Cellule staminali da cordone ombelicale per il trattamento della paralisi cerebrale infantile: la storia di Azzurra

La ricerca prosegue con semaforo verde per l’infusione via endovena di cellule staminali da sangue cordonale per la paralisi cerebrale infantile
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Si chiama Azzurra ed è la mamma di Renato di 3 anni e mezzo e di Francesco, che ha 14 mesi. Vivono a Roma, ma in questi giorni sono di ritorno da un viaggio che li ha portati tutti insieme con il papà negli Stati Uniti, nel North Carolina e precisamente alla Duke University, dove una promettente speranza per la paralisi cerebrale infantile viene affrontata con uno studio sperimentale mediante infusione di cellule staminali da cordone ombelicale.

Le cellule del cordone ombelicale di Francesco sono perfettamente compatibili con il delicato organismo di Renato che, dalla nascita, soffre di paralisi cerebrale infantile e sono state raccolte nel momento del parto del fratellino, molto desiderato, ma anche concepito già con l’idea di dare una speranza in più a Renato. Le cellule staminali di Francesco, poco dopo il parto sono infatti, state raccolte e quindi conservate a -196°C in vapori d’Azoto liquido presso un laboratorio del Gruppo FamiCord, all’estero, fino a pochi mesi fa, quando, dalla Duke University, è arrivata la notizia che le cellule staminali erano adatte ad un’infusione per Renato, il primo figlio di Azzurra.

“Il parto di Francesco è stato un momento doppiamente delicato, perché, non solo stava arrivando una nuova vita nella nostra famiglia, ma in quel momento, dovevano anche raccogliere le cellule staminali dal cordone ombelicale che mi legava al piccolo Francesco.  La raccolta delle cellule staminali cordonali si poteva fare solo nell’ospedale di elezione, dove avevamo l’autorizzazione, ed oltre la 37esima settimana di gestazione, cosa che generava in me l’ansia e la speranza di non partorire prima di quel termine. Inoltre, avevamo anche il terrore che potesse succedere, nuovamente, quello che era capitato a Renato: anossia al momento del parto e in seguito diagnosi di paralisi cerebrale infantile,” racconta Azzurra, la mamma di Renato e di Francesco. “Alla raccolta delle staminali – aggiunge Azzurra – abbiamo atteso l’idoneità del sangue per la conservazione; quindi, dopo un paio di mesi abbiamo saputo che, fortunatamente, le cellule dei due fratelli erano del tutto compatibili e rispondenti ai criteri di selezione della Duke University. Eravamo tutti molto contenti perché ci è stato riferito anche, che il sangue cordonale prelevato era di ottima qualità. Durante la prima gravidanza, quella di Renato, arrivavano molte informazioni riguardo alla conservazione delle cellule cordonali, ma purtroppo, poco chiare e molto contrastanti. Tanto che non abbiamo pensato di conservarle, ed anche i consigli erano nel senso di inutilità alla conservazione perché in famiglia non abbiamo avuto casi di leucemia. Oggi, sulla crioconservazione delle cellule staminali cordonali la penso molto diversamente”.

Semaforo verde per l’infusione di staminali cordonali per il trattamento di paralisi cerebrale infantile

“State of evidence traffic lights 2019: systemic review of interventions for preventing and treating children with cerebral palsy” è lo studio che raccoglie i risultati di più ricerche e pubblicato su Current Neurology and Neuroscience Reports nel 2020. Questo studio ha come scopo valutare il grado di efficacia di diversi approcci terapeutici per la paralisi cerebrale dal 2012 al 2019. L’infusione per endovena delle cellule staminali prelevate dal sangue cordonale alla nascita ha ricevuto il semaforo verdeL’Uso delle cellule staminali per questa patologia, paralisi cerebrale e lo stato dell’arte degli studi clinici sull’uso delle cellule staminali per paralisi cerebrale sono arrivati alla fase III, in approvazione presso l’FDA Federal Drug Adminstartion, l’Ente regolatorio dei farmaci americano.  La funzione terapeutica è quella di rispondere  congiuntamente, con l’azione di diverse tipologie cellulari: le cellule mesenchimali hanno un potere anti-infiammatorio, inducono il differenziamento e la secrezione di fattori neurotrofici; le cellule staminali ematopoietiche offrono la possibilità di rigenerare le cellule del sangue; i monociti hanno un’attività immunosoppressiva e anti-infiammatoria; i progenitori endoteliali hanno un effetto angiogenico, riparano e formano nuovi vasi sanguigni e infine i linfociti T regolatori, a loro volta, svolgono un ruolo anti-infiammatorio”, illustra Irene Martini, Direttore scientifico di Sorgente, Gruppo FamiCord.

Siamo molto lieti di aver potuto dare un nostro contributo alla famiglia di Renato, e che per loro si sia materializzata una possibilità in più che la crioconservazione delle cellule staminali cordonali può offrire. Per noi è stato un momento di grande soddisfazione, professionale ed umana”, affermano Roberto Marani e Salvatore Iuzzolini, Amministratori di Sorgente, Gruppo FamiCord. “In Europa siamo la più grande banca di cellule staminali e la terza al mondo in termini di campioni biologici conservatiIl Gruppo FamiCord opera in 31 mercati, ha bancato, nella sua storia, 930 mila campioni e ha rilasciato quasi 7 mila campioni di staminali da varie fonti: midollo, tessuto adiposo, sangue del cordone, tessuto del cordone, placenta”.

Le cellule staminali costituiscono un patrimonio biologico potenzialmente salvavita – aggiunge Roberto Marani – in almeno 84 patologie che sono elencate nel Decreto del Ministero della Salute del novembre 2009, che riporta le “Indicazioni cliniche per le quali è consolidato l’uso per il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, con comprovata documentazione di efficacia, per le quali è opportuna la raccolta dedicata di sangue cordonale”. Anche se il trattamento con cellule staminali del cordone ombelicale crioconservato appositamente per il piccolo Renato, è stato innovativo e sperimentale la sua storia ci ricorda che, anche di fronte alle sfide più coraggiose c’è sempre spazio per la speranza e l’innovazione”.

(i nomi dei bambini sono di fantasia)

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