La cardiopatia aritmogena è una malattia genetica rara, caratterizzata da una riduzione della capacità di contrarsi del muscolo cardiaco associata a frequenti e intense aritmie. Colpisce una persona su 5 mila nel mondo e si manifesta spesso durante l’adolescenza, con una prevalenza nei soggetti che praticano intensa attività sportiva. Si tratta di una patologia subdola perché caratterizzata da sintomi aspecifici, ovvero comuni anche ad altre patologie, e questo rende spesso difficile la diagnosi precoce. Data la natura genetica della malattia, non può essere prevenuta né risolta in modo definitivo, ma ad oggi esistono terapie che possono controllarne i sintomi a patto che vi sia un’elevata aderenza terapeutica, difficile da assicurare nei soggetti molto giovani senza che questo influisca sulla loro qualità di vita. Per questi pazienti si apre oggi una nuova possibilità di cura grazie a un’innovativa terapia genetica, che potrebbe migliorare enormemente la qualità di vita.
IRCCS Maugeri di Pavia è tra le eccellenze italiane nel trattamento della cardiomiopatia aritmogena: l’unità di Cardiologia Molecolare, guidata dalla prof.ssa Silvia Priori, Professore Ordinario di Cardiologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Cardiologia presso l’Università degli Studi di Pavia e luminare in questo campo, è centro di riferimento nazionale ed internazionale per la gestione di pazienti affetti da patologie aritmogene su base genetica, con oltre 10 mila soggetti seguiti presso IRCCS Maugeri Pavia di cui circa un centinaio con la variante genetica di cardiopatia aritmogena. In occasione di un evento organizzato proprio nella struttura pavese sabato 13 aprile e aperto ai pazienti e ai caregiver, la prof.ssa Priori ha illustrato, insieme alla dott.ssa Natasha Patterson direttore medico della BioTech Tenaya Therapeutics, i benefici di questa rivoluzionaria terapia genica per la quale saranno presto avviati i trial clinici e che potrebbe migliorare enormemente la vita di chi ne soffre.
“La causa di questa malattia è da ricercare in una mutazione del gene che produce le proteine deputate a tenere unite le cellule che compongono il tessuto miocardico – spiega la prof.ssa Priori -. L’alterazione del gene determina una riduzione della quantità e della struttura di queste proteine con conseguente distacco delle cellule del miocardio che separandosi lasciano spazi vuoti nei quali si forma del tessuto fibroso che rende il muscolo cardiaco meno elastico e incapace di contrarsi e pompare il sangue. Se la patologia non viene curata tempestivamente, tende ad aggravarsi fino a trasformarsi in scompenso cardiaco. A questo quadro già di per sé critico si associa il fatto che la presenza di tessuto fibroso fa da ostacolo alla propagazione degli impulsi elettrici del cuore, dando luogo ad aritmie gravi”.
La patologia si manifesta con palpitazioni, svenimenti improvvisi, non causati da altre concause, spesso durante attività fisica intensa o in concomitanza con emozioni forti, e aumentato rischio di morte improvvisa. La diagnosi avviene generalmente su indicazione del medico sportivo, tramite screening familiari o, in fase precoce, sulla base di test genetici. Ad oggi i pazienti che soffrono di questa patologia vengono curati con farmaci betabloccanti, a volte anche abbinati all’impianto di un defibrillatore transvenoso che riduce le aritmie. Ma la prima “terapia” da mettere in atto è l’astensione totale da qualsiasi attività sportiva ad alto impatto sul cuore.
In questo contesto la terapia genica rappresenta una rivoluzione importante perché non si limita a curare il sintomo ma agisce sul substrato che causa la malattia, con grandi speranze di riuscire a rallentarne il decorso se non addirittura a curarla, come avvenuto quando la terapia genica è stata applicata ad altri ambiti della medicina.
“La cardiomiopatia aritmogena è causata da un difetto genetico, pertanto il DNA è alterato e produce un quantitativo insufficiente di proteine desmosomiali – spiega la prof.ssa Priori -. La terapia genica utilizza DNA sintetizzato in laboratorio veicolato all’interno delle cellule cardiache da un virus innocuo che non è in grado di replicarsi e che porta il DNA terapeutico nel nucleo delle cellule del cuore aumentando il livello della proteina carente nel paziente”.
Il grande vantaggio della terapia genica, che tratta la patologia agendo direttamente sulle sue basi genetiche attraverso medicinali biologici, è che è sufficiente una sola somministrazione mentre le attuali terapie prevedono l’assunzione di svariati farmaci ogni giorno.
“Gli straordinari progressi biotecnologici degli ultimi anni hanno consentito di mettere a disposizione dei pazienti soluzioni terapeutiche straordinarie e per noi è fondamentale contribuire a diffonderne la conoscenza”, conclude la professoressa Priori.