Fin da quando siamo bambini veniamo condotti sulla via delle “feste”: Festa della mamma, del papà, della donna, dei nonni, degli alberi, degli animali… Abbiamo una festa per ogni cosa, i più fortunati a volte hanno settimane, mesi dedicati totalmente alla loro “categoria”. D’altronde, c’è sempre un motivo per festeggiare e se non ci viene in mente, basta cercare su Google “festa del giorno” e sicuramente in qualche modo o in qualche Stato in quel momento ci sarà una ricorrenza dedicata a noi.
Sarebbe banale dire quello che dicono molti, ossia “Non è la festa delle donne, è la Giornata Internazionale delle Donne“, per impressionare e dare prestigio ad una giornata come tante. O peggio: “Le donne vanno festeggiate tutti i giorni“, perché? Perché un gruppo di esseri umani, in questo caso donne, dovrebbero essere festeggiate? Non ce lo spieghiamo.
Come nasce la Festa della Donna
Partiamo dall’inizio, come nasce la festa della donna?
Mentre molti credono che la data derivi da eventi tragici come l’incendio alla fabbrica Cottons nel 1908 o la repressione poliziesca di uno sciopero nel 1917, l’origine è più strettamente legata alla lotta delle donne per i propri diritti.
Fin dal 1909, la questione della condizione femminile era al centro delle discussioni politiche, evidenziata anche durante il VII Congresso della II Internazionale socialista nel 1907 e la Conferenza internazionale delle donne socialiste nel 1908. Negli Stati Uniti, nel 1908 si tenne la conferenza del Partito socialista a Chicago, nota come Woman’s Day, che trattava di discriminazioni sessuali, sfruttamento delle lavoratrici e il diritto al voto. Questi eventi prepararono il terreno per la prima Giornata della Donna negli USA nel 1909.
La pratica si diffuse ulteriormente nel 1910 con la Conferenza internazionale delle donne socialiste a Copenaghen, che istituì una giornata internazionale per i diritti delle donne. Le celebrazioni continuarono ad essere osservate in date diverse in vari Paesi, ma l’8 marzo del 1917 le donne di San Pietroburgo manifestarono per chiedere la fine della guerra, un evento che contribuì a consolidare la data come simbolo della lotta delle donne.
In Italia
In Italia, la prima Giornata della Donna fu celebrata nel 1922, mentre nel 1944 l’Unione Donne Italiane (UDI) scelse l’8 marzo come giorno per festeggiare le donne nelle zone liberate. Negli anni ’70, il movimento femminista portò a una rivoluzione sociale, evidenziata dall’importante manifestazione del 1972 a Roma.
La mimosa divenne il simbolo della festa dal 1946, scelta per la sua bellezza, semplicità e il fatto che fiorisce a marzo, il fiore è diventato un modo economico per dimostrare sostegno alla causa dei diritti delle donne.
L’Onu ha ufficializzato la Festa della Donna nel 1977, con molte nazioni che hanno scelto l’8 marzo come data ufficiale di celebrazione. Quindi, sebbene la festa abbia radici storiche diverse, è diventata una giornata internazionale per celebrare i successi delle donne e riaffermare l’impegno per l’uguaglianza di genere.
Perché si celebra la Festa della Donna
Ancora oggi, la celebrazione della Festa della Donna continua a essere un momento significativo e diffusamente celebrato, perché?
Lotte storiche
In primo luogo, la giornata ci offre l’opportunità di ricordare e onorare le lotte storiche delle donne per i propri diritti, così dicono alcuni. Al momento della nascita di questa festa ciò poteva anche rivelarsi utile visto che le donne non avevano nemmeno la metà dei diritti degli uomini.
Con ciò non si intende dire che le donne abbiano “conquistato tutto il conquistabile“, perché non è così, come si legge dai dati Istat, in cui emerge che ad avere contratti a termine e part time involontario sono soprattutto le donne: il 27,7% delle occupate sono lavoratrici non-standard contro il 16,2% degli uomini. La quota di lavoratori non-standard raggiunge il 45,7% tra le donne giovani (a fronte del 33,9% dei coetanei), il 36,1% tra le residenti nel Mezzogiorno (22,1% gli uomini della stessa ripartizione), il 36,4% tra le donne che hanno al massimo la licenza media (18,6% gli uomini con lo stesso livello di istruzione) e arriva al 40,7% tra le straniere (28,3% tra gli stranieri maschi). Lo svantaggio femminile si evince anche dalle retribuzioni: i dati del 2019 mostrano che in media le donne percepiscono una retribuzione oraria dell’ 11% inferiore a quella degli uomini, con differenze territoriali che variano tra il -13,8% nel Nord-ovest e il -8,1% nel Sud.
È da sottolineare, però, che basarsi su una giornata come questa per pensare di poter far fronte a questo problema è assolutamente inutile. Tutte le conquiste ottenute dalle donne fino ad oggi non sono sicuramente attribuibili alla consegna della mimosa l’8 marzo.
“I successi delle donne”
La celebrazione della giornata è considerata anche un momento per celebrare i successi e i contributi delle donne in tutti i settori della società. Dalle arti alla scienza, dalla politica all’imprenditoria. Non crediamo ci sia da commentare, ma piuttosto da chiedersi in che modo rendiamo donne e uomini pari se i successi degli uomini li normalizziamo, ma quelli delle donne li lodiamo come fossero “cosa rara“. Perché sembra che quando una donna riesce in qualcosa sia uno strano allineamento di pianeti da festeggiare, mentre quando ci riesce un uomo è normale? Anche questo aveva senso qualche decennio fa, perché le donne per “farcela” superavano tantissimi scogli socio-culturali, mentre adesso, in Italia, non c’è più questa esigenza, per fortuna.
Violenza di genere
Infine, la Festa della Donna è considerata un’opportunità per sollevare e sostenere le questioni che riguardano specificamente le donne. Dalla lotta contro la violenza di genere alla promozione dei diritti riproduttivi, la giornata porta a riflettere sulle sfide particolari che le donne affrontano e a lavorare insieme per trovare soluzioni concrete. Molto più utile fare i post su Facebook scrivendo “Le donne salvano il mondo” l’8 marzo che discutere questi temi in Parlamento il resto dell’anno.
Siamo diverse? Cosa dice la scienza
Ma cosa dice la scienza? Siamo così diverse da dover essere consolate con una festa tutta per noi?
Uno studio condotto dalla dott.ssa Michela Matteoli, direttrice dell’Istituto di Neuroscienze del CNR, docente di Farmacologia presso Humanitas University e responsabile del Neurocenter di Humanitas Research Hospital e del suo team si è concentrato su un’analisi approfondita delle differenze e delle somiglianze nei cervelli maschili e femminili al fine di comprendere se esista una distinzione netta tra i due sessi a livello cerebrale.
Lo studio
Per condurre questa ricerca, sono state impiegate tecniche avanzate di imaging cerebrale, come la risonanza magnetica strutturale e funzionale, che consentono di esaminare la struttura e l’attività cerebrale con grande precisione. Queste tecniche hanno permesso al team di ottenere dati dettagliati su varie regioni cerebrali e sul loro funzionamento in un campione rappresentativo di individui di entrambi i sessi.
Dimensioni delle regioni cerebrali
Utilizzando la risonanza magnetica strutturale, gli studiosi hanno misurato le dimensioni di varie regioni cerebrali in individui di entrambi i sessi. È emerso che l’amigdala e l’ipotalamo, regioni coinvolte nel controllo delle emozioni e delle funzioni endocrine, tendono ad essere leggermente più grandi negli uomini rispetto alle donne. Ad esempio, l’amigdala maschile può avere una media di X millimetri cubici, mentre quella femminile può avere una media di Y millimetri cubici.
Struttura e funzionamento cerebrale
La risonanza magnetica funzionale ha permesso di esaminare l’attività cerebrale durante varie attività cognitive. Gli studi hanno evidenziato che, sebbene ci siano alcune variazioni nelle modalità di elaborazione del linguaggio verbale e di risposta agli stimoli emotivi tra i sessi, queste differenze non sono così significative da comportare una separazione netta tra i cervelli maschili e femminili. Ad esempio, durante una task di elaborazione del linguaggio verbale, le donne potrebbero mostrare un’attivazione più bilaterale degli emisferi cerebrali, mentre gli uomini possono mostrare una maggiore attività nell’emisfero sinistro.
Sovrapposizione delle caratteristiche cerebrali
Un risultato significativo dello studio è stata la scoperta che la maggior parte dei cervelli umani mostra una vasta sovrapposizione di caratteristiche, con alcune più comuni nelle femmine e altre più comuni nei maschi, ma sempre condivise in misura significativa. Ad esempio, se si considera la densità dei neuroni in una specifica regione cerebrale, si può osservare che il 60% degli individui maschi ha una densità compresa tra X e Y neuroni per millimetro cubico, mentre il 70% delle femmine ha una densità compresa tra Z e W neuroni per millimetro cubico.
I risultati dello studio hanno mostrato che, sebbene ci siano alcune differenze nelle dimensioni di alcune regioni cerebrali tra uomini e donne, come l’amigdala e l’ipotalamo, queste differenze non sono così significative da permettere una distinzione chiara tra un “cervello maschile” e un “cervello femminile”. Piuttosto, il fattore rilevante è che ogni cervello è unico e le differenze tra individui dello stesso sesso sono così importanti che finiscono per prevalere su quelle tra sessi diversi.
Limitazioni autoinflitte
È chiaro che le donne devono essere libere, che tutte quelle situazioni di limitazione, violenza, discriminazione vanno condannate senza “se” né “ma”. È importante, però, non cadere nell’errore di autolimitarsi convincendosi di essere considerate diversamente, il primo passo per non esserlo è non crederci. Inoltre, è necessario non cedere alla tentazione di alcuni tipi di estremismo del femminismo contemporaneo che vuole imporre che la donna sia migliore dell’uomo, a quale scopo? Vogliamo entrare in un loop di “sfida tra sessi” in cui in ogni epoca storia uno dei due viene penalizzato? Non è utile.
Il movimento femminista è nato con la nobile causa di colmare il divario tra i sessi, a favore delle donne perché erano penalizzate, non per preferenza personale. È nato con l’idea della solidarietà tra donne in quanto discriminate perché tali.
Non cadiamo, inoltre, nella banalità di considerare un problema dire “ministra” piuttosto che “ministro” (che sembra un volontario insulto alla grammatica italiana), “presidentessa” piuttosto che “presidente“. La carica è solo forma, la sostanza è una persona e che sia uomo o donna non ci dovrebbe interessare, né come viene chiamata. Il linguaggio è nato per facilitare la comunicazione tra simili e rendere la quotidianità più semplice, è solo un insieme di simboli, non fa la differenza.
Visto che la scienza, unico metro affidabile e oggettivo di misura afferma che differenze tra uomini e donne a livello cerebrale non ce ne siano, l’invito è quello di trasferire questa consapevolezza in ogni aspetto della vita, partendo proprio inserendo questa idea nella mente di tutte quelle donne che non ci credono.
“Se qualcuno pensa di essere limitato a causa del suo genere, della sua razza o della sua origine, diventerà ancora più limitato”, ha affermato Carly Fiorina, Ex amministratore delegato di Hp.