“Alla montagna torinese manca il 45% del volume di neve normalmente presente a febbraio, una situazione sempre più drammatica che minaccia seriamente l’annata agraria ormai alle porte“: è quanto riferisce Coldiretti Torino, che ha svolto ricognizioni nelle vallate torinesi, “dove la quota neve è a 1.500-1.600 metri, con profondità dai 15 ai 40 centimetri nei punti accumulo da vento. Nei versanti al sole, la metà dei bacini imbriferi delle vallate, l’innevamento è assente fino a 2000-2.100 metri. In alta quota a 3.000 metri ci sono mediamente 30 centimetri, con qualche rara eccezione“. “A fine febbraio – ricorda il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – dovremmo avere una riserva consistente su tutte le aree montane, con una copertura nevosa media di circa di 40 centimetri su tutti i bacini montani a quote oltre i 1.200 metri. Con così poca neve i grandi torrenti delle montagne torinesi, solitamente a regime nivoglaciale o nivopluviale, rischiano seriamente di non avere una portata adeguata nella stagione estiva, quando è più alta la richiesta di irrigazione da parte dei consorzi che prelevano acqua con le dighe al loro sbocco in pianura. Tutta la pianura agraria che va dal Pinerolese, al Canavese, passando per l’area Ovest e il Ciriacese, da sempre viene irrigata grazie ai canali che derivano acqua da Chisone, Pellice, Sangone, Dora Riparia, Stura di Lanzo, Orco. Colture come il mais e come le foraggere, cioè gli alimenti per gli allevamenti da latte e carne, dipendono dall’acqua delle montagne che oggi, viste dalla pianura, appaiono spoglie e secche“.
“Chiediamo che la Regione Piemonte – conclude la nota – predisponga con l’ente metropolitano di area vasta un Piano invasi locale cioè una pianificazione per distribuire sul territorio agricolo torinese piccoli specchi d’acqua, inseriti nel contesto paesaggistico, in grado di raccogliere l’acqua in eccesso dei temporali per poi attingerla per l’irrigazione in caso di periodi siccitosi. È in gioco il nostro cibo“.