L’informatica quantistica non è più soltanto un’utopia per scienziati e ingegneri: è una realtà in attesa di essere esplorata. Mentre ci avviciniamo a questo ambito che un tempo apparteneva esclusivamente alla fantascienza, sorge spontanea una domanda: cosa ci riserva il futuro? Finalmente, i ricercatori hanno compiuto progressi significativi, creando un’interfaccia che consente a due macchine di connettersi e scambiare informazioni quantistiche archiviate, segnando così i primi passi tangibili verso una connessione “internet quantistica“. Un risultato reso ancor più significativo dal fatto che è stato ottenuto a una lunghezza d’onda compatibile con l’infrastruttura di fibra ottica attualmente utilizzata per le telecomunicazioni.
Come funziona la connessione internet quantistica?
Questo avanzamento ci avvicina a un mondo in cui le informazioni possono essere trasmesse con assoluta sicurezza e i calcoli complessi possono essere eseguiti alla velocità della luce. È questa la promessa delle tecnologie quantistiche, che sfruttano le peculiari proprietà della meccanica quantistica, come la sovrapposizione e l’entanglement. Tuttavia, per rendere questo potenziale una realtà, è necessario essere in grado di trasferire e archiviare informazioni quantistiche, generalmente trasportate da singole particelle di luce chiamate fotoni.
I punti quantici semiconduttori
Tra le più promettenti piattaforme per generare tali fotoni ci sono i punti quantici semiconduttori: minuscole isole di materiale capaci di emettere luce con proprietà quantistiche uniche. Essi sono come atomi artificiali e possono essere progettati per produrre fotoni su richiesta, rendendoli candidati ideali per la comunicazione quantistica. Tuttavia, per costruire una rete quantistica funzionale, è essenziale poter immagazzinare ed elaborare questi fotoni, e qui entrano in gioco le memorie quantistiche atomiche. Queste memorie utilizzano gruppi di atomi per assorbire e immagazzinare lo stato quantistico della luce, consentendone il recupero in un secondo momento. La sfida sta nel far sì che questi due sistemi interagiscano efficacemente.
La chiave per superare questa sfida sta nell’allineare le proprietà della luce emessa dal punto quantico con i requisiti della memoria atomica. Tuttavia, ciò non è un compito semplice, poiché i punti quantici tendono a emettere luce con un colore e un carattere leggermente differenti da quelli che gli atomi preferiscono assorbire.
Lo studio
Per superare questo ostacolo, i ricercatori, guidati dalla dottoressa Sarah Thomas dell’Imperial College di Londra e da Lukas Wagner dell’Università di Stoccarda, hanno impiegato una serie di tecniche all’avanguardia. Innanzitutto, hanno accuratamente progettato il punto quantico in modo che emettesse luce a una lunghezza d’onda di 1529,3 nm, rientrando così nella banda di telecomunicazione a bassa perdita, la stessa utilizzata dall’infrastruttura Internet. Questo è fondamentale per integrare le tecnologie quantistiche con le reti di comunicazione esistenti.
Successivamente, hanno modellato le proprietà della luce, utilizzando una serie di filtri e modulatori per adattare il suo profilo spettrale e temporale ai requisiti della memoria atomica. La memoria stessa si basa su un protocollo chiamato ORCA (Off-Resonant Cascaded Absorption), che impiega una nuvola di atomi di rubidio. Quando viene applicato un forte impulso di luce di controllo, questo cambia dinamicamente le proprietà di assorbimento degli atomi, consentendo loro di immagazzinare lo stato quantistico del fotone incidente.
Il team ha dimostrato di poter immagazzinare singoli fotoni dal punto quantico nella memoria del rubidio con un’efficienza del 12,9% e di recuperarli in un secondo momento a loro scelta. È importante notare che i fotoni recuperati hanno mantenuto il loro carattere quantistico, con un rapporto segnale/rumore di 18,2. Questo significa che la memoria può immagazzinare e rilasciare le fragili informazioni quantistiche trasportate dai fotoni senza subire un degrado significativo.
Questa ricerca, pubblicata sulla rivista Science Advances, rappresenta un passo significativo verso la realizzazione di reti quantistiche ibride, dove diversi sistemi quantistici sono interconnessi per svolgere compiti complessi. Interfacciando gli emettitori di fotoni a stato solido con le memorie atomiche, possiamo immaginare un futuro in cui le informazioni quantistiche vengono generate, trasmesse, archiviate ed elaborate attraverso una rete distribuita, proprio come avviene oggi con le informazioni classiche su Internet.
Le dichiarazioni degli esperti
“L’interfacciamento di due dispositivi chiave è un passo cruciale verso la creazione di reti quantistiche, e siamo entusiasti di essere il primo team ad aver dimostrato questa capacità“, afferma Thomas in un comunicato stampa.
Tuttavia, ci sono ancora sfide da affrontare. L’efficienza del processo di archiviazione e recupero deve essere migliorata, e il tempo di archiviazione della memoria deve essere esteso.
Nonostante queste sfide, il potenziale di profitto è enorme. Le reti quantistiche potrebbero consentire applicazioni come comunicazioni inviolabili, calcolo quantistico distribuito, rilevamento e metrologia avanzati e test fondamentali della meccanica quantistica su larga scala. Riunendo il meglio della fisica atomica e dello stato solido, questo lavoro apre le porte a una nuova era della connessione internet quantistica.
“I membri della comunità quantistica stanno cercando attivamente di realizzare questa connessione da tempo. Questo include noi, che abbiamo già tentato questo esperimento due volte con diversi dispositivi di memoria e punti quantici, risalendo a più di cinque anni fa, il che dimostra quanto sia difficile da realizzare“, afferma il coautore Dr. Patrick Ledingham dell’Università di Southampton. “La svolta questa volta è stata radunare esperti per sviluppare ed eseguire ogni parte dell’esperimento con attrezzature specializzate e lavorare insieme per sincronizzare i dispositivi“.