I raggi gamma provenienti dal sistema SS433 sembrano provenire dai getti esterni, a una distanza di circa 75 anni luce su entrambi i lati della stella binaria, e non da una regione centrale come ipotizzato in precedenza. A rivelarlo uno studio, pubblicato sulla rivista Science, condotto dagli scienziati del Max Planck Institut fuer Kernphysik. Il team, guidato da Laura Olivera-Nieto, ha utilizzato le misurazioni raccolte dal sistema di 4 telescopi High Energy Stereoscopic System (HESS) per far luce su un rilevamento enigmatico di getti di plasma.
SS433, spiegano gli esperti, è un sistema stellare binario in cui un buco nero, con una massa circa dieci volte quella del Sole, e una stella, con una massa simile ma che occupa un volume molto maggiore, orbitano l’uno attorno all’altro con un periodo di 13 giorni. L’intenso campo gravitazionale del buco nero strappa materiale dalla superficie della stella, che si accumula in un disco di gas caldo che alimenta il buco nero. Mentre la materia cade verso il buco nero, due getti di particelle cariche, o plasma, raggiungono perpendicolarmente il piano del disco, a circa un quarto della velocità della luce. I getti di SS433 possono essere rilevati nella gamma dei raggi X fino a una distanza inferiore a un anno luce su entrambi i lati della stella binaria centrale, prima che diventino troppo deboli per essere visti.
Eppure, sorprendentemente, a circa 75 anni luce di distanza dal loro sito di lancio, i getti riappaiono improvvisamente come sorgenti di raggi X brillanti. Per questa ragione, gli oggetti cosmici come SS433 sono classificati come microquasar.
I risultati del nuovo studio
Nel 2018, l’esperimento Cherenkov di acqua di alta quota ha rilevato raggi gamma ad altissima energia provenienti dai getti di SS433. Nonostante decenni di ricerca, non è ancora chiaro come o dove le particelle vengano accelerate all’interno dei getti astrofisici. Nell’ambito del nuovo lavoro, il gruppo di ricerca ha scoperto che l’emissione di raggi gamma deriva dai getti esterni e non dalla regione binaria centrale. Allo stesso tempo, gli scienziati hanno notato uno spostamento nella posizione dell’emissione di raggi gamma in base al livello di energia a cui sono associati. I fotoni dei raggi gamma con le energie più elevate, superiori a 10 teraelettronvolt, vengono rilevati solo nel punto in cui i getti riappaiono improvvisamente, mentre le regioni che emettono raggi gamma con energie inferiori appaiono più avanti lungo ciascun getto.
“Questa è la prima osservazione in assoluto di una morfologia dipendente dall’energia nell’emissione di raggi gamma di un getto astrofisico – osserva Olivera-Nieto – inizialmente eravamo perplessi da queste osservazioni. La concentrazione di fotoni ad alta energia nei punti in cui riappaiono i getti di raggi X significa che lì deve aver luogo un’efficiente accelerazione delle particelle, cosa che non era prevista”.
Il team ha quindi valutato la prima stima in assoluto della velocità dei getti esterni. La differenza tra questo valore e la velocità con cui vengono emessi suggerisce che le particelle potrebbero subire una considerevole accelerazione a seguito di un forte shock. “Solo pochi anni fa – aggiunge Michelle Tsirou, altra firma dell’articolo – era impensabile che le misurazioni dei raggi gamma effettuate a terra potessero fornire informazioni sulla dinamica interna di un tale sistema. Non conosciamo ancora l’origine delle scosse nei punti in cui il getto riappare, ma nei prossimi studi cercheremo di approfondire questo fenomeno misterioso”.
“Non disponiamo ancora di un modello in grado di spiegare in modo uniforme tutte le proprietà del getto – conclude Olivera-Nieto – poiché nessun modello ha ancora previsto questa caratteristica. Ad ogni modo, indagare su questi meccanismi sarà davvero interessante, anche perché la relativa vicinanza della SS433 alla Terra offre un’opportunità unica per studiare il verificarsi dell’accelerazione delle particelle nei getti relativistici. Una conoscenza più approfondita di questo fenomeno ci aiuterà a espandere la nostra comprensione delle galassie più grandi e più distanti, e potrebbe far luce sui numerosi enigmi riguardanti l’origine dei raggi cosmici più energetici”.