C’è un’analogia affascinante che circonda il computer quantistico: è paragonabile a un potente telescopio, uno strumento che promette di guardare più lontano e di penetrare nei misteri più profondi della materia. Mentre la ricerca nel campo della fisica e della computazione quantistica accelera, i pionieri come Mirko Lobino, docente di Fisica presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Trento, stanno aprendo nuove strade verso questa visione rivoluzionaria.
Chip Fotonici Quantistici
“Abbiamo costruito un chip fotonico che consente di ricreare al suo interno più di duemila diverse configurazioni di materiali solidi. Senza però avere alcun materiale. Al posto degli elettroni abbiamo utilizzato fasci laser. E siamo riusciti a vedere e a misurare gli effetti di quello che succede dentro il circuito“, spiega Lobino entusiasta.
Recentemente, Lobino ha portato la sua competenza e passione dall’Australia alla vibrante comunità accademica di Trento. Qui, insieme al collega Alberto Peruzzo della RMIT University, sta conducendo due progetti internazionali di rilievo nel campo della fisica quantistica applicata ai chip fotonici.
Il primo studio ha prodotto un dispositivo fotonico integrato e riconfigurabile, capace di emulare una vasta gamma di fenomeni quantistici che si verificano all’interno della materia. Utilizzando il niobato di litio come substrato, Lobino e il suo team hanno creato un ambiente controllabile in cui la luce può simulare il comportamento ondulatorio degli elettroni in un reticolo atomico.
Questo dispositivo, attraverso la sua capacità di riconfigurazione, apre la strada a esperimenti che simulano il trasporto elettronico in oltre 2500 configurazioni diverse. “Nel campo della computazione quantistica, uno degli aspetti fondamentali del quantum computer è che ci permetterà di simulare in maniera efficiente i materiali, ottimizzare reazioni chimiche o scoprire proprietà che magari ancora non sappiamo“, aggiunge Lobino.
L’arte dell’apprendimento automatico
Il secondo studio intraprende un percorso ancora più audace: l’utilizzo dell’apprendimento automatico per programmare chip fotonici riconfigurabili. “Adesso abbiamo simulato il conosciuto, teorie che esistono, ma potremmo provare a ingegnerizzare cose che oggi non esistono o che non abbiamo ancora visto“, continua il docente.
In un mondo in cui la dimensione dei circuiti quantistici cresce esponenzialmente, diventa fondamentale sviluppare tecniche che consentano di comprendere e controllare il comportamento di questi sistemi complessi.
Qui, Lobino e il suo team si sono affidati agli algoritmi di machine learning per sondare la “scatola nera” dei chip fotonici. “Questi lavori potrebbero aiutarci a controllare dispositivi fotonici molto complessi, senza perdere la descrizione fisica di quello che avviene“, spiega Lobino.
Il lavoro svolto dal gruppo di Lobino non solo evidenzia il talento e l’innovazione presenti nell’ambito della ricerca italiana, ma offre anche un contributo significativo alla crescente comunità scientifica internazionale impegnata nello sviluppo della computazione quantistica.
Attraverso la realizzazione di chip fotonici avanzati e l’applicazione di tecniche all’avanguardia come l’apprendimento automatico, l’Università di Trento si conferma come un punto di riferimento nell’ambito della fisica quantistica e della sua applicazione pratica.
Illuminando l’ingegneria del futuro
In ultima analisi, il lavoro di Lobino e del suo team non si limita a esplorare le profondità della fisica quantistica; esso getta le basi per una nuova era nell’ingegneria e nella tecnologia. Attraverso la simulazione precisa e il controllo dei processi quantistici, ci si avvicina sempre di più a realizzare il potenziale rivoluzionario della computazione quantistica.
Con il continuo progresso e l’innovazione che caratterizzano questo campo affascinante, non possiamo fare altro che attendere con trepidazione le scoperte e le applicazioni che ci riserverà il futuro.