L’origine dei tumori non va cercata solo nella presenza di mutazioni nel DNA: talvolta per scatenare queste malattie possono bastare anche delle semplici alterazioni epigenetiche, ovvero delle modificazioni chimiche che cambiano l’espressione dei geni senza variare la sequenza dei nucleotidi, le ‘lettere’ che compongono il DNA. La scoperta, che potrebbe imprimere una svolta radicale nella ricerca sui tumori, è pubblicata sulla rivista Nature da un team internazionale coordinato dal biologo italiano Giacomo Cavalli, che lavora all’Istituto di genetica umana del Centro nazionale di ricerca scientifica (CNRS) francese presso l’Università di Montpellier.
In passato, diversi studi avevano già dimostrato che le alterazioni epigenetiche sono coinvolte nello sviluppo dei tumori, ma questa è la prima volta che si dimostra che le mutazioni genetiche non sono essenziali per l’insorgenza di queste malattie. Una scoperta che costringe a riconsiderare la teoria che per oltre trent’anni ha definito i tumori come patologie prevalentemente genetiche causate da mutazioni del DNA che si accumulano nel genoma col passare del tempo.
Il team di Cavalli ha messo in crisi questo paradigma conducendo uno studio sul moscerino della frutta (Drosophila melanogaster), uno dei modelli animali più utilizzati nei laboratori di genetica di tutto il mondo. I ricercatori hanno provato a rimuovere specifici fattori epigenetici (le cosiddette proteine del gruppo Polycomb) che risultano alterati in molto tumori umani. In questo modo hanno osservato un cambiamento nell’espressione di alcuni geni cruciali delle cellule. Dopo aver nuovamente inserito i fattori epigenetici per ripristinare le condizioni iniziali, si è scoperto che in realtà parte del genoma delle cellule rimane comunque disfunzionale. Il fenomeno induce una condizione tumorale che si autoalimenta e progredisce, anche una volta che è stato tolto l’innesco epigenetico.