L’inizio del 2024 è stato segnato da un terremoto di magnitudo 7.6 sulla costa occidentale del Giappone, evento che, nonostante la rapida e organizzata risposta delle autorità nipponiche, ha lasciato un segno doloroso con un bilancio provvisorio di 84 vittime e gravi danni strutturali. Questa dimostrazione della vulnerabilità anche di un Paese noto per la sua preparazione sismica solleva domande cruciali: se un simile evento avesse colpito l’Italia, quali sarebbero stati gli impatti? Per rispondere a questa interrogativo, ci volgeremo indietro nel tempo, esaminando il terremoto del 1908 che ha devastato la Sicilia orientale e la Calabria meridionale.
Giappone: risposte, resilienza e efficienza
Il terremoto del 1° gennaio, ha svelato la prontezza e l’efficacia del Giappone nel gestire le emergenze sismiche. Nelle città di Wajima, Noto e Suzu, colpite duramente, la coordinazione tra le autorità locali ha ridotto il numero di vittime, ma il 90% delle case a Suzu è stato comunque distrutto. La centrale nucleare di Shika, nonostante lievi danni e l’innalzamento del livello del mare, ha mostrato di aver implementato misure di sicurezza efficaci. Nonostante la robustezza del sistema giapponese, le perdite umane e i danni materiali evidenziano che nessun Paese è immune da tali catastrofi.
Il Giappone, notoriamente situato in una delle zone sismiche più attive del mondo, ha investito significativamente nella costruzione di infrastrutture resilienti. La rete di stazioni GPS e i sistemi di allerta tsunami avanzati sono testimonianza dell’approccio proattivo del Paese nella gestione dei rischi sismici. Tuttavia, il recente terremoto ha dimostrato che, nonostante queste precauzioni, le catastrofi naturali possono ancora causare danni considerevoli. Tale consapevolezza solleva interrogativi importanti sulla preparazione di altre nazioni, soprattutto considerando un caso storico come il terremoto del 1908 in Italia.
Il Terremoto del 1908 in Italia: una lezione dalla storia
Alle 5.20 del 28 dicembre 1908, la Sicilia orientale e la Calabria meridionale furono scosse da un violento terremoto di magnitudo 7,2, che rappresenta una delle più gravi catastrofi sismiche nella storia italiana. Le città di Messina e Reggio Calabria furono le più colpite, con danni estesi su un’area di circa 6.000 km².
La maggior parte della popolazione fu colta di sorpresa nel sonno, e si stima che circa 80.000 persone persero la vita. I danni furono causati non solo dall’estrema violenza della scossa, ma anche dalla fragilità delle fondamenta e dalla bassa qualità delle costruzioni. A Messina, il nucleo storico e la zona costiera furono particolarmente colpiti, con edifici importanti, tra cui la famosa “Palazzata”, distrutti.
La catastrofe non si fermò al terremoto; circa dieci minuti dopo la scossa, un maremoto devastante colpì entrambe le coste dello Stretto di Messina. Questo tsunami aggravò ulteriormente le distruzioni, provocando nuove vittime tra coloro che cercavano rifugio correndo verso il mare. Le infrastrutture di comunicazione furono interrotte, rendendo difficile il soccorso e la gestione dell’emergenza.
L’impatto economico e demografico durò anni, con un temporaneo spopolamento seguito da un flusso migratorio richiesto per la ricostruzione. Il disastro del 1908 segnò l’inizio dell’azione dello Stato per ridurre gli effetti dei terremoti, introducendo la classificazione sismica del territorio e norme specifiche per le costruzioni. La perdita del patrimonio storico-monumentale di Messina e Reggio Calabria fece sì che entrambe le città perdessero gran parte della loro eredità storica, già depauperata da terremoti precedenti.
Riflessioni sul passato e speranze per il futuro
Il terremoto del 1908 rappresenta un doloroso capitolo nella storia sismica italiana, segnato da perdite umane e danni irreparabili al patrimonio culturale. Tuttavia, questa tragedia offre anche un’opportunità di apprendimento preziosa. Se il terremoto del 1908 avesse colpito il Giappone, con la sua infrastruttura moderna e misure di sicurezza avanzate, le conseguenze sarebbero potute essere notevolmente diverse. La necessità di investire nella prevenzione sismica e nella costruzione di edifici robusti è chiara, specialmente considerando che il terremoto italiano del 1908 non è stato più violento di quello recente in Giappone, ma ha causato un numero significativamente maggiore di vittime.
Se riflettiamo su eventi più recenti, come il terremoto de L’Aquila nel 2009 e quello di Amatrice nel 2016, emergono dolorose verità sulla preparazione dell’Italia. Nonostante gli sforzi e le leggi antisismiche implementate nel corso degli anni, la risposta del paese a eventi sismici significativi è stata spesso insufficiente. L’Aquila, Amatrice e altre località colpite sono testimonianze viventi di come, anche oggi, l’Italia non sia pienamente pronta ad affrontare la furia della natura.
Perciò, oltre agli investimenti nelle infrastrutture e alle rigorose norme antisismiche, è cruciale migliorare la capacità di risposta e di gestione delle emergenze. L’educazione pubblica sul comportamento durante un terremoto, l’addestramento delle forze di soccorso e la creazione di piani di evacuazione efficaci sono elementi essenziali per minimizzare le perdite umane e garantire una risposta tempestiva in caso di catastrofi future. Guardando al futuro, l’Italia deve affrontare il duplice compito di costruire strutture robuste e preparare la sua popolazione a fronteggiare l’imprevedibilità della natura.