Da ENEA nuovi strumenti per misurare gas serra e radiazioni ionizzanti

Anche ENEA nel consorzio di 17 partner internazionali del progetto europeo TraceRadon
MeteoWeb

Nuovi strumenti di misura per il monitoraggio dei gas serra e delle radiazioni ionizzanti sono stati messi a punto dal consorzio di 17 partner internazionali del progetto europeo TraceRadon, che include anche ENEA con l’Istituto Nazionale di Metrologia delle Radiazioni Ionizzanti (INMRI), l’Istituto di Radioprotezione e il Laboratorio di Osservazioni e misure per l’ambiente e il clima.

Queste nuove misure sono state tarate sul radon, un gas radioattivo naturale generato nei suoli e nelle rocce che si accumula negli ambienti chiusi ed è considerato la principale sorgente di radiazioni ionizzanti.

I dati più accurati ottenuti con queste nuove metodologie risulteranno utili alle reti di monitoraggio atmosferico per calcolare sia i livelli di CO2, che di radioprotezione.

Il radon può essere utilizzato come tracciante naturale per studi atmosferici che riguardano il trasporto delle masse d’aria e le concentrazioni degli inquinanti aeriformi che si accumulano principalmente nella parte di atmosfera direttamente influenzata dalla superficie terreste”, spiegano i ricercatori Francesco Cardellini e Marco Capogni di INMRI-ENEA. “La variazione dell’altezza di tale strato (da poche decine metri a qualche chilometro) influisce sulla concentrazione degli inquinanti in atmosfera e quindi anche su quella del radon. Di conseguenza, una misura precisa, accurata e affidabile della concentrazione in atmosfera e del flusso dal suolo di questo elemento risulta di notevole importanza per i modelli atmosferici che permettono, per esempio, la stima dei gas serra come la CO2”, aggiungono.

Tra i principali risultati raggiunti dal progetto, vi è lo sviluppo di nuovi metodi e procedure di taratura degli strumenti utili per la misurazione delle concentrazioni di radon all’aperto (da qualche unità fino a centinaia di becquerel al metro cubo), da utilizzare nelle reti di monitoraggio atmosferico e di radioprotezione. “In particolare, ENEA ha sviluppato una camera d’accumulo per le misure di flusso di radon dal suolo, i cui dati, uniti ad analisi fisiche del suolo e dei parametri atmosferici, hanno permesso di validare diversi modelli matematici di trasporto di questo gas”, sottolineano i due ricercatori di INMRI-ENEA.

Inoltre, esperti da tutta Europa hanno partecipano presso il Centro Ricerche ENEA Casaccia a una delle quattro campagne di misura per mettere a punto procedure in grado di rilevare, in modo sempre più affidabile, il flusso di radon dal suolo. “Il miglioramento di questo tipo di misure aiuterà la ricerca sui cambiamenti climatici e la radioprotezione, compreso il loro utilizzo per identificare le cosiddette aree prioritarie a rischio radon, un gas incolore, inodore e insapore, che può rappresentare un grave rischio per la salute: dal suo decadimento radioattivo si generano atomi instabili, i radionuclidi, che una volta inspirati emettono energia sotto forma di radiazioni nell’apparato respiratorio”, spiega Alessandro Rizzo dell’Istituto di Radioprotezione.

Già oggi, nell’infrastruttura di ricerca europea ICOS[1], di cui fa parte l’Osservatorio ENEA di Lampedusa, ci sono stazioni dove il radon in atmosfera viene misurato in maniera continuativa. “Tuttavia, strumenti e misurazioni di questo gas devono ancora essere migliorati soprattutto in presenza di basse concentrazioni, in modo da poter fornire dati sempre più attendibili per lo studio dell’inquinamento atmosferico[2] e per il monitoraggio delle radiazioni a supporto dei sistemi di sorveglianza nazionali”, sottolineano Damiano Sferlazzo e Francesco Monteleone del Laboratorio ENEA di Osservazioni e misure per l’ambiente e il clima. “Grazie a questo progetto ora punteremo a trasferire i nuovi strumenti ai laboratori di taratura per le misure nel settore delle radiazioni ionizzanti, alle organizzazioni che sviluppano gli standard (ad es. IEC, ISO) e infine agli utenti finali attivi nel monitoraggio dei gas a effetto serra e nella radioprotezione”, concludono i ricercatori.

[1] ICOS (Integrated Carbon Observation System) è una infrastruttura di ricerca europea, che si avvale di oltre 500 scienziati e più di 150 stazioni distribuite in 13 paesi. Scopo dei diversi siti è quello di monitorare l’ambiente nelle sue componenti atmosferica, oceanica ed ecosistemica e fornire dati per migliorare la comprensione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra. A livello nazionale, sono presenti attualmente 17 stazioni, di cui dieci ecosistemiche, quattro oceaniche e tre atmosferiche.

[2] Attraverso il Radon Tracer Method che mette in correlazione le concentrazioni di gas serra e radon per studiare l’inquinamento atmosferico.

Condividi