Il Commissario contro la scarsità idrica, Nicola Dall’Acqua, ha indicato 127 progetti prioritari per affrontare il rischio di emergenza acqua in Italia. Il costo complessivo degli interventi è di 3,671 miliardi di euro. Lo si legge nella seconda Relazione del Commissario alla Cabina di regia sull’emergenza idrica, istituita presso il Ministero delle Infrastrutture.
Il Commissario ha selezionato i 127 progetti che ritiene più urgenti fra i 562 contenuti nel Piano nazionale di interventi infrastrutturali per la sicurezza del settore idrico (Pnissi). Quest’ultimo prevede opere per 13,5 miliardi. La parte del leone la fanno il bacino del Po e la Sicilia. I progetti più grandi sono quelli per gli impianti irrigui del Consorzio Baleara Maestra – Destra Stura (151 milioni), il Canale Regina Elena e il Diramatore dell’Alto Novarese (127 milioni), la Diga sul Tanarello (108 milioni), la barriera contro la risalita del cuneo salino alla Foce del Po di Pila (90 milioni), il nuovo invaso sul Torrente Sessera (90 milioni). In Sicilia il Commissario ritiene urgente la Diga Disueri (138 milioni) e il completamento dello schema irriguo Gerbini (70 milioni).
Fra i progetti ritenuti prioritari dal Commissario, 15 sono presentati dall’Autorità di bacino distrettuale delle Alpi Orientali, per 643 milioni circa; 30 dall’Autorità dell’Appennino Centrale, per 301 milioni; 14 dall’Autorità dell’Appennino Meridionale, per 523 milioni; 5 dall’Autorità dell’Appennino Settentrionale, per 178 milioni; 22 dall’Autorità del Po, per 886 milioni; 14 dall’Autorità della Sardegna, per 309 milioni; 27 dall’Autorità della Sicilia, per 829 milioni.
Dell’Acqua: “508 milioni per dragaggio urgente degli invasi”
Secondo la Relazione, inoltre, servono 508 milioni di euro per gli interventi urgenti di rimozione dei sedimenti di ghiaia e fango dagli invasi italiani per l’acqua potabile. I fondi sono necessari per rimuovere 58 milioni di metri cubi di sedimenti. La stima di 508 milioni, si legge nella Relazione, “si riferisce ai soli interventi ritenuti prioritari necessari per il ripristino della funzionalità delle opere di scarico. Riguardo invece ai volumi recuperabili, si stima una percentuale media nazionale di sedimenti da rimuovere pari al 5% del volume dell’invaso, molto variabile da caso a caso”.
“Gli invasi – si legge nel documento – presentano nella maggior parte dei casi, anche a causa della presenza di volumi consistenti di sedimenti, una limitata capacità utile rispetto a quella di progetto, nonché rispetto a quella autorizzata derivante dalla applicazione delle limitazioni rilasciate dal Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti”. “Dall’ultimo aggiornamento eseguito a cura delle sette Autorità di bacino distrettuali – si legge ancora nella relazione -, su un totale di 4681 grandi invasi strategici, il volume autorizzato risulta pari a 8.406 Mm3, a fronte di 10.352 Mm3, che rappresenta invece il volume di progetto. Il volume autorizzato è quindi pari a circa l’80% del volume di progetto, indicando la presenza di importanti margini di recupero di capacità di invaso”.
“Per l’acqua servono tariffe adeguate”
Per prevenire la crisi idrica, servono bilanci idrici aggiornati, una governance regolatoria come quella esistente per la depurazione, e tariffe adeguate per garantire la manutenzione delle infrastrutture, scrive ancora il Commissario Nicola Dall’acqua nella Relazione. Secondo il Commissario, “è necessario completare l’elaborazione, da parte delle Autorità di bacino distrettuali e sotto il coordinamento del Commissario, dei bilanci idrici per distretto e sub-distretto, che consentiranno di individuare le principali situazioni di criticità”.
Il Commissario osserva che per il servizio fognario e di depurazione “è presente un sistema di governance ampiamente consolidato. Non altrettanto avviene per l’approvvigionamento idrico primario“. Secondo Dall’acqua, “occorrerebbe prevedere l’estensione della governance regolatoria anche per l’approvvigionamento idrico primario”.
Il Commissario rileva che “attualmente la fornitura di acqua grezza nella maggior parte dei casi non è remunerata o non lo è adeguatamente in relazione ai costi sostenuti“. Per questo, si propone di “l’introduzione di un sistema tariffario che imponga il pagamento di una quota destinata alla realizzazione delle necessarie attività di gestione e manutenzione delle infrastrutture”. “In taluni territori regionali – nota il Commissario -, gli operatori economici del servizio idrico integrato hanno previsto la possibilità di attingere a risorse alternative alla finanza pubblica (finanziamenti diretti, finanza di progetto o ricorso al mercato dei capitali con project bond, minibond e basket bond). Questa possibilità rappresenta senza dubbio una opportunità di realizzare importanti investimenti sulle infrastrutture idriche senza gravare eccessivamente sulla tariffa, e quindi sull’utenza, alleggerendo la finanza pubblica”.