Le aree del Mar Mediterraneo interessate dalla formazione dei fenomeni naturali noti come uragani mediterranei o Medicane – dalla fusione dei termini inglesi MEDIterranean e hurriCANE – sono caratterizzate da una sensibile diminuzione di temperatura della superficie del mare qualche giorno prima della genesi di questi eventi estremi. È quanto rivela uno studio dal titolo “Fingerprinting Mediterranean hurricanes using pre-event thermal drops in seawater temperature” recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale “Nature – Scientific Reports” e coordinato dai ricercatori del Dipartimento di scienze della Terra e geoambientali dell’Università Aldo Moro di Bari, svolto in collaborazione con il CNR-ISAC, l’Università di Catania, l’Università di Genova, l’Università di Venezia Ca’ Foscari e l’area marina protetta del Plemmirio di Siracusa.
La ricerca ha analizzato le temperature superficiali del Mediterraneo nei giorni precedenti la genesi di 52 differenti eventi di cicloni mediterranei avvenuti dal 1969 al 2023.
Giovanni Scardino, ricercatore del Dipartimento di scienze della Terra e geoambientali dell’Università di Bari e primo autore dello studio, dichiara: “Abbiamo selezionato tutti i cicloni con caratteristiche simil tropicali, che si sono generati nel Mediterraneo in un periodo di circa 50 anni, in confronto con i più intensi cicloni extratropicali che, nello stesso intervallo di tempo, hanno prodotto più danni lungo le aree costiere, ad esempio Vaia che nel 2018 ha avuto un forte impatto sulle coste settentrionali dell’Italia (oltre che sulle Alpi), ed Helios che nel 2023 ha causato ingenti effetti lungo le coste dello Ionio. Per analizzare le temperature superficiali del mare, prima e durante lo sviluppo di ognuno degli eventi ciclonici, abbiamo utilizzato dati satellitari e modelli di ri-analisi estratti dal Copernicus Marine Environment Monitoring Service e dallo European Centre for Medium-Range Weather Forecasts“.
Scardino, vincitore di un finanziamento dell’ateneo di Bari per lo studio dei Medicane (progetto ERC SEED UNIBA dal titolo “Get aHead Of the MEdicanes: strategies for the COASTal environment – HOME-COAST”) aggiunge: “Analizzando le differenze di temperatura della superficie del mare, registrate nei dieci giorni precedenti la ciclogenesi, abbiamo riscontrato un’importante diminuzione, tecnicamente definita thermal drop, fino a 4°C nei casi più estremi. Questa peculiarità sembra essere caratteristica quasi esclusiva dei Medicane. Il fatto che tale fenomeno si manifesti qualche giorno prima del loro sviluppo potrebbe essere una forma di precursore di tali eventi che potrebbe comportare importanti considerazioni relative alla mitigazione del rischio costiero indotto dall’impatto degli uragani mediterranei“.
Come spiega Mario Marcello Miglietta, ordinario di Fisica dell’atmosfera all’Università di Bari e associato di ricerca del CNR-ISAC (Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima), co-autore della ricerca, “i Medicane sono un particolare gruppo di cicloni mediterranei con caratteristiche simili ai cicloni tropicali e si sviluppano in seguito a forte instabilità baroclina, come i normali cicloni delle medie latitudini, o extratropicali, ma poi si intensificano a seguito della forte interazione tra aria e mare, come i cicloni tropicali. I risultati dello studio hanno mostrato un comportamento peculiare dei Medicane, che, se confermato su un più esteso dataset, potrebbe rappresentare uno strumento utile alla previsione dei Medicane con alcuni giorni di anticipo“.
Lo studio è stato sviluppato nell’ambito delle attività di un progetto di ricerca, finanziato all’interno del Pnrr, dal titolo ARCHIMEDE – MultidisciplinARy approaCH to better define vulnerability and hazard of MEDicanEs along the Ionian coasts of Sicily, di cui è responsabile Giovanni Scicchitano del Dipartimento di scienze della Terra e geoambientali dell’Università di Bari, che spiega: «Importante sarà verificare l’efficienza e la validità del thermal drop su un numero maggiore di eventi, soprattutto per quello che riguarda i cicloni Extra tropicali. Altro elemento importante di sviluppo sarà quello di coinvolgere un numero sempre maggiore di gruppi di ricerca che studiano i Medicane e i cicloni mediterranei in generale. Per far questo abbiamo già sviluppato una piattaforma Web Gis pubblica, sulla quale sono stati inseriti tutti i dati che abbiamo utilizzato finora nonché i dati recentemente pubblicati da altri gruppi di lavoro. L’intento è quello di sviluppare un sistema nel quale differenti gruppi di ricerca possano far confluire i loro dati e prelevarne altri che possano essere di loro interesse. Al contempo stiamo sviluppando un algoritmo di Intelligenza Artificiale capace, dall’analisi di parametri precursori quali il thermal drop e di dati fisiografici delle zone costiere, di definire in anticipo le aree che potrebbero essere maggiormente vulnerabili durante lo sviluppo di un Medicane».
Nella stesura del lavoro Alfio Marco Borzì e Andrea Cannata, del Dipartimento di scienze biologiche, geologiche e ambientali – Sezione di scienze della Terra dell’Università di Catania, hanno collaborato all’interpretazione dei risultati ricavati dalle diverse analisi condotte sui dati meteorologici e alla revisione del testo.
Lo studio è stato condotto da diversi ricercatori appartenenti all’Università di Bari (Giovanni Scardino, Gaetano Sabato, Alok Kushabaha e Giovanni Scicchitano) e al CNR-ISAC (Marcello Miglietta), all’Università di Catania (Alfio Marco Borzì, Andrea Cannata), all’Università di Genova (Giovanni Besio), all’Università di Venezia Ca’ Foscari (Elisa Casella, Alessio Rovere) e all’area marina protetta del Plemmirio (Gianfranco Mazza), che hanno mostrato come l’utilizzo dei dati satellitari inerenti le temperature superficiali del mare possono essere usate come precursore degli uragani mediterranei.