Nel cuore delle foreste del nord degli Stati Uniti, si staglia un’ombra sinistra che si insinua tra i rami degli alberi e i pascoli erbosi, portando con sé una minaccia che va oltre il regno animale: la malattia del cervo zombie, conosciuta anche come malattia del deperimento cronico (CWD). Il termine “zombie” evoca immagini di terrore e disperazione, eppure la realtà supera la fantasia mentre gli esperti scrutano con crescente preoccupazione il dilagare di questa patologia tra cervi e alci, con possibili implicazioni anche per l’uomo.
L’enigma dei prioni
Alla base di questa malattia si celano i prioni, molecole proteiche che hanno il potere di trasformare la normalità in caos. Queste particelle malformate infettano il cervello degli animali selvatici, tra cui cervi e alci, innescando una catena di eventi che porta a una degenerazione neurologica devastante.
Tra i sintomi più allarmanti ci sono letargia, bava alla bocca e uno sguardo vuoto. La loro resistenza e la capacità di persistere nell’ambiente sfidano i tentativi di eradicazione, aggiungendo un livello di complessità a questa sfida biologica. Ma non è solo la loro tenacia che preoccupa gli scienziati; è anche la loro abilità insidiosa di aggirare le barriere di specie, gettando un’ombra di incertezza sulla possibilità di un “salto di specie” che potrebbe portare la malattia anche all’uomo.
La paura del salto di specie
Sebbene al momento non siano stati segnalati casi confermati di malattia del cervo zombie nell’uomo, gli esperti rimangono in allerta. I prioni responsabili della CWD hanno dimostrato la capacità di attraversare le barriere di specie, sollevando timori riguardo a un possibile “salto di specie”.
Il consumo di carne contaminata da CWD da parte dell’uomo, insieme alle difficoltà nel diagnosticare la malattia nei suoi primi stadi, alimenta ulteriormente questa preoccupazione. Inoltre, la malattia ha dimostrato una capacità di diffusione sorprendente, con casi che si stanno registrando anche al di fuori degli Stati Uniti, come dimostrano i primi casi europei in Norvegia nel 2016.
L’Europa affronta la CWD
L’Europa ha già avuto un assaggio di questa minaccia nel 2016, quando i primi casi di CWD sono stati segnalati in Norvegia, segnando un’espansione geografica preoccupante. Questo fenomeno sottolinea l’importanza della cooperazione internazionale nel monitorare e contenere la diffusione della malattia, poiché il suo impatto potrebbe superare i confini nazionali. L’Europa, con la sua densità di popolazione e i suoi intricati ecosistemi, offre un terreno fertile per la diffusione della malattia, rendendo urgente un approccio globale per affrontare questa emergenza sanitaria.
Affrontare la malattia del cervo zombie richiede un approccio globale e concertato. Un rafforzamento della sorveglianza e del monitoraggio è essenziale per tracciare la diffusione della malattia, mentre misure di biosicurezza rigorose sono necessarie per prevenire ulteriori trasmissioni. Allo stesso tempo, promuovere pratiche di caccia responsabili può contribuire a ridurre il rischio di esposizione alla malattia. È una corsa contro il tempo.