato (soltanto la cinta muraria della città rimase intatta). Solo a L’Aquila morirono 2.500 persone, sugli 8.000÷10.000 abitanti di allora, ma, come si è detto nel Par. 1, il numero totale di vittime causato dal sisma (contando quelle delle città vicine) fu di oltre 6.000. Assieme a L’Aquila, i centri più colpiti furono Arischia (con 340÷400 vittime), Barete, Pizzoli, Scoppito, Cittareale, Leonessa, Posta, Paganica e San Pelino di Cagnano Amiterno. Il terremoto fu avvertito da Venezia a Napoli. A Roma scoppiò il panico e si verificarono crolli (ad esempio quello di due arcate del secondo recinto del Colosseo) e altri forti danni (ad esempio al Palazzo del Quirinale ed alle Basiliche di San Lorenzo e San Pietro in Vaticano).
Lo sciame sismico era probabilmente cominciato già all’inizio del 1702. II 14 gennaio 1703 si era già verificata una violentissima scossa, di Mws = 6,8 ed IM = XI, con epicentro a Cittareale (nella parte settentrionale dell’Abruzzo Ulteriore): quest’evento aveva devastato una vasta area, tra i Monti Sibillini, quelli Reatini e quelli dell’Alto Aterno, causando 1.400 vittime (su poco meno di 11.000 abitanti) solo nel Norcino e 1.600 solo nella provincia aquilana. Il 16 gennaio, poi, si era verificata (con epicentro non localizzato) un’ulteriore violenta scossa, di M = 6,2 ed IM = VIII, che aveva provocato nuovi crolli, pure a L’Aquila. Alla scossa del 2 febbraio 1703, poi, seguirono, fino al 26 febbraio, 160 forti repliche.
Il terremoto di Santa Costanza del 25 febbraio 1695
Il terremoto di Santa Costanza, di Mws = 6,5 ed IM = X, che colpì l’Asolano (nella Provincia di Treviso, Fig. 4) il 25 febbraio 1695, fu (fra gli eventi distruttivi su cui si hanno informazioni che hanno devastato il Veneto) secondo, per violenza, solo al terremoto di Verona del 3 gennaio 1117 (di Mws = 6,8) [1,13,14]. Fu l’ultimo evento violento a colpire la Provincia di Treviso ed il penultimo a verificarsi in Veneto (l’ultimo fu il terremoto della Provincia di Belluno del 29 giugno 1873, di Mw = 6,3 [1]).
Il terremoto del 25 febbraio 1695 (che prende il nome della Santa ricordata quel giorno) si verificò verso le 6:30 del mattino. Fu avvertito in un’area molto vasta dell’Italia Settentrionale e nell’intera Pianura Padana: fino all’Emilia-Romagna (a Carpi, a Cento ed a Bologna) e fino alla Lombardia (da Mantova, da Ostiglia e da Bozzolo fino a Lodi ed a Milano). Provocò le devastazioni peggiori ad Asolo e negli abitati ai piedi del Massiccio del Grappa, sulle due rive del fiume Piave (come Alano di Piave e Segusino), che furono quasi totalmente distrutti: più di 1.400 case crollarono e più di 1.200 di esse risultarono inabitabili. Come ho scritto nel Par. 1, sul numero di vittime non si hanno dati certi: in ogni caso, esse furono almeno quasi 50 (ma, forse, molte di più).
Quasi altrettanto gravi, però, furono i danni che si ebbero nelle Prealpi bellunesi (a Castelcucco, a Possagno ed a Cavaso del Tomba) e nella parte settentrionale della Pianura Veneta (ad Altivole ed a Caselle) ed abbastanza gravi pure a Valdobbiadene, a Conegliano, a Sacile ed a Treviso. Il terremoto provocò, poi, danni anche a Verona (di una certa entità) e (sebbene piccoli) a Padova, a Vicenza, a Verona, a Soave, a Desenzano del Garda, a Rovigo e persino a Ferrara.
Il terremoto di Diano Marina del 23 febbraio 1887
Dato che, nell’Italia Settentrionale, sono in molti ad illudersi che il rischio sismico sia un problema solo del Sud del nostro Paese, essendosi dimenticati pure di eventi relativamente recenti che hanno colpito il Nord, come i terremoti del Friuli di maggio e settembre 1976 (di Mwmax = 6,5) [1,14] ed i due dell’Emilia di maggio 2012 (Mw = 6,1 e 5,9) [1,15], per non parlare dell’evento più antico, ben più devastante, cioè il terremoto di Verona del 1117 (Mws = 6,8) [1,13], figuriamoci quanti ricordano il pur violento terremoto di Diano Marina (detto anche della Liguria) del 23 febbraio 1887 (IM = X). Si è stimato che le scosse più violente (tre, a partire da poco dopo le 6:20 del mattino) abbiano avuto (come ho scritto nel Par. 1) Mwmax = 6,5, epicentro (secondo alcuni) in mare, al largo di Imperia (ma secondo altri sulla costa), ed ipocentro a 15 ÷ 30 km di profondità.
Il terremoto (avvertito in tutta l’Italia Settentrionale, nella Francia Centro-Meridionale e persino in Svizzera e nel Tirolo) interessò la Liguria Occidentale. I comuni nella fascia costiera compresa tra Sanremo ed Alassio, che erano i più vicini all’epicentro, subirono danni gravissimi: molti edifici (in particolare, chiese) furono distrutti, a Diano Castello, a Diano Marina, a Bussana, ad Albisola Marina, a Bajardo, a Castellaro, a Ceriana, a Laigueglia, a San Remo ed a Taggia. Subirono danni anche molti altri abitati, fino alla provincia di Genova. È da notare che l’area colpita nel 1887 era già stata interessata, nello stesso secolo, da quattro terremoti significativi [10]: dopo di essi, la ricostruzione era stata, in molti casi, approssimativa e ciò contribuì senza dubbio alle vaste distruzioni del 1887.
Delle oltre 600 vittime del terremoto del 1887, ben 220 furono a Bajardo e 190 a Diano Marina. A tali elevati numeri concorse la ricorrenza, il 23 febbraio, della Celebrazione delle Ceneri. Infatti, molti fedeli erano riuniti nelle chiese. A Bajardo, ad esempio, tutte le 220 vittime stavano partecipando alla Celebrazione: spaventate dal sisma, si ammassarono verso l’uscita, dove furono sepolte dal crollo della volta.
Si stima, inoltre, che gli sfollati siano stati circa 20.000. Ai tre eventi principali seguirono 9 scosse di assestamento solo quel 23 febbraio e le repliche (un’ottantina) si protrassero sicuramente fino ad ottobre di quell’anno. Infine, a seguito delle prime scosse, si verificò anche un piccolo maremoto, certamente a causa di una frana sottomarina: le acque si ritirarono di parecchi metri (di 10 m nel porto di Genova) e l’altezza delle onde raggiunse h = 1 m a Genova e h ≈ 2 m sulle coste francesi.
Gli altri terremoti significativi accaduti in febbraio
Circa gli altri terremoti citati nel Par. 1, si nota quanto segue:
- il terremoto del Mar Ionio Meridionale (o del Golfo Catanese) del 1818 (IM = IX÷X) ebbe epicentro a Zafferana Etnea e 29 delle 34 vittime furono uccise dal crollo della Chiesa Madre della cittadina;
- il terremoto della Valle del Crati del 1854 (nuovamente IM = IX÷X) causò ben circa 500 vittime, nonostante la sua non elevatissima magnitudo (M = 6,2, come si è anticipato nel Par. 1);
- il terremoto del Subappennino Lucano Centrale del 1826 (ancora una volta IM = IX÷X) colpì gravemente Melfi, Potenza, Tito e Satriano, causando molte vittime (di numero imprecisato);
- il terremoto del Subappennino Umbro del 1838 causò il crollo di molti edifici, nonostante la sua magnitudo sia stata inferiore a 6,0 (M = 5,7, ma IM = IX);
- il terremoto del Mar Ligure del 1818 ebbe epicentro al confine con la Francia e causò danni disastrosi a Sanremo ed a Porto Maurizio e danni gravi ad Alassio ed a Diano Castello, nuovamente nonostante la sua magnitudo inferiore 6,0 (ancora M = 5,7, ma IM = IX);
- infine, il terremoto di Tuscania e Tarquinia del 1971 fu di IM = VIII, nonostante la sua magnitudo nettamente inferiore a 6,0 (Mw = 5,6), e causò 31 vittime.
Conclusioni
Il ricordo dei numerosi terremoti violenti sopra elencati, che devastarono l’Italia in passato nel mese di febbraio (causando sovente gravissimi danni e, soprattutto, tante vittime), dovrebbe bastare a convincere, chi ancora ne dubitasse, che il terremoto costituisce un rischio reale, e periodico, nell’intera Italia e che, quindi, dato che dal 70% all’80% del nostro patrimonio edilizio risulta ancora insicuro da punto di vista sismico, occorre che siano urgentemente attivate corrette politiche di prevenzione sismica [1,16].
Appare evidente, da quanto ho sopra ricordato, che pochissima parte del territorio italiano risulta esente dal rischio sismico (neppure la Sardegna lo è totalmente – si veda la lapide, nella Sagrestia del Duomo di Cagliari, che ricorda il terremoto del 4 giugno 1616, di Mw=4,91) [1]. Come si può anche notare, il numero di vittime causato da un terremoto non è stato e non è solo funzione della magnitudo dell’evento: la pericolosità sismica dipende pure dalle caratteristiche del terreno ove il terremoto si verifica, dalla profondità ipocentrale e, in sintesi, dalla distribuzione dell’energia sismica nel campo delle frequenze. Il rischio sismico, poi, dipende, oltre che dalla pericolosità sismica, anche dalla vulnerabilità sismica del costruito (cioè dalla sua qualità, in termini di resistenza sismica) e dall’esposizione (cioè, per quanto riguarda la salvaguardia della vita umana, dal numero di persone che sono ospitate nelle varie strutture presenti nella zona colpita dal sisma).
Se il terremoto violento avviene in un giorno feriale dobbiamo piangere tante vittime fra i nostri figli e nipoti per il crollo delle loro scuole, se, invece, avviene in un giorno festivo, molti, come ho ricordato, sono coloro che sono uccisi, durante la messa, dal crollo delle chiese.
Ricordo ancora anche che, purtroppo, statisticamente parlando, è già (a mio avviso) da troppo tempo che non si verifica un terremoto violento in Italia (è dai tempi del terremoto di Norcia del 2016 [1,17]) e che è già da troppo, troppo tempo che un evento estremamente violento non si verifica nell’Italia Meridionale (è dai tempi del terremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908 [1,18,19]).
Chiedo, quindi, nuovamente, per cercare di ridurre il numero di vittime che saranno provocate dai prossimi, inevitabili, violenti terremoti, di aiutarmi a convincere i nostri governanti ad adottare urgentemente corrette politiche di prevenzione sismica (oltre che degli altri rischi naturali), politiche che prevedano anche un uso, molto più vasto di quello attuale, dell’isolamento sismico e delle altre moderne tecnologie antisismiche (di cui, peraltro, disponiamo da decenni) [18,19]. A tal fine, chiedo ai lettori di quest’articolo di firmare (se non lo hanno ancora fatto) e di far firmare ad altri la petizione «Che si inizino finalmente ad attuare serie politiche di prevenzione dai rischi naturali!», da me lanciata, su change.org, il 29/11/2020 e che è corredata da numerosi aggiornamenti, molti dei quali vertono sulla prevenzione sismica e citano violenti terremoti avvenuti sia in Italia che in altri Paesi e le moderne tecnologie antisismiche [20].
Il numero di firme a tale petizione sta tuttora crescendo. Oggi è già pari a 1.078, ma quanto più elevato esso sarà, tanto maggiore sarà la probabilità che il Governo, i Governatori Regionali ed i Segretari dei partiti politici (destinatari della petizione) prestino la dovuta attenzione alla petizione.
Riferimenti bibliografici
[1] Alessandro Martelli: «Terremoti, un triste elenco che sollecita l’urgenza della prevenzione», Villaggio Globale, Valenzano (Bari), https://www.vglobale.it/2024/01/20/terremoti-un-triste-elenco-che-sollecita-lurgenza-della-prevenzione/, 20 gennaio 2024.
[2] Alessandro Martelli (a cura di Redazione Meteoweb): «I terremoti ed i maremoti della Calabria Meridionale del 1783 – Si stima che siano stati almeno 30 mila i morti causati dallo sciame sismico verificatosi nella Calabria meridionale nel 1783 che ha cambiato per sempre la morfologia del territorio», Meteoweb, Reggio Calabria, https://www.meteoweb.eu/2021/02/i-terremoti-ed-i-maremoti-della-calabria-meridionale-del-1783-foto/1544127/, Reggio Calabria, 6 febbraio 2021.
[3] Alessandro Martelli: «Accadde oggi. “Grande Terremoto” de L’Aquila (1703), due maremoti nella Calabria Meridionale (1783)», Italia Libera, Cagliari, https://italialibera.online/ambiente-territorio/accadde-oggi-grande-terremoto-de-laquila-1703-due-maremoti-nella-calabria-meridionale-1783/, 5 febbraio 2022.
[4] Alessandro Martelli (con intervista ad Alessandro Martelli): «I terremoti ed i maremoti della Calabria Meridionale del 5÷7 febbraio 1783», Ingenio, Galazzano (Repubblica di San Marino), https://www.ingenio-web.it/articoli/i-terremoti-ed-i-maremoti-della-calabria-meridionale-del-5-7-febbraio-1783/, 6 febbraio 2023.
[5] Filomena Fotia (con intervista ad Alessandro Martelli): «L’Aquila e il “Grande Terremoto” del 1703, l’ing. Martelli: “Le scosse violente non sono eventi rari in Italia” – Il 2 febbraio è stato l’anniversario “del sisma del 1703, che distrusse quasi completamente la città de L’Aquila e che causò gravissimi danni in tutta la sua provincia”», Meteoweb, Reggio Calabria, https://www.meteoweb.eu/2021/02/laquila-grande-terremoto-1703-ing-martelli-scosse-violente-non-sono-eventi-rari-italia/1542419/, 3 febbraio 2021.
[6] Alessandro Martelli: «Il “Grande Terremoto” della Candelora, a L’Aquila, del 2 febbraio 1703», Ingenio, Galazzano (Repubblica di San Marino), https://www.ingenio-web.it/articoli/il-grande-terremoto-della-candelora-a-l-aquila-del-2-febbraio-1703/, 2 febbraio 2023.
[7] Alessandro Martelli: «Il “Grande Terremoto” della Candelora, a L’Aquila, del 2 febbraio 1703», Vastoweb.com, Termoli (Campobasso) https://www.vastoweb.com/news/cultura/1114200/il-grande-terremoto-della-candelora-del-2-febbraio-1703-a-laquila, 2 febbraio 2023.
[8] Beatrice Raso (con intervista ad Alessandro Martelli): «Oggi l’anniversario del terremoto di Santa Costanza: nel 1695 una scossa M. 6,5 devastò la provincia di Treviso, “il Nord Italia non è esente dal rischio sismico” – Il 25 febbraio 1695, un terremoto di magnitudo 6.5 colpì Santa Costanza: l’ultimo evento violento a colpire la Provincia di Treviso», Meteoweb, Reggio Calabria, https://www.meteoweb.eu/2021/02/terremoto-santa-costanza-1695-provincia-treviso-nord-italia-rischio-sismico/1555534/, 25 febbraio 2021.
[9] Filomena Fotia (con intervista ad Alessandro Martelli): «Liguria, 134 anni fa il violento terremoto di Diano Marina: “Il rischio sismico non è un problema solo del Sud” – Il terremoto del 23 febbraio 1887 in Liguria fu un evento catastrofico che colpì le province di Imperia, Genova e Savona, ma anche aree al confine con la Francia», Meteoweb, Reggio Calabria, https://www.meteoweb.eu/2021/02/liguria-134-anni-fa-violento-terremoto-diano-marina-rischio-sismico/1554385/, 24 febbraio 2021.
[10] Wikipedia, https://it.wikipedia.org/wiki/Terremoti_in_Italia, Milano.
[11] Beatrice Raso (con intervista ad Alessandro Martelli): «Il terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, Ing. Martelli: “Il 6° sisma più distruttivo del secolo scorso in Italia, 309 vittime e almeno 10.000 edifici danneggiati” – Terremoto all’Aquila del 2009: “La scossa principale del 6 aprile fu preceduta da una serie di eventi sismici, iniziati il 14 dicembre 2008″», https://www.meteoweb.eu/2021/03/terremoto-aquila-2009-ing-martelli-6-sisma-piu-distruttivo-secolo-scorso-italia-vittime-edifici-danneggiati/1608818/», Reggio Calabria, 31 marzo 2021.
[12] Alessandro Martelli: «Quella notte del 6 aprile che devastò L’Aquila. Le vite che potevano essere salvate», Italia Libera, https://italialibera.online/ambiente-territorio/scienza-e-societa/quella-notte-del-6-aprile-che-devasto-laquila-le-vite-che-potevano-essere-salvate/, Cagliari, 6 aprile 2023.
[13] Filomena Fotia (con intervista ad Alessandro Martelli): «Terremoti, 904 anni fa il violento sisma di Verona: “L’evento più forte avvenuto nell’area padana di cui si abbia notizia” – Il terremoto del 1117 fu talmente violento da causare, oltre a 30mila vittime, vastissimi danni non solo a Verona e nei territori limitrofi, ma anche in diversi altri centri dell’Italia settentrionale», https://www.meteoweb.eu/2021/01/terremoti-violento-sisma-verona-evento-piu-forte-avvenuto-area-padana/1529603/, Reggio Calabria, 4 gennaio 2021.
[14] Filomena Fotia (con intervista ad Alessandro Martelli): «Terremoto in Friuli: la nuova “Torre dell’Orologio” del Castello di Gemona protetta da dissipatori sismici – Terremoto in Friuli: a Gemona “i danni furono gravissimi, fu semidistrutto il Castello (inclusa la sua “Torre dell’Orologio”), simbolo della città», https://www.meteoweb.eu/2021/05/terremoto-in-friuli-la-nuova-torre-dellorologio-del-castello-di-gemona/1675168/, Reggio Calabria, 6 maggio 2021.
[15] Alessandro Martelli (a cura di Redazione Meteoweb): «Terremoto dell’Emilia del 2012: il crollo dei capannoni industriali – Nel terremoto che colpì l’Emilia nel maggio del 2012, crollarono molti capannoni industriali e molti altri furono danneggiati: l’Ing. Martelli spiega perché», Meteoweb, https://www.meteoweb.eu/2021/05/terremoto-dellemilia-del-2012-il-crollo-dei-capannoni/1683656/, Reggio Calabria, 19 maggio 2021.
[16] Alessandro Martelli (a cura di Redazione Meteoweb): «Politiche di prevenzione del rischio sismico: prime proposte inoltrate al MIT e al MASE – La prevenzione del rischio sismico nelle scuole, negli ospedali e negli impianti chimici RIR, sia di nuova costruzione che esistenti», Meteoweb, https://www.meteoweb.eu/2023/03/politiche-prevenzione-rischio-sismico-proposte-mit-mase/1001215015/, Reggio Calabria, 14 marzo 2023.
[17] Alessandro Martelli (a cura di Redazione Meteoweb): «Oggi è il settimo anniversario del terremoto di Norcia del 30 ottobre 2016 – Il terremoto di magnitudo M = 6,5 a Norcia del 30 ottobre 2016 fu l’ultimo terremoto violento a colpire l’Italia», Meteoweb » Geo-Vulcanologia, https://www.meteoweb.eu/2023/10/oggi-settimo-anniversario-terremoto-norcia-30-ottobre-2016/1001319346/, Reggio Calabria, 30 ottobre 2023.
[18] Alessandro Martelli (a cura di Redazione Meteoweb): «Dicembre: sono numerosi i terremoti violenti che, in passato, colpirono l’Italia in questo mese, in varie regioni – non vi fu solo quello di Messina e Reggio Calabria del 1908 – Non dimentichiamoci del rischio sismico, che si faccia finalmente una corretta prevenzione, anche grazie ad un uso delle moderne tecnologie antisismiche ben più vasto di quello attuale!», Meteoweb, Geo-Vulcanologia, https://www.meteoweb.eu/2023/12/dicembre-sono-numerosi-i-terremoti-violenti-che-in-passato-colpirono-litalia-in-questo-mese-in-varie-regioni-non-vi-fu-solo-quello-di-messina-e-reggio-calabria-del-1908/1001335773/, Reggio Calabria, 7 dicembre 2023.
[19] Roberta Cortese (con intervista ad Alessandro Martelli): «Il centenario – Geologi e ingegneri a confronto nella “due giorni” svoltasi al Teatro – Non è il terremoto che fa paura ma la cattiva qualità degli edifici – Isolatori sismici e dissipatori di energia: le soluzioni innovative», Gazzetta del Sud, Cronaca di Messina, Messina, 1° febbraio 2009, pag. 39.
[20] Alessandro Martelli: «Che si inizino finalmente ad attuare serie politiche di prevenzione dai rischi naturali!», Petizione on line, Wilmington (Delaware, USA): chang.org, https://www.change.org/p/presidenza-del-consiglio-dei-ministri-governo-italiano-che-si-inizino-finalmente-ad-attuare-serie-politiche-di-prevenzione-dai-rischi-naturali, San Lazzaro di Savena (Bologna), 29 novembre 2020.