Oceano USA: l’espansione di un milione di km² sotto il mare

"Chi comanda il mare, comanda il commercio"
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Negli annali della geografia geopolitica, gli Stati Uniti hanno recentemente annunciato un’espansione senza precedenti del loro territorio, ma a differenza delle consuete conquiste territoriali, questa crescita di dimensioni è avvenuta al di sotto delle onde dell’oceano. La nazione ha rivendicato un milione di km² di piattaforma continentale, aprendo la strada a nuove opportunità economiche e sollevando questioni cruciali sulla legalità e l’impatto ambientale di questa audace mossa.

La rivendicazione della piattaforma continentale

L’espansione territoriale degli Stati Uniti è il risultato di anni di sforzi congiunti tra le autorità statunitensi, la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l’US Geological Survey e altre 12 agenzie. Dal 2003, questi enti hanno raccolto dati geologici per delineare i confini esterni della loro Piattaforma Continentale Estesa (ECS), una vasta area di fondale marino che circonda le masse terrestri del paese.

Sette zone offshore sono state incluse in questa rivendicazione: l’Artico, l’Atlantico (costa est), il Mare di Bering, il Pacifico (costa ovest), le Isole Marianne e due aree nel Golfo del Messico, quest’ultime caratterizzate dalla scoperta di un corridoio di coralli. La rivendicazione, tuttavia, solleva questioni significative sulla sua legittimità ai sensi del diritto internazionale.

La vicenda legale

Affinché la rivendicazione degli Stati Uniti sia ufficialmente riconosciuta, devono presentare dati e rapporti alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS). Tuttavia, a causa di complessi disaccordi politici, gli Stati Uniti non hanno ancora ratificato questa convenzione, gettando un’ombra di incertezza sulla legittimità della loro espansione territoriale. La questione solleva interrogativi sulla reazione degli altri paesi e su come questa proposta sarà accettata a livello globale.

L’ampliamento della piattaforma continentale degli Stati Uniti potrebbe aprire la porta a nuove opportunità economiche, consentendo attività di estrazione mineraria, navigazione e pesca in aree finora inesplorate. Tuttavia, questo potrebbe comportare rischi ambientali considerevoli, soprattutto nell’Artico, dove il cambiamento climatico ha già avuto impatti devastanti.

Sicurezza nazionale e potere globale

Oltre alle implicazioni economiche e ambientali, l’espansione marittima degli Stati Uniti ha profonde ramificazioni per la sicurezza nazionale e il loro esercizio di potere a livello mondiale. Il controllo delle vie navigabili aperte dalla nuova rivendicazione potrebbe conferire al paese una posizione di forza strategica, seguendo il principio affermato da Sir Walter Raleigh nel XVII secolo: “Chi comanda il mare, comanda il commercio; chi comanda il commercio del mondo, comanda le ricchezze del mondo e, di conseguenza, il mondo stesso“.

L’espansione della piattaforma continentale degli Stati Uniti è un capitolo significativo nella storia della geopolitica marittima. Le sfide legali, ambientali e geopolitiche associate a questa audace mossa sollevano importanti domande sul futuro della governance globale dei mari e sull’equilibrio tra progresso economico e tutela dell’ambiente. Mentre gli Stati Uniti aprono nuovi orizzonti sotto il mare, il mondo osserva con attenzione, consapevole che questa espansione avrà impatti duraturi sulla scena internazionale.

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