I Paesi più ricchi del mondo sono in disaccordo sulla fine dei sussidi per lo sviluppo dei combustibili fossili, mentre gli Stati Uniti e l’Unione europea differiscono sulla portata del divieto. I Paesi dell’OCSE hanno tenuto un secondo ciclo di colloqui a porte chiuse a Parigi per discutere le proposte dell’Ue e del Regno Unito di tagliare la maggior parte dei prestiti e delle garanzie delle agenzie di credito all’esportazione per progetti di estrazione di petrolio, gas e carbone, che sono la principale fonte di finanza pubblica internazionale per il settore. Ciò seguirebbe un accordo nel 2021 per interrompere la fornitura di tale sostegno all’energia alimentata a carbone.
Una fonte ha affermato che gli Stati Uniti stanno ancora valutando le proposte dell’Unione europea e che le discussioni proseguiranno a giugno e novembre. Il Dipartimento al Tesoro americano non ha voluto commentare.
Stati Uniti, Canada, Francia, Germania e Regno Unito sono stati tra i Paesi che, in occasione del vertice sul clima COP26 delle Nazioni Unite a Glasgow nel 2021, hanno concordato di allineare le proprie istituzioni finanziarie pubbliche con l’obiettivo dell’accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Questo, però, potrebbe influenzare il ruolo di Exim, l’agenzia di esportazione del credito degli Stati Uniti, che dovrà assicurarsi nuovi finanziamenti dal Congresso degli Stati Uniti nel 2026, aprendola al dibattito politico tra i repubblicani, contrari al taglio dei finanziamenti a petrolio e gas, e i democratici, critici nei confronti delle credenziali climatiche di Exim. Exim di recente ha offerto 500 milioni di dollari in finanziamenti per un progetto di petrolio e gas in Bahrein, nonostante 6 democratici l’abbiano incoraggiata a non procedere con l’accordo, perché minerebbe il progresso internazionale sul clima. Lo statuto di Exim contiene una clausola che vieta la “discriminazione” contro qualsiasi settore o industria particolare. Gli alti funzionari di Exim affermano che questa clausola potrebbe essere modificata solo tramite un’azione del Congresso. Secondo il gruppo ambientalista americano Oil Change International, le agenzie di credito all’esportazione dei Paesi del G20 tra il 2019 e il 2021 hanno fornito un sostegno 7 volte maggiore ai progetti sui combustibili fossili che alle fonti di energia rinnovabile. I progetti relativi ai combustibili fossili hanno ricevuto in media 33,5 miliardi di dollari all’anno rispetto ai 4,7 miliardi di dollari destinati allo sviluppo dell’energia pulita. Secondo la proposta dell’Unione europea, le agenzie di credito all’esportazione potrebbero sostenere progetti relativi ai combustibili fossili solo se i singoli Paesi OCSE stabilissero che i progetti erano in linea con la necessità di mantenere il riscaldamento a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali.
L’Agenzia Internazionale per l’Energia ha affermato che non c’è spazio per nuovi progetti di esplorazione di petrolio e gas, se si vogliono raggiungere gli obiettivi climatici di Parigi. L’Ue propone inoltre un nuovo requisito di trasparenza, in base al quale i Paesi pubblicheranno i dettagli del finanziamento dei progetti sui combustibili fossili. “Un divieto assoluto sarebbe più pulito e invierebbe un segnale più forte, ma la domanda è se è possibile ottenere lo stesso risultato politico, ma con un approccio politicamente più appetibile“, ha affermato Claire Healy, senior associate per la politica climatica internazionale e la diplomazia di E3G.
Le modifiche all’accordo volontario dell’OCSE sui crediti all’esportazione richiederanno il consenso di un gruppo di 38 Stati membri, che comprende Stati Uniti, Ue, Regno Unito e Canada, ma anche i grandi finanziatori di combustibili fossili che non avevano accettato di allineare le finanze pubbliche con l’accordo di Parigi, come il Giappone e la Corea del Sud.
Anche all’interno dell’Unione europea, l’attuazione delle politiche volte a porre fine ai sussidi è stata lacunosa. “Siamo in un momento in cui le differenze nell’atteggiamento sui crediti all’esportazione all’interno del G7 stanno creando condizioni di parità“, ha detto al Financial Times un diplomatico europeo a conoscenza dei negoziati dell’OCSE. “Dobbiamo essere realistici, non saremo in grado di avere una metodologia unica con un unico punto limite“.
E l’Italia? Il Fondo Monetario Internazionale ha stimato che in Italia, nel 2022, i sussidi alle fonti fossili siano arrivati ad oltre 57 miliardi di euro. La stima di Legambiente arriva invece fino a 94,8 miliardi di euro. Anche nel 2020, prima dell’ultima crisi energetica e in piena pandemia Covid, il dato era comunque molto elevato, stimato da Banca mondiale e FMI in oltre 37,5 miliardi di euro. Nella lista dei Paesi che finanziano di più le energie fossili l’Italia si trova in 21ª posizione in termini assoluti, ma scende se si considera la quota di PIL: nel 2022 i sussidi ai combustibili fossili nel nostro Paese sono stati 63,3 miliardi di dollari, il 2,8% del PIL. L’Italia ad oggi è il principale Paese europeo a dipendere dal gas, che importa principalmente da Algeria e Azerbaigian. Allo stesso tempo, la transizione energetica è ancora frenata da lunghi iter burocratici e posizioni NIMBY. Lo scorso anno sono entrati in esercizio oltre 5,7 GW di impianti rinnovabili, che però corrispondono a meno della metà di quelli che servirebbero ogni anno per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030.