L’India punta tutto sul carbone: prevede di raddoppiare la produzione nei prossimi 6 anni

L'India prevede di raddoppiare la propria produzione di energia dal carbone nei prossimi sei anni: una scelta che evidenzia tutte le contraddizioni della transizione "green"
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L’India prevede di raddoppiare la produzione di carbone nei prossimi sei anni: il Paese si trova ad affrontare la sfida di costruire una maggiore capacità energetica per soddisfare la crescente domanda e per questo motivo prevede di raddoppiare la produzione di carbone entro il 2030 e aggiungere 88 gigawatt di centrali termoelettriche entro il 2032. Questa scelta fa molto discutere per quanto riguarda i target della transizione ecologica per la lotta ai cambiamenti climatici.

Mentre i diplomatici sul clima alla COP28 di Dubai discutevano di un accordo per l’abbandono dei combustibili fossili lo scorso dicembre, l’India è preoccupata di garantire alla propria popolazione tutta l’energia necessaria alla sussistenza. Il primo ministro Narendra Modi ha infatti ben chiara la scala di priorità, e quella della lotta al cambiamento climatico non è certo superiore alla necessità di portare decine di milioni di persone fuori dalla povertà inseguendo il sogno dello sviluppo economico e dell’emancipazione sociale. Dall’occidente, qualche osservatore sta criticando questa scelta ma come si può negare ai Paesi poveri la possibilità di svilupparsi (come l’occidente ha fatto nei secoli scorsi), in nome di una fantomatica lotta al cambiamento climatico?

Il governo indiano è preoccupato prima di tutto di evitare blackout e carenza di energia: a fronte di una domanda sempre più rapidamente crescente, è necessario aumentare al produzione. E l’unico modo per farlo è utilizzare i combustibili fossili, che hanno un’efficienza molto superiore alle rinnovabili.

Questa decisione fa riflettere molto sulla bontà delle scelte internazionali sulla transizione energetica: se i due Paesi di gran lunga maggioritari in termini di emissioni come Cina e India non possono aderire, giustamente, ai tagli per garantire un futuro migliore alla loro popolazione, che senso ha che l’Europa paghi le enormi e drammatiche conseguenze sociali delle recenti scelte politiche sulla transizione se comunque non servirà a nulla per raggiungere i target previsti dai vari protocolli (che comunque non è detto servano a risolvere il problema?)?

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