La diversità di specie in un ecosistema può favorirne la stabilità. Lo dimostra un nuovo studio internazionale, pubblicato sulle pagine della rivista Science a cui ha partecipato Onofrio Mazzarisi, giovane ricercatore dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS e del Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam – ICTP.
Lo studio
La stabilità degli ecosistemi dipende dalla presenza di un’ampia varietà di specie, o la diversità ha l’effetto opposto e porta all’instabilità? Diversi tasselli sono stati aggiunti a questo dibattito di lunga data in ecologia da un gruppo di ricerca di cui fanno parte l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS e il Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam – ICTP, assieme al Max Planck Institute for Mathematics in the Science (Germania), alla McGill University (Canada), alla University of Kansas (USA), all’Université Paris Cité (Francia), alla PSL Research University (Francia) e al Capital Fund Management (Francia).
“In presenza di una quantità sufficiente di risorse, organismi appartenenti ai più disparati gruppi tassonomici si riproducono in maniera esponenziale, ma via via che che l’ambiente si fa più affollato la crescita arriva a saturazione: questa dinamica è solitamente descritta da una curva a forma di “S”, tipica del modello molto utilizzato in ecologia, noto come modello logistico” spiega Onofrio Mazzarisi, ricercatore OGS e ICTP e primo autore dello studio insieme a Ian Hatton, ricercatore associato della McGill University. “Motivati da quanto emerge da numerose linee di evidenza, dirette e indirette, noi invece abbiamo utilizzato un modello che prevede uno smorzamento della fase di crescita esponenziale più graduale di quanto solitamente assunto in questo contesto, ma che è largamente utilizzato per descrivere la crescita di un singolo organismo, dalla nascita alla sua maturazione”.
Il risultato centrale del lavoro è che questa dinamica di riproduzione fa sì che, in un ecosistema in cui diverse specie competono per l’esistenza, un aumento della biodiversità porti stabilità, in controtendenza rispetto ad alcuni argomenti teorici proposti precedentemente.
“Per supportare i nostri risultati abbiamo utilizzato dati sull’abbondanza, sulla crescita e sulla biomassa di un’ampia varietà di specie – inclusi insetti, pesci e mammiferi – provenienti da tutto il mondo e raccolti negli ultimi 60 anni” aggiunge Mazzarisi.
I risultati dello studio portano a ipotizzare che una perdita su larga scala di biodiversità potrebbe portare a una minore resilienza degli ecosistemi.
Lo studio è stato supportato anche dal Laboratory on Quantitative Sustainability – TLQS, un progetto promosso dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS e dalla Fondazione Internazionale Trieste per il Progresso e la Libertà delle Scienze – FIT, grazie al sostegno del Ministero dell’Università e della Ricerca.